Milano, dicembre 1973. Libero Russo, scalcagnato investigatore, viene contattato da uno sconosciuto nella sua bicocca al quartiere Isola, dove vive in compagnia di un gatto e delle canzoni di Fred Buscaglione. Deve rintracciare Sandra Poggi, una ragazza della Milano bene di cui si sono perse le tracce. Un caso all’apparenza semplice, visto che la giovane è in contrasto con la famiglia. Libero, alle prese con i propri tormenti interiori e con la nostalgia per la sua terra, la Sicilia, intuisce che potrebbe non trattarsi semplicemente di una fuga da casa. In un vorticoso giro di giostra tra Milano, Venezia e Bologna, l’investigatore entra in contatto con neofascisti, strizzacervelli, prostitute, doppiogiochisti, movimentisti, poliziotti corrotti, per cercare di arrivare a Sandra, che sembra volatilizzarsi ogni volta che l’afferra, in un gioco di specchi in cui non si sa più chi è l’inseguito e chi l’inseguitore…
Titolo: Che fine ha fatto Sandra Poggi?
Autore: Davide Pappalardo.
Genere: Giallo.
Editore: Pendragon.
Prezzo: euro 12,75 (copertina flessibile).
Il romanzo di Davide Pappalardo è stato una piacevole scoperta. Mi è piaciuto per diversi motivi che vi spiegherò dopo un breve accenno alla trama.
Siamo nel 1973 e Libero Russo, ex poliziotto ed investigatore privato con pochi clienti e pochissimo denaro, viene contattato da un certo dottor Volpe, un tipo della Milano bene, che ha perduto le tracce della fidanzata, Sandra Poggi. L’uomo si è rivolto a lui perché teme che la ragazza sia finita in un brutto giro, si droghi e si prostituisca, e quindi non vuole che la voce si sparga. È questo il motivo per cui il nostro sgangherato investigatore si troverà coinvolto in una pericolosa vicenda, che lo porterà a indagare tra Milano, Venezia e Bologna, invischiato in una storia che assume sempre più i contorni del noir.
“Che fine ha fatto Sandra Poggi?” non è un giallo classico, perché Libero non riuscirà a svelare in maniera completa tutti i misteri che la storia gli pone. E d’altra parte, come potrebbe? Siamo negli anni di piombo, gli anni dei neo fascisti e delle brigate rosse, gli anni dei delitti politici e delle stragi di stato che troppo spesso i depistaggi dei servizi segreti, corrotti e deviati, hanno lasciato impuniti e senza un vero colpevole.
Il primo merito del romanzo è quello di riportarci a quegli anni mitici, ancora troppo vicini ai nostri giorni perché la Storia (quella con la S maiuscola) possa darne un giudizio obiettivo. Certo, forse avrei preferito se l’autore avesse dato un taglio meno leggero e ironico alla vicenda, ma Libero Russo è un’anima in pena, che si aggira per le calli di Venezia e i vicoli di Bologna rendendosi conto solo alla fine di essersi cacciato in una storia molto più grande di lui.
Mi è piaciuta molto, poi, la figura dell’investigatore alla Marlowe, alle prese con i suoi demoni privati e la mancanza cronica di denaro, sempre mosso, però, da un’integrità morale e da un’onestà di fondo. Il fatto poi, che all’inizio degli anni ’70 Libero sia già un animalista convinto, ha giocato pesantemente a suo favore. Come non intenerirsi per la poiana morta perché privata della libertà, o per il gatto Fritz che aspetta paziente il padrone, o per il cane orbo che segue il nuovo amico ovunque egli vada?
Infine, Davide Pappalardo è uno di quelli che possiedono il “dono”. Ha una splendida scrittura, facile e ironica, che scorre via leggera come l’acqua di un ruscello.
In conclusione, un libro che mi è piaciuto, opera di un autore la cui scrittura mi è piaciuta ancora di più del romanzo. Ne ho controllato la bibliografia su Amazon e credo che leggerò ancora qualcosa di suo.
Consigliato a tutti gli amanti del noir, ma anche a chi cerca un romanzo per appassionarsi, sorridendo, sotto l’ombrellone.
Quattro stelline.
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