Strategie Marketing 1-0-1
Se l’occasione fa l’uomo ladro, allora è anche vero che scrivere un libro fa la donna Marketing Manager.
Con la pubblicità le ho provate tutte, ma dico tutte!
Allora, che dire? Ho scritto un libro, ci ho messo mesi e ora è giunto il momento di farlo conoscere al mondo. Il primo pensiero è andato alla pagina Facebook, ovviamente. Eccheccavolo, se la Coca Cola, la J.K. Rowling e anche Renzi hanno la pagina, perché non io?
E allora mi sono messa al lavoro, con impegno, mica una cosa ballerina messa su in quattro e quattr’otto. Il primo passo è stato ovviamente quello di creare contenuti. Immagini evocative, scelte a una a una, con commento. Da spremersi le meningi, ma ehi, sono un’autrice, posso mica copiare le frasi dei personaggi celebri. Una o due magari ci stanno, ma poi il resto deve essere farina del mio sacco. Poi ho aggiunto qualche storia breve (ah, cosa non si fa per invogliare il pubblico) e qualche recensione di alcuni libri che mi sono piaciuti o che mi hanno emozionato. Che lo capiscano che sono un’autrice che legge e scava, non un’improvvisata come quelle là.
Fatti una decina di post ho iniziato ad affliggere amici e conoscenti, a invitarli a mettere il famoso like sulla pagina. A quel punto mi sono accorta che di amici veri non ne avevo, almeno a dar retta al contatore di Facebook. “Forse devi aumentare i contenuti” mi sono detta. E così ho fatto.
Niente.
Allora ho pensato a una strategia inversa: pochi post e ben mirati, i miei pensieri li centellino così sembrano più profondi.
Zip! Nada!
Disperata, mi sono affidata a quei gruppi dove si mettono i like a vicenda, ma dopo poco mi sono resa conto che era uno sforzo inutile: insomma i like aumentavano, ma erano di persone a cui non fregava una beata mazza del mio libro.
Qualcosa non quadrava. C’è questa stupenda novella e nessuno la vuole leggere? Com’è possibile? Per forza l’editoria va a rotoli, vivo in un paese di bestie ignoranti che non usano un libro neanche per avvolgerci il pesce! E allora ho cambiato strategia: interagire col pubblico è la cosa migliore, che lo vedano direttamente che personcina sei, mi sono detta.
Il vuoto.
Una mattina di maggio ho avuto l’illuminazione: i gruppi! Di quelli Facebook è pieno e allora mi sono iscritta a un centinaio di essi: letteratura, leggiamoci, l’antro dello scrittore, i lettori incontrano gli autori e così via. Questo mi ha aperto un mondo nuovo, migliaia di persone con cui interagire: avrei potuto perfino spammare. Non tanto, un post a settimana per ogni gruppo avrebbe messo sotto gli occhi di milioni di persone la mia opera. Qualcosina si è mosso, ma non tanto: è arrivata qualche recensione, ma la lineetta delle vendite rimaneva penosamente bassa. In realtà questi gruppi sono popolati da scrittori e scrittrici come me: nessuno parla, tutti spammano e nessuno legge.
Poi ho scoperto l’algoritmo.
Sì, l’algoritmo di Facebook, quello che dà visibilità ai post sulla timeline. Analizzando il pubblico raggiunto e i miei post qualcosa non quadrava: 600 like sulla pagina, persone raggiunte: 10. Hmmm, c’era sempre la possibilità che i miei contenuti fossero schifezze, ma guardando quello che mi ritrovavo sulla timeline, insomma, ero un po’ più intelligente della media. Google mi fornisce la risposta dopo ore di ricerca: Facebook dà visibilità se paghi, altrimenti puoi stare fresca. A quanto pare tutte quelle balle che è un social network sono proprio balle. Se vuoi interagire, paghi. La prostituzione online mi mancava.
A quel punto, demoralizzata, mi sono detta: ma che andassero tutti in mona, e ho chiuso l’attività.
La Marketing Manager che è in me, comunque, non ha desistito: devi analizzare il mercato, mi diceva la vocina, a chi vuoi che interessi una storia sul disturbo bipolare?
Dopo settimane di abbandono, all’improvviso vedo il trailer delle quaranta sfumature di grigio ed ecco che la vocina del Marketing si fa sentire: Target audience, mercato di nicchia, Advertising to Sales ratio, click stream, e a quel punto mi è venuta l’illuminazione.
