Teresa Siciliano tira il sasso nel tranquillo laghetto del lunedì. Il gruppo si sta svegliando dopo i bagordi (magari!) del fine-settimana.
Avete notato che, quando in un romanzo rosa la protagonista è molto intelligente, capace e determinata e ha pure successo, ci sono sempre delle lettrici (badate, lettrici e non lettori) che l’accusano di essere supponente, esagerata, poco credibile?
Piovono i commenti… alcuni sono telegrafici (è lunedì). In rosso ci sono i miei commenti extra.
Stefania Auci: Eeeeh (c.v.d.).
Maria Masella: Sì, l’ho notato. Infatti, scrivendo le “diminuiscono” un po’.
Yali Ou Amethista: XD.
Anna Castelli: Ahahah, vero! Azzardo il motivo? Perché non rispecchia la personalità del lettore che accusa (Anna spara a palle incatenate).
Viviana Giorgi: Vero, Teresa. E ti assicuro che non farla sembrare tale non è facile (è uno dei miei problemi, trovare un equilibrio in questo senso). Io credo che nella lettrice, quando la protagonista è molto testarda, si insedi un solo pensiero (molto prosaico, per altro): “Ma dai, dove lo trovi un altro così? Non fare la scema!”. Anche perché la lettrice conosce il protagonista meglio della protagonista (almeno nel caso di romanzi scritti in terza persona o in doppia prima persona, come va di moda ora).
Lidia Calvano: A me invece un’amica ha rimproverato che le mie (poche) protagoniste femminili sono troppo passive, poco intraprendenti, perché al massimo debbono operare una scelta difficile, ma è raro che prendano un’iniziativa dirompente per indirizzare il loro destino. Insomma, non rispondono al “viaggio del protagonista” che i lettori si aspettano. Ci ho pensato molto, questo modo di essere mi rispecchia come carattere, tuttavia credo che in un romance “Il viaggio evolutivo” più che dei personaggi debba essere della relazione affettiva, e mi piace focalizzarmi più su questa che sulle imprese individuali. Sbaglio di molto?
Viviana Giorgi: Credo che nessuno sbagli, Lidia.
Franca Lisca: Sì, le donne che denigrano altre donne… Io credo che l’odio verso qualcuno sia sempre legato alle nostre mancanze, tanto più verso qualcuno che ci somiglia, anche solo per genere. Svilire qualcuno ha una valenza difensiva della “sofferenza” di sapere di non possedere tali qualità. In una parola : invidia bella e buona (eccone un’altra che non le manda a dire).
Aliénor J. O’Hara: Io ho notato che spesso le protagoniste femminili sono… passatemi il termine… antiche. Un uomo deve curarle, proteggerle, iniziarle al sesso e condurle per mano. Raramente si trovano donne decise, sensuali, che sanno quello che vogliono e a cui l’uomo non deve insegnare proprio nulla, soprattutto riguardo a se stesse. Con la protagonista del mio libro, mi sono spesso sentita dire che la trovavano alquanto antipatica o insopportabile, perché era troppo “maschile”.
Babette Brown: De gustibus… A me la protagonista tosta e intelligente piace. Riesco a immedesimarmi (soprattutto se è anche una strafiga della malora, ovvio). Le cenerentole che aspettano il principe azzurro non mi attirano (l’ho anche scritto in una delle ultime recensioni).
Lara Bellotti: E pensare che sono le mie preferite! Certo in un contesto storico è difficile renderle credibili, perché la donna non aveva la libertà di poter esprimere la propria intelligenza.
Franca Lisca: A me, da lettrice, non dispiacciono le protagoniste “antiche”. Non dimentichiamo che nei romanzi storici non può che essere così. Sarebbe troppo anacronistico un carattere apertamente volitivo. Nei romanzi contemporanei mi fa piacere comunque, perché in fondo rispecchia un po’ i nostri desideri. Non mi piacciono quelle gnappettine che aspettano sedute… Mamma mia! Ma far credere di essere fragili e bisognose era un po’ il segreto delle nostre mamme (la mia era così). Mio padre è morto convinto di aver sempre guidato mia madre, che in realtà era un maresciallo di fureria con due attributi così, ma con una dolcezza e un’arrendevolezza ingannevole per i più (credo che TUTTE le mamme siano state così: apparentemente indifese).
