Brenda Joyce – Il Signore dei Mari

Dopo cinque anni trascorsi senza ricevere notizie dal padre, la bellissima Katherine FitzGerald riesce a lasciare il convento francese dove è stata educata e a salpare per l’amata Irlanda. Ma la nave su cui viaggia viene abbordata dai pirati, e Katherine viene fatta prigioniera da Liam O’Neill, il famigerato Signore dei Mari. Costretta a seguire l’attraente e arrogante carceriere fino alla sontuosa corte di Elisabetta I, la fanciulla si ritrova imbrigliata in una rete di segreti e congiure, che fanno di lei l’importante pedina di un gioco molto pericoloso. Un gioco che Liam è deciso a portare a termine, e a vincere, anche se questo significa sacrificare tutto ciò che ha di più caro…
IL SIGNORE DEI MARI ( The Game ) è il primo romanzo di Brenda Joyce, autrice di numerosi romanzi sia storici sia contemporanei e paranormali, pubblicato da Mondadori nella collana I Romanzi. Il romanzo fa parte della saga dedicata alla dinastia dei de Warenne, considerata uno dei capolavori dell’autrice.
Ambientazione: Inghilterra + Irlanda, 1571 (periodo Tudor)

Un romanzo d’appendice un po’ complicato * * *

La prima parte è molto avvincente, poi, invece, l’autrice complica la vicenda in modo eccessivo e non abbastanza motivato, finendo per scrivere un vero e proprio romanzo d’appendice.
Qualche particolare non del tutto verosimile da un punto di vista storico: è vero che siamo ormai in pieno Rinascimento, ma che Liam nella sua isola in cima al mondo abbia una biblioteca personale piena di libri mi pare un po’ anacronistico; impossibile, poi, che si potesse avere un’udienza dalla regina con la facilità di Katherine. Convincente, invece, mi sembra la ricostruzione della personalità di Elisabetta I.

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Sarah MacLean – Undici sfide da affrontare per domare il suo cuore

Irruente e testarda, una vera calamita che attrae guai, Juliana Fiori si rifiuta di giocare secondo le regole della società. A causa del suo carattere impulsivo e ribelle è sempre al centro dei pettegolezzi di tutti i salotti di Londra ed è nata per dare scandalo… è esattamente il genere di donna da cui il duca di Leighton vorrebbe stare lontano… anzi, molto lontano. Lo scandalo è l’ultima cosa di cui Simon Pearson ha bisogno, impegnato com’è a mantenere la sua vita privata lontano dalle chiacchiere. Ma quando scopre Juliana nascosta nella sua carrozza, a tarda sera, decide che è il momento che quella sconsiderata signorina impari le buone maniere, ed è determinato a insegnargliele. Ma lei ha altri piani… vuole due settimane per dimostrare che anche un imperturbabile duca non può essere al di sopra della passione.

Di gran lunga il peggiore della serie * *

Se assegno due stelle, è solo perché voglio riconoscere lo sforzo di approfondire la psicologia soprattutto di Simon. Ma il romanzo è prolisso al di là di ogni misura e risulta di una noia mortale: si sarebbero potute tagliare almeno 150 pagine.
Ciliegina sulla torta: un diluvio di sviste linguistiche.

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Amanda McCabe – Tra luce e ombra

Firenze, 1478 – Orlando Landucci conosce bene gli oscuri intrighi che si nascondono dietro lo splendore di Firenze, e quando l’adorata sorella, sedotta e abbandonata da Matteo Strozzi, si toglie la vita, giura vendetta alla potente famiglia fiorentina. Ma non appena posa gli occhi su Isabella, la fanciulla ospite dei cugini a Palazzo Strozzi, tutto cambia: qualcosa in quella giovanissima bellezza dagli occhi scuri lo incanta, addolcisce il suo cuore, placa la sua anima. Ogni volta che le ruba un bacio sente crescere dentro di sé il bisogno di proteggerla. Isabella però è parente dell’uomo che Orlando ha giurato di uccidere e questo lui non vuole e non può dimenticarlo. Così, quando arriva il momento di regolare i conti con l’odiato nemico, si ritrova di fronte a una scelta terribile: l’ombra del passato o la luce del futuro?

Un romanzo non ben congegnato * *

L’ambientazione è una di quelle a me più gradite: la Firenze di Lorenzo dei Medici nei giorni della congiura dei Pazzi. Posso quindi accettare senza troppi problemi le licenze che la McCabe si concede a proposito di Giuliano, comprese quelle che si scorda di menzionare nella bella postfazione. Compare nella narrazione anche Botticelli (era davvero omosessuale? Mi pare di non averlo mai saputo, ma certo, quando ero al liceo, di queste cose non si parlava).
Purtroppo l’autrice si lascia trascinare dal suo interesse per il Rinascimento e dedica davvero troppe pagine alla descrizione della città, mentre sta scrivendo un romanzo, non una guida turistica.
Se la scena dell’assassinio di Giuliano regge, poco riuscito è invece tutto il finale, dove i gravi problemi fra i protagonisti si risolvono con troppa facilità e Isabella viene addirittura assunta come artista alla corte del re d’Inghilterra, quando non ha ancora prodotto granché. Peccato.