Tre fratelli con i loro familiari, tra cui il gatto Shorty e il cocker Duke, sono alcuni dei tanti protagonisti di Ti do una zampa, grazie al quale l’autrice ci svela come cani e gatti possano aiutare le persone a capire se stesse, a comprendere gli altri, ad avvicinarsi fra loro, a creare legami e nuove amicizie, a superare barriere psicologiche e a infondere forza per vivere nuove avventure. ​

Titolo: Ti do una zampa.
Aurice: Giulianna D’Annunzio.
Genere: Narrativa italiana.
Editore: Spunto.
Prezzo: euro 13,00 (copertina flessibile).

Il titolo del romanzo di Giulianna D’Annunzio prende le mosse da un progetto scolastico di Pet Therapy che Diana, forse il personaggio principale della storia, struttura per il suo adorabile cocker, Duke, e uno dei bambini della scuola materna presso la quale insegna.

In breve, ecco la trama.

Il romanzo racconta le vicende di tre fratelli, Enrico, Filippo e Diana, che la morte precoce dei genitori ha reso molto uniti. Insieme ai tre, si muovono le loro famiglie e, soprattutto, i loro figli pelosi.

Enrico, il maggiore, è sposato con la dolce Flavia e ha due figli: l’adolescente Marta, intorno alla quale ruotano gran parte delle vicende della famiglia, e il piccolo Emanuele. Amici pelosi, all’inizio non ce ne sono, ma, come si sa, la vita è piena di sorprese.

Filippo fa il dentista e vive insieme alla moglie Lidia e all’adorato gatto Shorty. Adorato da lui, perché Lidia ogni tanto prova a fargli la pelle e il micio reagisce da par suo.

Infine c’è Diana, la sorella minore, maestra di scuola materna, abbandonata da un fidanzato che non compare mai nel romanzo, amante dei bambini e degli animali. Diana vive con il cockerino Duke che, a mio giudizio, è il personaggio meglio riuscito di tutto il romanzo. Perché una cosa è certa: l’autrice è bravissima a far parlare gli animali, a interpretarne sentimenti ed emozioni. Con gli umani, invece, le cose non vanno altrettanto bene.

A questo punto, vorrete sapere se il libro mi è piaciuto. La mia risposta? Ni. Perché? Perché accanto a cose e a momenti apprezzabili, ce ne sono stati altri che mi hanno convinta di meno.

Potete andare avanti, ma fate attenzione, perché da qui in poi si fa SPOILER.

Allora: cominciamo da cosa mi è piaciuto.

a)    Ho adorato Duke e Shorty. Il cockerino che passeggia, annusa i suoi alberi, cerca gli amici, si preoccupa per Diana, tenta di far amicizia con i gatti, è davvero unico. La prego, Giuliana, scriva le avventure di Duke e diventerò una sua fan.

Ho amato anche il povero Shorty, vessato da una padrona stupida, vanesia e cattiva. Dolcissimo.

b)   Il testo è molto curato. La scrittura è scorrevole e non ho trovato neppure un refuso. Molto bene.

E ora, passiamo alle note dolenti.

Tranne Diana, e forse Marta, gli altri personaggi non convincono. Filippo ha proprio bisogno che sia la domestica a dirgli che Lidia maltratta il suo gatto? Ha fette di prosciutto sugli occhi, per caso? Enrico è il personaggio più debole della famiglia. Possibile che abbia sempre moglie e figli coalizzati contro?

Il romanzo non riesce a decollare perché, fin dall’inizio, una lettrice esperta sa già come tutto andrà a finire. La carica di buonismo è, a mio parere, eccessiva. Persino Lidia, che è il personaggio più odioso che si possa immaginare, cambia all’improvviso perché la donna di servizio le fa un bel predicozzo. Cavolo! Ma gli esseri umani non fanno mica così! Una come Lidia non solo non si converte, ma diventa ancora più cattiva. Caccia via a calci Maria Pia e trova il modo di fare fuori il gatto. Altro che accettare i consigli della domestica!

E poi la bulla. Ma che razza di  bulla è? A scuola, ne ho conosciuti a decine, di bulli e bulle varie. Non si commuovono davanti a un cane: anzi. E del cucciolo che viene buttato fuori dal finestrino, proprio a fagiolo, ne vogliamo parlare? Nella vita vera sarebbe finito spiaccicato sotto un camion. E dell’immissione in ruolo di Daria? Santo cielo, ma l’autrice (che suppongo sia una collega) sa nulla della situazione dei precari? Danno un posto di ruolo a marzo? Ma davvero? Non me lo riesco a spiegare.

Infine, credo che la storia sia troppo narrata. Troppo spiegata. Preferisco lo “show don’t tell” che qui non viene molto usato.

Concludendo: se si tratta di una favola, bisogna dichiararlo all’inizio, altrimenti la storia solleva molte perplessità.

Se favola deve essere, costruiamola intorno a Duke, a Shorty e ai loro amici. Sono deliziosi e l’autrice sa come toccare il cuore di chi ama gli animali facendoli parlare e raccontare le loro storie. Con gli umani funziona molto meno. Aspetto la prossima prova, possibilmente con una sola trama principale e a forte prevalenza canina (o felina).

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