Giovanna Barbieri: Sono d’accordo. A me le donne intelligenti e determinate piacciono e nei miei libri le inserisco sempre. Spesso nel periodo medievale erano escluse dalla società, additate come diverse, evitate, se non peggio.
Paola Picasso: Io credo che una scrittrice immagini delle protagoniste simili a lei. Per esperienza personale, io devo amare la mia eroina per farla risplendere. La Lei di turno dev’essere intraprendente, forte e capace, senza mai mascolinizzarsi. Se si tratta di una donna sottomessa, incapace e bisognosa d’aiuto, sarei tentata di farla finire male (attenti: omicidio in fieri?).
Lara Bellotti: In effetti quelle che nella storia hanno guidato gli uomini da dietro le quinte erano brave manipolatrici.
Babette Brown: Lara, il mio commento si riferiva principalmente al romance contemporaneo, anche se -lo confesso- certe eroine dei romance storici, belle e grintose, penso a Leontina dell’ultimo di Mariangela Camocardi, mi piacciono molto. A scapito di quelle più tradizionali (spezzo una lancia in favore delle ragazze terribili, del resto le suffragette sono da sempre le mie eroine).
Lara Bellotti: Sì, sì, nei contemporanei se sono troppo remissive non mi piacciono… le voglio toste… P.S. anche negli storici le apprezzo, chiudendo un occhio sul contesto.
Babette Brown: Paola Picasso è una donna pericolosa… attenti! Hai ragione, Paola.
Lara Bellotti: Paola Picasso potenziale assassina di protagoniste amorfe…
Mara Roberti: Le donne di successo non le perdona nessuno, soprattutto le altre donne.
Franca Lisca: Il successo in genere. Voi autrici me lo confermate. Tutto si perdona al prossimo, tranne il successo!
AnonimaStrega Gemma: Sì, questa cosa nell’urban fantasy/paranormal romance è ancora più marcata. Trovano le eroine proprio antipatiche. Difatti ho tirato un sospiro di sollievo, quando la mia è stata definita “tosta” e basta. Me lo sono spiegato con l’ironia. Probabilmente far vedere che le toste sono anche in grado di non prendersi troppo sul serio e di tirare battute qua e là le rende meno artefatte. Altro non saprei.
Teresa Siciliano: La cosa difficile per noi lettrici è distinguere le donne in gamba da quelle petulanti, capricciose o incoscienti. Per esempio, non sono estimatrice di Leontina, ma che qualcuno rimproveri a Francesca Mariani della Masella di essere troppo perfetta lo trovo insopportabile (Teresa e io non siamo d’accordo sul personaggio di Leontina, detta Leò. Io l’ho trovata irresistibile. Andate a dare un’occhiata alla recensione).
Alexandra Maio: Teresa, approfitto per aprire una parentesi. Leggendo diverse biografie di Lord Byron (1788-1824), ho notato che le donne di allora non erano remissive come spesso leggo nei commenti delle lettrici di romance storici, in cui si dice che le protagoniste devono esserlo. Questo fatto mi incuriosisce. Perché si pensa che le “eroine” toste della narrativa storica siano poco credibili? (Alexandra condivide il mio parere, vedo!).
Aliénor J. O’Hara: Quoto Alexandra. Alcune donne di potere del passato farebbero impallidire qualunque eroina super tosta della letteratura!
Lara Bellotti: Non erano loro stesse al potere… a parte forse la regina d’Inghilterra… manipolavano gli uomini che credevano di essere loro al potere, ma non si esponevano né avevano la libertà di farlo.
