Riprendo l’introduzione del mio libro Il sole nascosto – Ogni bambino una storia, Casa Editrice Piavani, per affrontare una tematica delicata, il dolore nell’età dello sviluppo.
“Mi guardo attorno e immagino seduti accanto a me i bambini che ho conosciuto negli anni e in un attimo ne rivedo i visi, ne percepisco gioie e dolori, ne sento le voci, ripenso alle risate e alle fatiche vissute insieme.
Ogni bambina e ogni bambino hanno una storia, ripercorro le sensazioni che mi hanno regalato e lasciato nel tempo. Non riesco a discostarmi dai loro mondi, ne ho percepito profondità e abissi, constatando quanto siano figli dei nostri errori, degli sbagli di noi adulti, di modelli positivi e negativi. Accanto a loro genitori a volte fragili, insicuri, aggressivi, disorientati, infantili, ma a modo loro volti verso i figli, nel bene e nel male. Io stessa sono madre e mi è successo di sbagliare come è capitato a tutti. Desidero qui porre in evidenza i vissuti di ogni bimbo caratterizzandone le peculiarità”.
PEDAGOGIA DEL DOLORE
Ho coniato l’espressione Pedagogia del dolore per evidenziare i dispiaceri vissuti dai bambini e come gli insegnanti e i pedagogisti possano mettersi a loro disposizione con attenzione costante ed empatia.
Il dolore è parte integrante della nostra esistenza, fin da bambini può succedere di doverlo sperimentare. Il dolore può essere dovuto alla perdita di una persona cara o all’allontanamento di qualcuno, è una sofferenza dell’anima con cui a volte si convive, mentre in altre situazioni può manifestarsi in modo forte, divenendo quasi insopportabile. Un dispiacere può essere lieve, provocato ad esempio da una scaramuccia fra amici durante un’attività giocosa, oppure può assumere le caratteristiche del dolore profondo, dovuto a un evento traumatico capace di causare ferite importanti.
La maggior parte degli studi si è sempre concentrata sul dolore conclamato che un adulto manifesta con patologie psicologiche e psichiatriche, evidenziate da disfunzionalità di diverso grado che concorrono a peggiorare la sua qualità di vita. Penso sia ora doveroso occuparci di come i bambini si rapportino alla sofferenza psicologica, quale tipo di ricaduta essa abbia sulla loro vita futura.
L’obiettivo da porci è quello di riuscire a mettere ogni bambino nella condizione di poter condurre una vita sana sotto tutti i punti di vista, affinchè possa realizzare le sue aspettative sociali e affettive e possa veder esauditi i suoi sogni o almeno una parte di essi.
Soffrire è una peculiarità dell’essere umano a cui nessuna terapia, nemmeno la più innovativa potrà mai porre rimedio completamente, ma soffrire il meno possibile e con aiuto, è un diritto di tutti, dei bambini in particolare. Forse con nuove conoscenze nel campo della psicologia, stiamo provando a piccoli passi, a rendere meno dolorosa la vita di chi è attraversato dall’afflizione.
LA SOFFERENZA CAUSATA DALL’ANSIA
I bambini come gli adulti possono soffrire del disturbo dell’ansia che si manifesta attraverso pensieri particolari, per esempio inerenti la paura che succedano fatti spiacevoli ai propri famigliari o relativi al timore di non riuscire in un determinato compito. I bimbi possono esprimere la loro ansia attraverso emozioni negative, ma anche accusando sintomi somatici quali mal di testa, vomito, dolori addominali e agli arti, disturbi del sonno e dell’alimentazione. Inoltre, si possono registrare scarsa concentrazione, distrazione, negligenza e indolenza. Vivere in una dimensione ansiosa provoca dunque un disagio globale nella vita del bambino, sia nella sfera affettiva che sociale, che del rendimento scolastico.
Il bambino afflitto avverte sempre una specie di peso da portare sulle spalle legato a un sentimento di preoccupazione. Compito degli insegnanti è di individuare questi casi, di operare un’osservazione sistematica dell’evolversi del disturbo, confrontarsi con i genitori dell’alunno, aprire un dialogo costruttivo al riguardo ed eventualmente consigliare un percorso psicologico.
