Martina Tognon si presenta…

Sono nata nel 1971 e fino al 2019 non ho mai pubblicato un solo rigo.
Pur scrivendo da sempre, mi limitavo ai cosiddetti Giochi di Narrazione, dove i testi finiscono in “libriccini” condivisi che hanno solo uno scopo ludico. Non vengono quindi venduti. Si tratta di splendide esperienze grazie alle quali ogni persona scrive un pezzo di storia, un capitolo, per poi lasciare la penna al successivo. L’ambientazione per me è Star Trek, non c’è mai stato altro mondo per me, per esprimere me stessa, della fantascienza.
Questi racconti non rientrano nelle fan-fiction perché i personaggi sono totalmente inventati e non sono quelli visti in telefilm e/o film.
Finalmente, quest’anno ho superato tutte le mie paure, pubblicando ben tre libri in pochi mesi. Impossibile? No, dal momento che giacevano nei miei archivi da anni (con un’altra ventina di fratelli).
Agosto 2019: Una complicata favola moderna.
Settembre 2019: Nel Ventre di Enghquondo, Crollo dell’Impero Terrestre Vol.1.
Ottobre 2019: Il Libro delle Prime Volte.
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1.     Che genere scrive? Ce ne parla? Ci racconta come mai ha scelto questo genere per esprimersi?
R: Sono per prima cosa una divoratrice di libri di Fantascienza, Fantasy, Romance e Thriller. Dove per Romance intendo quei libri forse un po’ vecchio stile pieni di romanticismo e buoni sentimenti. Escludendo il Thriller, perché non sono ancora abbastanza brava, di tutto il resto scrivo. O scribacchio.
Il genere preferito è la Fantascienza, quello che mi viene spontaneo perché mi permette di estraniarmi più degli altri. La possibilità di inventare mondi, universi, tecnologie… razze… mi ha sempre affascinato. Quando scrivo di queste cose penso di dare il meglio di me, proprio in quanto lo sento mio.
Al secondo posto metto il Romance. Adoro le favole. Vedo tutti i film romantici che passano in TV e, se non ce sono in programmazione sui canali generalisti, me li cerco altrove. Non dico che mi riescano male le storie romance, ma sono troppo sdolcinata e devo sempre stare attenta a dosare le parole. Questo rende il mio approccio al genere più complesso, ma non per questo meno entusiasmante.
Da ultimo il fantasy. Non perché mi piaccia meno, ma perché i miei riferimenti – gli scrittori che ammiro – sono talmente bravi, che i miei scritti mi sembrano sempre inadeguati. Quindi sono lì, in attesa, me li riguardo e rileggo ciclicamente, ma non riesco a darli in pasto al pubblico.

2.     Come scrive? Penna e carta, moleskine sempre dietro e appunti al volo, oppure rigorosamente tutto a video, computer portatile, ipad, iphone?
R: Questa è una domanda più difficile della precedente. Sono figlia di due epoche contrastanti, da questo punto di vista. Ho un’età per cui carta e penna rivestono e rivestiranno sempre un notevole fascino. Nel contempo, ho costruito la mia vita su passioni molto tecnologiche, che sono diventate il mio lavoro e pane quotidiano.
Da scrittrice self, per di più recentissima, il mio lavoro è sempre stato altro. Sono un’informatica di mestiere, quindi i programmi di videoscrittura sono sempre a portata di mano.
La maggior parte degli spunti me li sogno. No, non sto scherzando, li sogno davvero. Mi sveglio e so per certo che, se non prendo subito un appunto, finirò per dimenticarli.
Quindi ho sempre a portata di mano un blocchetto per appunti, ci riporto qualche parola, le sensazioni, e poi spengo la luce.
Il resto è tecnologia, scansioni degli appunti, trascrizioni e salvataggi. In quantità industriali. Ho due cloud gratuiti e due dischi esterni. Quindi di ogni cosa ho quattro copie.
Sapete come si dice, se li conosci li eviti… ecco, mai fidarsi al 100%!