Aliénor J. =’Hara: Mi spiace Lara, ma nella storia ci sono state molte donne che esercitavano potere e non solo di nascosto. Regine e non. Purtroppo la storia è stata scritta da e per chi aveva e voleva il potere: gli uomini. Queste donne o erano viste negativamente, e così ci è stata trasmessa la loro immagine, o tragicamente. Ma queste donne sono esistite. Caterina di Prussia, Aliénor d’Aquitaine, Maria di Scozia, solo per dirne alcune. Saffo per dirne un’altra, che non era una regina, ma una poetessa che ancora oggi è una delle uniche (se non l’unica) testimonianza di arte al femminile del mondo classico (Si fa cultura nel gruppo, gente!).
Lara Bellotti: Sì, certo, anche le geishe erano donne colte e nei loro salotti si discutevano e si influenzavano idee politiche ed economiche… le testimonianze sono poche… ma anche perché una donna rischiava molto di più di un uomo… sono molte di più quelle che sono state uccise o internate nei manicomi di quelle che hanno potuto esporsi.
Maria Masella: Post interessante, ripenso alle mie protagoniste dei romance. Chi ho amato? Le toste! Nora, Donata, Giulia, Teresa e Francesca del racconto risorgimentale. Scusate la brevità, sono di bozze (essere di bozze vuol dire che l’editore ha mandato il libro da pubblicare per il placet dell’autore e che Maria Masella ci sta sudando sopra).
Susan Moretto: Millemila commenti, e io sono di fretta! Dovrò leggerli dopo… comunque, sì, l’ho notato spessissimo. Spesso sulla mia pelle, visto che le mie donne hanno degli attributi grandi così ;). D’altro canto, piacciono i romance con la protagonista senza spina dorsale in balia del suo uomo. De gustibus… ma anche no! Perché le donne devono essere il sesso debole, quando sono gli uomini che con 37,2° fanno testamento? (Senza parlare del fatto, cara Susan, che gli uomini dei tuoi romance devono stare attenti… non ti chiamiamo “assassina” per niente!).
Valeria Barbera: Sarò drastica, perché, anche se non sono un’eroina dei romance, queste “osservazioni” me le becco pure io dai tempi del liceo. Ci ho riflettuto un po’. Ritengo che quei commenti siano frutto della millenaria cultura maschilista, la quale si riflette e viene trasmessa proprio da questo tipo di donne, cresciute, nonostante le apparenze, mentalmente sottomesse. Secondo me, loro davvero credono alla favola della principessa salvata dal cavaliere.
Lara Bellotti: Può dipendere dalla fascia d’età? Magari le donne che hanno già un vissuto con gli uomini si rapportano in modo diverso rispetto a quelle che sognano ancora la storia d’amore?
Teresa Siciliano: Secondo me, Lara, non c’è niente di male a sognare una storia d’amore. Bisogna vedere di che genere. Poi ci sono coloro che ce l’hanno e altre meno fortunate, non per colpa loro.
Lara Bellotti: Non ho detto questo, Teresa, dico che l’approccio è diverso… tendenzialmente chi legge si immedesima e ciò che viviamo ci condiziona nel bene come nel male. il cavaliere dalla lucente armatura confesso di averlo sognato anch’io nella mia adolescenza, poi ho iniziato a inquadrare meglio la realtà e i sogni. Per dire, i romanzi che ho amato allora ora li leggo con occhi diversi… anche le protagoniste. Una su tutte: ho amato Shanna della Woodiwiss. A 16 anni. Ora rileggendola l’ho rivalutata… ostinata, altezzosa e irrazionale… questo intendevo… poi è vero che ci sono ragazzine più scafate di me! (Ragazzine più scafate di te? Una valanga, direi!).
