Mi sono data all’eroina.
No, non fraintendetemi, intendevo dire che proprio ieri ho finito di leggere un libro e c’era una protagonista di carattere. Come mi accade di solito, la mente ha iniziato a vagare e mi sono ricordata delle varie eroine che hanno punteggiato la mia esistenza. Biancaneve, Elettra (nei vari gusti e sapori) Beatrice, Anna Karenina, e così via.

Viene da pensare, magari anche sognarci sopra. Dio come sarebbe bello se la mia vita fosse quella di un’eroina, invece di starmene qui a somministrare antibiotici a canarini, e infilare braccia nel culo di una vacca con l’influenza. Perché poi è questa la mia vita, dovermi alzare ogni santo giorno che viene mandato in terra e fare le stesse cose. Dar da mangiare a un figlio che, lo so già, avrà un futuro precario, dovermi svegliare accanto a un tizio che faccio finta di conoscere da anni e, di tutta fretta, andare allo studio perché c’è sempre qualche cazzo di emergenza con un padrone che tratta un animale meglio che un umano, salvo poi dimenticarsi delle cose basilari. Bella poi, quest’idea del padrone. In una vita in cui non siamo padroni di nulla, non del tempo, del nostro lavoro, nemmeno di andare a pisciare quando ci pare e piace o dormircene tutto il santo giorno… di una cosa siamo padroni. Di un animale. Avessero un po’ più di intelletto e ci vedessero veramente per quello che siamo se ne scapperebbero a gambe levate. A volte, vedendo certi padroni, verrebbe veramente la voglia di aprire la porta sul retro e dire “va’, fuggi nei boschi.”
Come oggi per esempio. Questa coppia arriva tutta di fretta con un barboncino che sembra appena uscito dal salone di bellezza dei fratelli Bundi (se sono ancora vivi) o da un concorso cinofilo e si ritrova con un pezzo d’osso nella gola. Si scoprirà poi essere un avanzo di cibo, uno stinco di agnello. Sarebbe potuta crepare, la bestiola. Ma quando cazzo la capiscono che gli ossi ai cani non vanno dati. Si spezzano, diventano lame.
Poi ci sono le varie visite alle fattorie. Cavalli, agnellini da far nascere, la mucca che ha l’infezione. E finito il giro si ritorna a casa a preparare la cena e farsi stordire dalla televisione. Questa sera almeno danno “Il Diavolo veste Prada” e se non c’è la partita di coppa magari riesco pure a dargli una sbirciata. Mi sono sempre chiesta chi è l’eroina in quel caso: la buona Andrea Sachs, che si fa in quattro per una carriera a scapito di amori e amicizie o la Miranda Priestly che si fa in quattro per una carriera a scapito di amori e amicizie?
Si lo so, ho ripetuto il concetto. E’ la scelta finale che fa la differenza e si intravede poi che, scegliendo l’amore, poi tutto si risolve. Si salvano gli affetti, si riesce comunque a fare una vita piena, insomma andrà tutto bene.
Nella realtà non succede. Succede invece che si passa una vita a mandare fuori curriculum, ci si deve umiliare per uno straccio di lavoro che paghi quasi abbastanza per tirare avanti e litigare puntualmente a fine mese quando i soldi sono finiti. Scusate, ma la realtà è una vita di merda, fatta di sgobbo, piatti da lavare, pappette per bambini che gridano come pazzi, scoregge, tubi del dentifricio chiusi malamente. Magari la vera eroina è la Miranda; farà una vita del cavolo pure lei, ma almeno da qualche parte è arrivata.
E allora quali sono le caratteristiche di una vera eroina?
Non saprei, forse quella di farci credere che c’è sempre la possibilità di una vita migliore, che a scegliere il giusto alla fine si vince sempre, arriverà l’amore e tutto andrà a posto come per magia. Che un romanzo serva a farci sognare passi, ma che ci dipinga una realtà che non ha né capo né coda, che è pura fantasia questo proprio non lo tollero. Ci vorrebbe un bel disclaimer all’inizio che non solo avverta che la storia è pura finzione ma che anche ci metta in guardia dai pericoli del leggerla. Certe storie d’amore mi ricordano i vecchi flipper. Ma i flipper, come certi romanzi, insegnano a perdere. Si potrà fare pure il record e divertirsi un intero pomeriggio, ma alla fine si perde. E se una storia non ha il senso della realtà, beh, anche quella insegna a perdere. Nella vita di tutti i giorni.
Non siamo altro che drogati, e ogni giorno abbiamo bisogno della nostra dose, perché è uno dei pochi piaceri che ci è rimasto. In una giornata di rimproveri dal capo, di un lavoro che non sopportiamo più, di una vita spesa a cercare di toglierci dalla melma, l’unico rimedio è quello di consegnarci all’eroina.
E imbambolarci.