A proposito di dentisti (il gioco di qualche post fa) non ero intrappolata in ascensore, ma sulla sedia delle torture. Dopo, mi sono fidanzata con Alejandro Jodorowsky (lui ancora non lo sa).
Questi i fatti: secondo intervento in bocca, se possibile ancora peggio del primo, perché il nervo da devitalizzare era bastardo e tosto e s’è difeso bene prima di morire definitivamente, sferzando fendenti che hanno oltrepassato pure la barriera di circa otto punture di anestetico (o sei? dieci? o dodici? Perché contarle poi?) e sono arrivati dritti dritti ai neuroni del cervello.
Stare a bocca aperta per quasi due ore, con quel piccolissimo campo di battaglia così “intimo”, isolato e bloccato da un lenzuolino verde (avete presente Hannibal the Cannibal e quel marchingegno che ha in bocca?), oltre ad essere snervante è anche parecchio imbarazzante. Mamma me lo diceva sempre “Chiudi quella bocca, che non è bello stare con la bocca aperta, non è educato!” E meno male che oggi m’è toccato, dei due, il dentista chirurgo più tenero, quello che se hai le lacrime agli occhi, i capelli dritti e inizi a battere i piedi, si muove a pietà, molla gli attrezzi e magari ti concede pure un’altra sapiente puntura d’anestetico e una rassicurazione gentile (che poi sai benissimo che non è vero niente che “manca poco e abbiamo quasi finito”, perché è su quel “quasi” che si apre il dubbio amletico: “Che vor dì quasi? Che percezione del tempo avrà questo qui? Me sta a pijà per…. o avrà “quasi” finito sul serio?”).
All’avvitamento pernetto in fibra di vetro (e se si incrina/frantuma/scheggia?) e posizionamento capsula, avevo le labbra di Alba Parietti all’ennesimo botulino e la faccia di Nino Benvenuti al ventisettesimo round. Lati positivi: uhmmmm… dura stavolta! Diciamo che, beh… tornata a casa e svenuta sul divano, con le gatte sulla pancia, Pepita sui piedi, acqua e frullatone Herbalife nel raggio di un’allungata di braccio, Alejandro Jodorowsky mi ha preso per mano e mi ha trascinata ne “La danza della realtà”. E chi lo conosce sa bene che l’immersione nella giostra di pensieri, personaggi, avventure, concetti astratti e non, storie a matrioska, è così totalitaria e richiede così tanta concentrazione che… pouf… già verso pagina 5 avevo dimenticato il dentista, più o meno a pagina 29 mi chiedevo senza troppa curiosità perché mai mi facesse male tutta la gengiva di destra e a pagina 58 avevo ormai scordato il mio inizio di giornata.
Ho deciso che con l’anno nuovo vado a Parigi e, con la scusa di un’intervista, voglio fare due chiacchiere con il Genio. Morale: non tutti i mali vengono per nuocere. Qualcuno ti avvicina pure alla magia.
La vostra Manuela Minelli https://www.facebook.com/manuela.minelli.18?fref=ts
OoO
Manuela Minelli, scrittrice e giornalista, ha collaborato con i principali quotidiani e periodici italiani, ha pubblicato più di mille, tra articoli, inchieste e réportages, quattro libri e ideato e realizzato varie rassegne letterarie. Ha lavorato con uffici stampa internazionali e condotto trasmissioni di carattere culturale per una tv web.
Ha scritto dodici commedie musicali, pubblicato quattro libri, vinto diversi concorsi letterari e dal racconto “Gala” tratto dal suo ultimo libro “Femmine che mai vorreste come amiche” è nato lo spettacolo teatrale sull’anoressia “La tentazione di essere vento”, recentemente messo in scena dalla Compagnia MasKere a Monza e a Milano.
Inaspettatamente, le è arrivata una sceneggiatura per un film tratto dall’ultimo suo libro “Femmine che mai vorreste come amiche”.
Si diverte ad organizzare eventi cultural-letterari con finali enogastronomici, in cui le protagoniste sono quasi sempre donne.
Conduce presentazioni di libri, ma solo ed esclusivamente se lo scrittore le sta simpatico e il libro le è piaciuto.
Attualmente collabora con un’agenzia stampa ed un quotidiano on line.
Animalista convinta, oggi è la responsabile dell’ufficio diritti animali di un comune vicino Roma.
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