Non ci resta che andare a leggere che cosa Linnea Nilsson ha scritto in proposito:
Trovo sempre di più una discordanza tra ciò che il lettore vorrebbe leggere e ciò che lo scrittore invece vuole scrivere, limitandosi a favore proprio del primo punto. Forse è per questo che sempre più persone scrivono? Uhm…
Solitamente nei miei romanzi c’è sempre la donna tormentata e l’uomo cattivo, poi il principe azzurro, ma io sono malata, quindi non faccio testo. Sinceramente a me sono piaciuti molti i libri della Liubicich proprio per il fatto che le sue protagoniste fossero così “cazzute” ma capisco le lettrici che vogliono sognare di non dover far nulla demandando tutto al principe azzurro… Ehhhh il femminismo…
Discussione interessante che, chissà come, mi ero persa. Purtroppo certe opinioni delle lettrici dimostrano che la nostra società è ancora prettamente maschilista. Secondo molte, la donna deve essere sottomessa all’uomo (sarà per questo che sta andando di moda il dark romance, dove il personaggio femminile è addirittura in schiavitù?) ed è vista con diffidenza, se non addirittura astio, se invece ha successo nella vita e sa imporsi. I motivi? Un po’ perché tante donne sono state educate in questo modo ed è difficile uscire dagli schemi che ti sono stati imposti fin dall’infanzia (tranne nel mio caso: mia madre ci ha provato a farmi credere che le donne devono essere sottomesse, ma non ha avuto fortuna in tal senso). E un po’, come ha detto già qualcuno, per pura e semplice invidia. Io non sono una che sa tirare fuori le palle? Allora detesto le donne che lo fanno e non riesco a immedesimarmi in una protagonista di questo genere, perché mi fa sentire in difetto. Semplice, no? Io esulo un po’ dagli schemi, invece. Sono sempre stata timida e introversa, ma proprio per questo nei romance amo le donne che riescono ad avere successo e che diventano padrone del loro destino: per me è come una rivalsa. Immedesimarmi in una protagonista di questo tipo mi aiuta a liberarmi delle mie paure e a sognare in grande. E poiché nei romanzi cerco evasione dalla realtà, dico sì alle donne che riescono a tirare fuori gli attributi, quando serve. Pur senza rinunciare alla propria femminilità.
STEFANIA AUCI: Incazzose a oltranza. Quelle che vogliono essere salvate meriterebbero di essere corcate di mazzate e basta.
Non significa essere virago, ma donne con la spina dorsale. Un esempio straordinario? Christine, la moglie di Wulfric Bedwin. Con i controattributi senza perdere un grammo di femminilità.
Per tutto il resto, c’é la lacrimevole storia struggente.
ELISABETTA BARBARA DE SANCTIS: Letto e sono d’accordo con molte delle opinioni riportate. Credo che le nostre eroine raccontino di noi molto più di quanto vorremmo… Quando in un romance trovo la solita Cenerentola mi innervosisco, quella favola ha rovinato generazioni intere. Le mie eroine possono avere dubbi, fragilità, ma devono essere toste e quando non lo sono arriva subito un altro personaggio a dare la scrollata. Per questo forse sono così affezionata a Martina, una bambina rapita, violentata dai suoi aguzzini quando è agli inizi dell’adolescenza. Lei non si piange addosso nonostante il trauma, ma trova la forza di fuggire e solo il coraggio l’aiuterà a superare il trauma.
SIMONA LIUBICICH: Le mie protagoniste sono sempre sopra le righe. È vero che la condizione della donna è sempre stata inferiore, ma saranno pur esistite delle eccezioni, vero? Ecco, queste sono le mie donne.
GIOVANNA BARBIERI: nell’ultimo libro che sto scrivendo la protagonista è giovane, adottata da romani e non particolarmente intraprendente. Fa tenerezza, ma quando verrà il suo momento saprà tirare fuori le unghie!
E come sempre, in Babette, ci sono argomenti interessanti! Personalmente, non riesco a scrivere di donne melense o “rimbombate”. E le sopporto poco quando leggo (vi lascio immaginare dal vivo?!).
Nonostante siano dei panzer su tacchi spillo, le mie protagoniste sono state apprezzate, ma, devo dire, che ho sempre cercato di amalgamare bene le certezze con le fragilità e sono tutte autoironiche, parecchio!
Dipende tutto dal mio modo di essere e da come sono cresciuta: con due fratelli che mi hanno insegnato a essere indipendente da qualsiasi uomo (tipo: “non sei monca, prendi l’ascia e spacca la legna.”), ma mi hanno anche fatto capire quanto un uomo abbia bisogno di una donna al suo fianco (“coccolaci con la tua torta di mele”).