Passo all’erotico sotto altro nome.
Scrivo il primo, che viene ammazzato senza mezzi termini. Una stellina!
A quel punto ero quasi pronta per abbandonare la scrittura, però, insomma, questo genere erotico non è male. A scrivere il primo, durante certe scene mi sono pure bagnata. Ricerco la letteratura erotica contemporanea (non i classici o famosi, quelli come me) e tutto sommato scrivono le stesse porcherie, forse c’è modo di migliorare.
Scrivo il secondo libro per diletto personale e mi accorgo, un giorno che il primo libro, la ciofeca ammazzata dalla stellina, vende comunque più del libro impegnativo. Hmmm, com’è questa storia, dovrebbe essere il contrario. Vado a rileggere la recensione e no, lo dicono senza mezzi termini che devo cambiare mestiere.
Continuo a scrivere il libro, chissenefrega, mi dico! Il secondo inizia a vendere, e strada facendo ne scrivo altri. Mi sembrano meglio del primo, non so, ma li pubblico comunque.
Arrivata a quota cinque, la vocina del Marketing si fa viva di nuovo: devi farti conoscere. E allora creo una nuova pagina: questa volta lascio carta bianca alla marketing manager: fai quello che ti pare che io continuo a scrivere.
La Manager crea una bella pagina porca (il sesso tira) con immagini piccanti e poco contenuto. Invece di spammare i gruppi degli autori, il genio decide di iscriversi a quanti più gruppi erotici trova su Facebook. Motivazione tecnica: gli appartenenti ai gruppi erotici sono interessati all’erotismo (o al porno zozzo) mentre i gruppi di lettura sono popolati da scrittori/trici che non comprano.
La campagna Marketing ha un successo strepitoso, Linnea finisce nella classifica dell’erotico e ci rimane per settimane, mesi! E’ nata una stella!
La nuova pagina Facebook zozza va male come quell’altra (mille like, engagement 50 persone al massimo) ma la Marketing Manager dice di non preoccuparsi, quei cinquanta followers sono di qualità! Anzi ora spinge per creare l’account twitter.
Boh, ma twitter lo usa anche Jessie J e tutti gli altri artisti famosi, perché no? Account creato con nome da favola (Linnea_erotica) e i followers arrivano in massa, neanche avessi aperto una nuova sede di Scientology. In due settimane sono a millesettecento followers. A quanto pare sono i più cretini, mi dice la Marketing Manager: “Ne segui una ventina al giorno e vedi che subito ti seguono a loro volta. E poi con 140 caratteri alla volta non ti devi nemmeno sbatterti”.
Ci proviamo e ‘sto twitter è impegnativo, vale a dire ogni volta devi dire quando vai a fare la spesa e buttar giù una frase erotica in 140 caratteri non è mica facile. Passo i tremila followers ma non sono nulla. Cazzo, c’è gente sconosciuta che ne ha ventimila, ma ti rendi conto? È uno stadio pieno di gente, tutti lì ad adorarti e a seguirti. Qui bisogna automatizzare, dice la Marketing Manager, c’è questo tool, Hootsuite, dove prepari i tweet per la settimana e li spari fuori in automatico, ti basta solo interagire un po’.
A me sembra che questa volta la Marketing Manager abbia trovato il Santo Graal, strano ma vero. Poi parlando con l’unico follower che mi dà retta e risponde, questo mi dice “Ma sei piena di fakebot”.
“Cosa sono i fakebot?”
“Sono persone fittizie, profili ad arte, tutti automatici che twittano frasi a caso e ritwittano.”
“E a che cavolo servono?”
“Pubblicità’. Sembrano umani (e ci credo, a 140 caratteri alla volta ci vuole poco) e poi ritwittano la pubblicità alle migliaia di followers.”
“Vuoi dire che ho passato settimane a parlare a un computer?”
“Certo! Ecco un link per rimuoverli!”
Rimossi i fakebot ecco che ritorno a un più ragionevole 500 followers.
Ci penso un po’ sopra a ‘sta storia della pagina e di twitter, guardo i numeri e scopro che la Marketing Manager ha gonfiato un po’ il successo: in classifica ci finisci anche se un giorno più fortunato degli altri vendi tre libri.
Secondo me mi prende per il culo!
Io ormai ho deciso, il tempo lo spendo a scrivere, la Marketing Manager faccia un po’ quello che le pare.
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