Insignito quest’anno del Nettuno d’oro, riconoscimento riservato a colui che viene eletto artista bolognese dell’anno, Roberto Carboni cavalca l’onda di un successo, quello che sta ottenendo con il suo ennesimo romanzo (L’ammiratore, Fratelli Frilli editore) e con la pervicacia che lo contraddistingue.
Romanziere prolifico, scava con i suoi personaggi nella psiche umana, troppo spesso contorta, ma appartenente a tutti noi anche nelle sue distorsioni, ed è quello che, oltre al resto, probabilmente caratterizza il tipo di successo che stanno ottenendo da tempo.
1) Roberto, credi che le persone che avvicinano i tuoi personaggi siano solo affascinate da loro e dalle loro storie, o riconoscono anche una parte latente di se stessi?
Ogni essere umano è l’insieme di tutte le varietà umane (anche contraddittorie), solo in misura diversa. Siamo tutti generosi ed egoisti, fiduciosi e paranoidi, semplicioni e ossessivi. Siamo tutto. Certi aspetti saranno presenti in noi in ragione dell’uno per mille, altri aspetti saranno preponderanti. Ma in noi ci sono cassetti che non apriamo e che magari non sappiamo nemmeno di avere, che contengono aspetti umani che sono nostri, ma non possiamo neppure immaginare. Sono gli aspetti del nostro inconscio.
Ecco, scavare nella psiche porta a galla questi aspetti. Il lettore percepisce realtà nella storia, per questo si sente coinvolto. L’altro aspetto è quello del non giudizio. Non spiego mai al lettore quello che deve pensare, mi limito a enunciare i fatti. Così è lui stesso che diventa partecipe, attivo, e quindi coinvolto.
2) Conoscendo il tuo lato schivo mi chiedo: cosa vuol dire passare da diciassette anni di lavoro per le strade di Bologna come tassista alla ribalta del Nettuno d’oro?
Boh, sostanzialmente poco. Vivo nel mio mondo anche quando sono assieme agli altri. Sto sempre lì a osservare e filtrare. Alla fine il cinquanta per cento del lavoro dello scrittore è proprio quello di osservare e saper riportare la realtà. Ovviamente l’altro cinquanta per cento consiste nell’individuare parole giuste e concetti efficaci nello stendere la storia.
3) Scrivere vuol dire spesso, come hai appena spiegato, mettere esperienze viste o vissute su carta. Ti è mai tornata la voglia di andare a girare per le strade e i viali di Bologna, per tornare in contatto con una realtà che ti ha insegnato tanto?
Lo faccio quotidianamente. Poi grazie al cielo sono governato da una fantasia furibonda e mi basta davvero poco per volare (sogno spesso di essere capace di volare) e architettare storie.
C’è poi anche da dire che avendo fatto per 17 anni il tassista, spesso alle 5 del mattino, ho dentro di me un bagaglio di esperienze umane quasi inesauribile.
4) Come ti è venuta in mente la l’idea per “L’ammiratore”, e perché proprio la Via del Pratello?
Come vengono le idee non lo sa nessuno. I miei scritti sono il prodotto del mio passato, di ciò che sono in quel momento, di ciò che mi fa paura o che mi stimola. Ogni romanzo è un centrifugato anarchico di esperienze, sogni e paure. Ma naturalmente sempre con l’intenzione di far divertire il pubblico. Ogni mio scritto è rivolto al lettore. Io esisto come scrittore solo perché qualcuno poi leggerà le mie cose, sono al servizio del lettore.
Ho scelto via del Pratello per le contraddizioni e le sue mille sfaccettature. E’ una strada borghese ma anche punk. E’ una strada dai portici stretti che una volta era un campo di peri (il Peratello). Ci sono stabili apparentemente minuscoli che invece si sviluppano per il lungo, in profondità, e angoli bui. Il Pratello è talmente simbolico a Bologna, da diventare davvero luogo anche mentale. E’ sociale, ma sa fare anche molta paura. Appunto.
5) Secondo te, esiste l’ispirazione e, se sì, cos’è?
Se non ricordo male, ispirazione significa qualcosa tipo respiro divino. Dare anima con un soffio. Credo che abbia anche vicinanze con la parola entusiasmo, intesa quasi come atto maniacale.
In effetti in scrittura si parla di “febbre” quando senti che l’idea è matura e devi assolutamente metterla su carta.
L’ispirazione è sempre la stessa cosa detta sopra, la nostra capacità di osservare il mondo. Se mi intestardissi a voler architettare storie, la mia vita sarebbe complicata. Io osservo, metabolizzo e riporto la realtà, distorcendola il meno possibile. Quel minimo che la renderà stimolante al lettore. In questo modo non posso avere problemi con la pagina bianca. Anzi di solito ho troppe idee e non riesco a scriverle tutte.
6) Parlaci del tuo laboratorio di scrittura creativa: cosa si insegna principalmente alle nuove leve?
A essere loro stessi. A cercare spontaneamente la propria voce, il proprio modo di raccontare, a divergere dalle mie idee trovando le loro.
Io non racconto cosa è giusto e cosa è sbagliato, ma spiego come scrivo e come risolvo sul campo i miei problemi. Spiego perché prendo determinate decisioni. Starà poi a loro scegliere, capire, seguire o divergere a seconda del temperamento e delle intenzioni.
Naturalmente si parla di come costruire una frase, di come utilizzare le parole, costruire personaggi che non siano marionette, dialoghi reali e avvincenti, descrizioni che non siano liste della spesa. E poi vediamo come equalizzare il tutto: personaggi, dialoghi e descrizioni, in modo che la pagina scorra senza intoppi. Per questo la chiamo scrittura creativa dinamica.
7) I concorsi letterari: qualcuno dice che servono a poco, o che tanto sono tutti truccati, altri non potrebbero vivere senza. Qual è la tua opinione in merito e come si pone Roberto Carboni di fronte a questi eventi?
Ho smesso di giocare a scacchi perché le gare non mi appassionavano. Il giudizio che rispetto è quello dei lettori. Poi va da sé che se la mia casa editrice mi iscrive a un concorso partecipo volentieri. Ma l’unica cosa che conta è che quando licenzio un romanzo per la stampa, io ne sia soddisfatto. Devo sapere che sto dando ai lettori il meglio che potevo. Non tanto perché spenderanno soldi, ma soprattutto perché dedicheranno tempo alla lettura. Il tempo è il nostro bene più prezioso, io ho il dovere di far sognare il mio pubblico (che poi non è mio, io appartengo a loro).
8) Fai una promessa ai tuoi lettori.
Il meglio deve ancora venire.
9) Penitenza se non dovessi mantenerla?
Nessuna penitenza, non dico bugie. Il meglio deve ancora venire, lo so perché l’ho già scritto.
OoO
‘Roberto Carboni, classe 1968, autore bolognese, ha esordito nel 2009 con C’era l’Inferno in via de’ Giudei (Giraldi Editore). Seguito da Per i buoni sentimenti rivolgetevi altrove (2010), eNero Bolognese (2011) entrambi editi da Dalila Sottani Editrice. Quindi Alle spalle del Nettuno (Cicogna editore, 2012) eBologna destinazione notte. La fase Monk (Fratelli Frilli 2013). ‘Il dentista (2014, Fratelli Frilli editore) e quest’anno ‘L’ammiratore’ (sempre con Frilli), che lo consacra al Nettuno d’oro, riconoscimento di artista bolognese dell’anno.’
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