Mi piace scrivere di donne “vere”, con tutte le mille risorse che il “gentil sesso” ha in sé. Non scriverò mai di Wonder Woman femministe o maschiliste; cercherò sempre di scrivere un amalgama di determinazione e dolcezza con la ciliegina sulla torta: il rispetto.
ALIÉNOR J. O’HARA: Lo ho notato ed è una cosa che non capisco. Non capisco come, da donna, si possa accettare la visione di una donna quasi “inferiore”.
Io ho descritto nel mio libro una donna di successo, e indipendente dagli uomini, anche con tutte le sue fragilità, e l’unica recensione che ho ottenuto ha scritto che questa protagonista era risultata odiosa e creava quasi imbarazzo perché era sessualmente disinibita ed era lei a sedurre invece che l’uomo. Questo pensiero mi ha turbata: davvero il seduttore è il ruolo maschile? Dobbiamo davvero relegarci a timide donne ritrose e virginali? Anche perché, non so voi, ma di maschi Alpha distributori universali di testosterone “che non devono chiedere mai” mi sembra che siamo piuttosto a corto di questi tempi!!
KEIKO HUCHICA: Io ho un mio prototipo di protagoniste preferite in assoluto: intelligenti, eccentriche, anche svampite per il mondo ma con un logica tutta loro, intraprendenti e assolutamente difficili da dominare. Chi le fa incarnare meglio? Amanda Quick
MADDALENA CAFARO: Toste, con le palle e un cervello funzionante.
ALESSIA SAVI: Ho scritto di donne deboli per anni. Quando ero una donna debole immagino e ancora una ragazzina. Crescendo hanno preso il sopravvento donne più mature, determinate, indipendenti. Che fanno spesso scelte scomode e sbagliate per determinarsi come individui restando fedeli a se stesse.
MONICA GABELLINI: Toste, sempre. Vuoi mettere il rapporto che si crea con una che non si fa problemi a mandare il suo lui a quel paese, piuttosto che abbassare la testa e dire “Sì, signore”? Si fa tutto molto più interessante, almeno per me.
EMILIANA DE VICO: Dolci e testarde. Bisbetiche e zuccherose. Indifese e con le palle. Mansuete e rompipalle. Un poco sante e un poco prostitute.
LAURA GAY: Troppo remissive e sottomesse non le sopporto. Se mai il giusto mezzo, un mix di dolcezza, ma anche di testardaggine e intelligenza. La protagonista femminile di un romance deve saper tirare fuori le unghie, quando serve. Essere femminile e sensuale, ma non sciocca e piagnucolona.
MARIA CRISTINA ROBB: Posso dire che dipende dalla storia? In genere preferisco le protagoniste che rispondono testa a testa al loro partner, ma a volte il carattere dell’uomo necessita di una donna remissiva e non per questo la storia non mi piace. Delle due apprezzo meno le protagoniste troppo mascoline, volgari, aggressive, violente ecc.
VERONICA PIGOZZO: Non so cosa è giusto o sbagliato ma so cosa mi piace. Non leggerei mai un romanzo in cui la donna non ha personalità o indipendenza ma allo stesso tempo non amo le protagoniste femminili che giocano a fare l’uomo per dimostrare di essere altrettanto “dure”. Quello per me è il primo sintomo di insicurezza. Sì le palle ma senza perdere l’altro lato.
Quando il personaggio femminile interagisce con quello maschile mi piace invece che si amalgamino i due caratteri. Complicità nonostante le differenze.
PAOLA GIANINETTO: Io credo che la protagonista di un romanzo debba innanzitutto essere vera. Molte di noi sono persone toste e combattive, sanno chi sono e quello che vogliono, e mai al mondo si farebbero mettere i piedi in testa da un uomo. Perchè è giusto così. Ma questo non significa che non esistano determinate sfere del rapporto uomo-donna nelle quali va bene che la femmina sia femmina e il maschio maschio… dopotutto parliamo di romance, giusto?