3.     C’è un momento particolare nella giornata in cui predilige scrivere i suoi romanzi e racconti?
R: Come brevemente accennato, gli spunti sono prevalentemente sogni, ma sicuramente non sono una persona che si alza nel cuore della notte per scrivere. Mi accontento di prendere nota.
Di giorno si lavora, ma ho una pausa pranzo molto più lunga del tempo che impiego a mangiare, quindi se l’idea è buona e sento che preme per uscire, colgo l’attimo.
Il momento preferito però arriva dopo le 21.00, quando in casa cala il silenzio e ci sono solo io con il mio computer… e qualche volta una terrina di pop-corn o un buon gelato (rigorosamente nocciola e vaniglia).

4.     Quando scrive, si diverte oppure soffre?
R: Divertimento, puro divertimento. Se fosse una sofferenza non ci penserei neppure a farlo. La vita è abbastanza complicata senza bisogno di cercare ulteriori sofferenze.
Anche quando non trovo la parola giusta o il modo migliore per esprimere un sentimento non mi arrabbio, anzi è uno stimolo a riflettere, cercare altri modi e, perché no, bussare alla porta di persone di fiducia per discuterne insieme.
Vogliamo chiamarli Beta-Reader? Non rende l’idea… spesso sono di più, sono veri supporti nel momento del bisogno.

5.     Nello scrivere un romanzo, “naviga a vista” come insegna Roberto Cotroneo, oppure usa la “scrittura architettonica”, metodica consigliata da Davide Bregola?
R: Questa è proprio una bella domanda. Ogni processo creativo, proprio in quanto tale, è personale. Grazie al lavoro che faccio ho imparato a scomporre i problemi in parti da affrontare singolarmente per arrivare alla soluzione del problema. Questo metodo, utilissimo quando progetto software, mi è enormemente di ostacolo quando scrivo.
Posso definire il mio metodo di scrittura come “metodo a cipolla”. Non creo una struttura solida su cui far crescere la storia, perché le storie sono pezzi di vita vissuta e vanno raccontate di getto. Se non lo faccio, perdo, io per prima, l’impatto emotivo di quello che sto raccontando.
Nel contempo non navigo totalmente a vista, lasciando scorrere tutto in libertà. Ho una fase iniziale in cui comincio a scrivere pezzi, scene, idee e descrizioni di emozioni. Tutto si accavalla in modo poco logico e poco strutturato. Poi, riparto dalla prima riga, spostando, incollando, riempiendo gli spazi vuoti e collegando tutto.
Riparto di nuovo e di nuovo dall’inizio, uno strato dopo l’altro, fino a che arrivo al punto che ricordo persino in che pagina sta una data frase, fino a che non c’è neppure un piccolo frammento di pensiero da sistemare. Quello è la fase nella quale parte la caccia a un beta reader disponibile… perché a quel punto potrei aver scritto i peggiori dialettismi ma non me ne accorgerei più.
Forse qualcuno potrebbe dire che è in effetti una casa che si sviluppa su iniziali, caotiche fondamenta. Direi di no. Di una casa si hanno i piani di costruzione pronti già quando si iniziano i lavori, io raramente so con certezza dove finiranno le mie storie e come. Sono più interessata al percorso dei personaggi che non all’arrivo.

6.     Quando scrive, lo fa con costanza, tutti i giorni, come faceva A. Trollope, oppure si lascia trascinare dall’incostanza dell’ispirazione?
R: In fase creativa decisamente comanda l’ispirazione. Che spesso divido su più scritti in parallelo saltando da un libro all’altro. Lo so, non si dovrebbe, ma se la testa e il cuore mi portano su un manoscritto più che su un altro, io seguo la marea.
In fase di revisione mi impongo minimo un’ora ogni giorno, di solito la sera, di solito quando resto sola.