IL DISAGIO NELL’ETA’ DELL SVILUPPO
I bambini assorbono modelli comportamentali non solo genitoriali, ma anche sociali, quindi ciò che accade intorno a loro va a incidere sulla psiche in modo piuttosto marcato, determinandone atteggiamenti, pensieri, desideri, ma anche disagi, con ripercussioni quindi sulla sfera emozionale. Per questi motivi dobbiamo prestare la massima attenzione anche ai minimi segnali di malessere espressi dai bimbi. Il legame fra corpo e anima è profondo: questi si influenzano a vicenda. Qualsiasi episodio vissuto o agito provoca sentimenti di diversa natura, positivi o negativi, degni di nota. L’esposizione a situazioni violente e problematiche causa reazioni sia sul piano fisico che mentale, perciò l’insegnante ha anche il compito di decodificare la soglia di disagio sviluppata dall’alunno per potergli essere di ausilio; in casi gravi vanno interessati gli assistenti sociali. I sintomi a cui dobbiamo rivolgere la nostra attenzione sono i disturbi alimentari: se osserviamo che il bimbo rifiuta merende o pasti, o al contrario vuole abbondarne, qualcosa non va. Altri elementi importanti sono i mal di testa e di pancia che a volte gli alunni lamentano. Spesso sottendono ad ansia, stress ed emozioni negative. Altro nodo cruciale è rappresentato dai disturbi di comportamento messi in atto in classe durante le lezioni: la disattenzione, l’insicurezza, la sonnolenza manifestata attraverso stanchezza eccessiva o, al contrario, l’iperattività. Massima attenzione va riservata a regressioni, enuresi, aggressività, timori eccessivi. Tutto ciò a volte può sfociare in difficoltà di apprendimento, non di tipo cognitivo, ma emotivo, che vanno indagate a fondo con l’eventuale ausilio di esperti. Noi docenti dobbiamo porre la massima attenzione alle domande non esplicite di aiuto che ci rivolgono i bambini: le loro rappresentazioni grafiche, le drammatizzazioni, le attività ludiche e musicali, possono favorire l’estrinsecarsi di dolore, della sofferenza e del disagio sommersi.
Ecco la prefazione al mio libro scritta dalla giornalista Gilda Ricci.
Un libro, un diario, un percorso, un viaggio negli occhi e nei cuori di bambini diversi ma simili nel vissuto del dolore e della sofferenza interiore.
Chiara Vergani attenta e sensibile pedagogista, insegnante, mamma, direi donna, apre il suo cuore a questi bambini, alle loro fragilità che sono anche le nostre, quelle di tutti noi umani per poter restare tali, capaci di ascoltare l’anima e non solo la voce.
Occorre saper leggere gli sguardi e non solo gli occhi, saper vivere empaticamente l’altro nel quale ci specchiamo per capire, comprendere, a volte sbagliare, altre riuscire a condividere gioie e dolori del nostro e del loro essere bambino.
“Soffrire è una peculiarità dell’essere umano – scrive Chiara Vergani- a cui nessuna terapia, nemmeno la più innovativa potrà porre rimedio completamente, ma soffrire il meno possibile e con aiuto, è un diritto di tutti, dei bambini in particolare”
Il dialogo sia tra aduli, che tra genitori, insegnanti, terapeuti che tra e con i bambini è fondamentale per affrontare e superare paure e dolore, quelle che l’autrice definisce “ferite dell’anima”.
Quindici storie di quindici bambini protagonisti di una pedagogia di comunità. Sì, proprio così, di una vera comunità, che si stringe intorno ai bambini, li ascolta, li osserva, li aspetta per stabilire con loro una relazione positiva e non solo per “impartire lezioni”, ma per insegnare a conoscere per conoscersi.
Questo meraviglioso viaggio nel dolore dell’altro ci immerge delicatamente nella storia di ognuno dei questi bambini, tra i quali c’è chi è cresciuto troppo in fretta, anticipando le proprie tappe evolutive e chi è rimasto fermo a stadi di sviluppo inferiori ma necessari per andare oltre, a volta per scelta, nel blocco della risalita e questo non solo per condizioni psico-fisiche ma spesso sociali, culturali, ambientali. Non esistono bambini “difficili” ma bambini soli, incapaci di esprimere il dolore, le sofferenze, il disagio esistenziale.
Compito di noi adulti è saper accompagnare ogni bambino in un percorso realmente resiliente e cosciente.
La dolcezza, il rispetto, con il quale l’autrice di un “Sole nascosto” tra le storie qui narrate, sorge e risorge grazie alla luce di chi sa illuminare l’altro, dando voce ai vissuti infantili, confermando la possibilità di superare sofferenze e difficoltà immense, annegate nella profondità di occhi troppo vispi o troppo tristi, per non spegnere mai in essi la speranza.
Un vero manuale di psicopedagogia questo di Chiara Vergani, condensato nelle quindici storie che ora su queste pagine hanno voce e anima, a cui la scrittrice ha saputo in modo magistrale offrire la vera rinascita per nuove e serene adolescenze, vite mature e consapevoli di chi sarà a lei grata per sempre.
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