ADELE VIERI CASTELLANO: Possono rivestire entrambi i ruoli, ma l’importante secondo me è che siano credibili, sia quelle toste che quelle remissive. Se sono reali, vive, pur nei loro difetti o pregi, le lettrici le sentiranno vicine, in qualsiasi caso.
ESTELLE HUNT: Da lettrice, molto dipende dal contesto storico. In un contemporaneo non sopporto la vergine remissiva, in un medioevale trovo stonata la femminista. Poi sta nella bravura dell’autrice farci apprezzare le varie sfumature, soprattutto renderle coerenti con la storia.
Personalmente non condivido l’idea che nei romanzo storici le donne debbano essere necessariamente sottomesse per essere credibili. Le donne forti e in grado di farsi valere sono sempre esistite. La nostra Carolina Crivelli è un personaggio di fantasia. Ma Clara Maffei era vera e non si lasciava piegare da nessuno. Per dire. La protagonista sottomessa mi fa chiudere il libro, mi urta il sistema nervoso. In qualsiasi contesto. È il motivo per cui non sopporto Sfumature et similia.
AMNERIS DI CESARE: Le mie protagoniste sono tutte? Non lo so, sarà che io non risparmio loro nessun tipo di difetto, dalla bruttezza alle volte, all’incostanza, all’incongruenza, l’indecisione, l’immaturità… molte di loro son donne che subiscono l’amore piuttosto che combattere per esso, altre si son lasciate andare a un pessimismo cosmico. Altre ancora scappano da esso o si gettano nelle braccia dell’uomo sbagliato pur di non prendere il cosiddetto toro per le corna. Deboli? Passive? Non lo so, io cerco di descriverle il più reale possibile. La mia prossima eroina sarà una stronza colossale. Proprio quella che, in ogni telenovela o drama o romanzo è “la cattiva”, quella che mette i bastoni tra le ruote. Quella che odi dalla prima riga all’ultima… per dire.
Io ho molto in comune con Laura Gay, sono una persona timida e introversa e amo i personaggi femminili che non hanno nulla a che vedere con me. Mi sono sempre piaciute le protagoniste forti, decise e tutt’altro che remissive, detesto la moda attuale delle donne-schiave. Ho letto romance storici dove la protagonista era una donna di carattere pur essendo perfettamente calata nella propria epoca, e ne sono esistite di donne così. Nei mie libri ho rovesciato i ruoli uomo-donna, presentando mondi dove gli uomini vivono in condizione d’inferiorità, e non ho lesinato alle mie protagoniste aspetti caratteriali considerati “maschili” come la volgarità oppure gli istinti violenti. L’ho fatto semplicemente perché penso che certi comportamenti siano frutto di ruoli assegnati dalla società e dall’educazione individuale, non di veri istinti. E se le donne prediligono romanzi dove la protagonista è totalmente sottomessa all’uomo oppure rimproverano ai personaggi letterari un carattere troppo “forte”, secondo me è soltanto perché noi donne siamo più maschiliste degli uomini. Siamo state educate così. Quindi la strada da fare è ancora lunga.
Le protagoniste che creo sono in genere donne forti, capaci cioè di affrontare la vita con le proprie risorse, e proprio per questo poco disposte a essere subordinate agli uomini che amano. Ho vissuto le battaglie del femminismo, ne ho condiviso gli ideali e gli obiettivi ( la parità è ancora di là da venire, purtroppo ) e le mie eroine ambiscono avere il rispetto e la considerazione del proprio uomo, che deve saperle trattarle da loro pari. Certo, si deve tenere conto della realtà storica e sociale delle epoche passate, le quali sino alla fine dell’ottocento, direi anche dopo, pone in risalto la figura maschile a discapito di quella femminile. Tuttavia non potrei concepire in un mio romanzo una donna senza orgoglio e un minimo di consapevolezza della sua individualità. Le mie eroine deplorano dipendere da fidanzati e mariti, e finora direi che se la sono cavata bene nel tenere loro testa.