7.     Ama quello che scrive, sempre, dopo che lo ha scritto?
R: Mai. Sono un’eterna insoddisfatta. Qualunque cosa io finisca, due mesi due giorni due ore dopo la riprenderei in mano perché c’è quel particolare che può essere sempre scritto meglio.
In realtà quello che amo è l’idea che la mia storia, lasciata libera, arrivi a qualcuno che possa trovare un piccolo particolare, un concetto che gli serva in quel momento. Che lo aiuti. Sia ad avere un attimo di svago, sia come spunto riflessivo.

8.     Rilegge mai i suoi libri/racconti, dopo che sono stati pubblicati?
R: Mai nell’immediatezza. Tentare di vendere i miei scritti è un’esperienza recente, ma sono ormai più di quindici anni che partecipo a Giochi di Narrazione (sempre in ambientazione fantascientifica). Sono stati il mio personale grimaldello alla timidezza. Piccoli pezzi di racconti condivisi con altri per la creazione di una storia completa.
Alcuni di quei pezzi non li ho riletti mai, altri mi è capitato di farlo perché ero la responsabile dell’editing complessivo del racconto.
In quei rari casi ho sempre provato un senso quasi di imbarazzo, che in realtà non sono mai riuscita a spiegarmi completamente.

9.     C’è qualcosa di autobiografico nel suoi libri?
R: Credo che in parte sia normale. Si prende una parte di sé e su quella si costruisce un personaggio. O si prende un fatto che ci è accaduto per costruirci una storia.
Chi mi conosce vede, nel mio primo romance, una parte di me nella protagonista femminile. La cosa bella è che, chi mi conosce molto bene, vede nel protagonista maschile molto di me. Questa è una cosa di cui sono molto fiera.
Sono felice di poter mettere a nudo anche le mie caratteristiche più maschili, perché penso che tutti noi siamo delle splendide combinazioni declinate in infinite diversità (cit.).
Sono fiera dell’essere un maschiaccio se mi date un pallone, così come sono fiera di mettere i tacchi e una gonna per andare fuori a cena (non spesso, resto più maschiaccio).

10.  Tutti dicono che per “scrivere” bisogna prima “leggere”: è una lettrice assidua? Legge tanto? Quanti libri all’anno?
R: Credo che la lettura ampli il nostro vocabolario, ma non solo. Gli studi al riguardo mi terrorizzano, il numero di parole nel vocabolario medio di un italiano diplomato (scuola dell’obbligo) cala di anno in anno, per non parlare di quelle poi effettivamente usate. Il punto è che se non le leggiamo, non le assimiliamo e, a nostra volta, non le useremo.
Cerco sempre di sforzarmi nel cercare sinonimi e giri di parole per evitare le ripetizioni, ma non solo, proprio per arricchire quello che scrivo.
Un vocabolario adeguato è un punto imprescindibile per scrivere, ma non dimentichiamo sintassi e grammatica. L’italiano è una lingua più che viva, vivissima, sia nell’acquisire e rendere proprie parole straniere, sia nel modificare se stessa e le proprie strutture.
Ci sono cose che si possono scrivere in enne modi, nessuno dei quali errato, proprio perché la lingua respira e si adatta giorno per giorno.
Leggere aiuta con le regole, ma quasi sempre non ti dà il senso del continuo modificarsi del parlato. Per quello ci sono le persone, ascoltare e parlare con gli amici è una sorgente infinita di novità.
Parlare però. Non chat. Le chat appiattiscono, perché se si usa l’italiano… si torna alla lingua scritta.
Uscire, andare a bere un caffè, sedersi davanti a pizza e birra lasciando il telefonino nella tasca interna della borsetta.
Vivere.
Anche questo aiuta a scrivere.

11.  Ha mai partecipato a un concorso? Se sì, ci racconta qualcosa della sua esperienza?
R: Mai. Ho il sacro terrore del fallimento. Lo so, come autrice e scrittrice questo apre le porte a livelli di stress infiniti. Son scesa a patti da tempo con il fatto che le case editrici non sono interessate al mio modo di scrivere, ora che ho creato un po’ di corazza al riguardo penso di essere pronta.
Sto preparando un racconto breve, SCI-FI, per il concorso Urania Short 2020.
Per ora posso dirvi quali sono le due fatiche più grandi:
a)     Le benedette cartelle. Odio scrivere in quel modo a carattere fisso eccetera, mi si appiattiscono i pensieri. Quindi ho optato per scrivere in un formato visivo più consono per poi, a intervalli, controllare “a che punto sono con il numero di battute richieste”.
b)    Mi sento compressa. Il dover stare sopra un certo numero di battute e sotto un certo altro numero mi fa sentire limitata nella mia espressività. D’altra parte comprendo perfettamente i motivi e quindi mi sto adeguando.
Sta diventando anche un esercizio interessante: riuscire a dire una certa cosa stando in limiti così rigidi è un bel banco prova.
Indifferentemente da come andrà.

12.  A cosa sta lavorando ultimamente?
R: A parte il racconto breve, del quale chiaramente non posso dire nulla, pena l’esclusione dalla partecipazione, c’è un romance suggeritomi.
Sì perché succede anche questo.
Dopo la lettura di “Una complicata favola moderna”, un’amica mi ha detto “Aspetto il seguito”. Io non lo vedevo il seguito a cui lei si riferiva, però parlandone ho capito il suo punto di vista e mi sono esplose miliardi di idee in testa.
Aveva perfettamente ragione. Il seguito ci sta eccome.
Inoltre devo iniziare, pian piano, la revisione della seconda parte del mio libro SCI-FI. Con calma farò tutto.
Compreso qualche giorno di ferie a cavallo tra Natale e Capodanno si spera!
Auguri a tutti!

Il libro delle prime volte

Quante prime volte ricordiamo?
Ognuno di noi probabilmente ricorda solo le più importanti.
Il primo giorno di asilo, il primo giorno di scuola, il primo bacio, il primo viaggio senza mamma e papà…
Ce ne sono molte altre che passano in sordina.
La prima volta che piangi, che ridi, che mangi, che cammini, che corri. La prima volta che ti senti a casa.
Non smettere mai di camminare e vedrai quante altre ne arriveranno.
Un giorno ti capiterà di prendere in braccio una bambina e scoprirai un mondo di nuove prime volte. Alcune non le avresti mai nemmeno immaginate, su alcune magari avevi già messo una pietra sopra.
Non fermarti mai.
Non smettere mai di vivere.
Tutto questo in un un romance atipico, di famiglia, di affetti, ma anche di coppia.
Romanticismo, dolcezza e anche emozioni. Tante.
Sorrisi e commozione.

Una complicata favola moderna

Chi di noi non ha desiderato che il primo amore, quello della giovinezza e degli anni spensierati, fosse anche quello dell’età adulta e della vecchiaia?
Ci sono storie che non sono fatte per nascere. Altre storie che non sono fatte per durare.
Poi ci sono le altre storie. Quelle che hanno più dossi di una strada di campagna, che ti sporcano le ruote mentre le percorri e alzano un tale polverone che ti annebbia la vista e ti fa lacrimare gli occhi.
Queste sono le storie vere, quelle che ci piace conoscere, quelle che ci piace ascoltare. Perché sono le storie che possiamo sentire nostre. Quelle storie che sono le nostre storie.
Quelle storie che mi piace raccontare, come questa, per scoprire cosa succede di un amore vero dopo diciotto anni di lontananza.

Nel ventre di Enghquondo (Crollo dell’Impero Terrestre, Volume I)

Ci sono più forme di vita nell’universo di quante la mente umana possa immaginare, alcune letteralmente inconcepibili. Quando un Impero decide di espandersi, distruggendo sul suo percorso tutto quello che non si conforma, c’è solo una via di uscita.
La ribellione.
Ci sono molte forme di ribellione.
La storia Terrestre è piena di rivoluzioni, chissà perché l’Imperatore presumeva di essere al sicuro.
Quando la rivoluzione la fanno i deboli non è detto che riesca, ma quando a fare la rivoluzione sono gli esseri potenzialmente più potenti del Quadrante, le cose possono prendere pieghe inaspettate.

Immagini inviate da Martina Tognon.