“La scrittura ha in sé una potenza terapeutica. Con la scrittura si osa, si viene fuori, ci si racconta, finalmente.”  (C. Masia – “Scrivere il memoir” – Dino Audino  editore).

Abbiamo detto, e sperimentato di persona, che è possibile curarsi con la lettura (vedi il nostro articolo sulla biblioterapia), ma ancora di più possiamo fare con la scrittura. Una forma in particolare privilegia questo aspetto, il memoir.
Prima però è necessario chiarirsi le idee: cosa è esattamente il memoir?

DIFFERENZA TRA MEMOIR E AUTOBIOGRAFIA
Potrebbero sembrare la stessa cosa; in realtà, pur avendo a che fare con i ricordi e con la memoria, autobiografia e memoir seguono due percorsi differenti.
Mentre l’autobiografia ricostruisce gli eventi secondo uno schema cronologico e quindi lineare, rispettando il principio di realtà, e ha a che fare con la verità fattuale, il memoir  è legato alla nostra vita emotiva. Questo significa che alla base c’è la soggettività del ricordo, ovvero delle emozioni che si sono impresse nella nostra memoria a seguito di ciò che abbiamo vissuto. E sono quelle emozioni che riemergono nel memoir, indipendentemente dalla verità oggettiva. Quello che ci interessa non sono gli eventi in sé, ma il modo in cui li abbiamo vissuti e il segno che hanno lasciato dentro di noi. E il percorso non sarà affatto lineare, ma frammentato e apparentemente privo di consequenzialità, perché non è nella logica che dobbiamo ricercarla, ma nelle emozioni.
Possiamo quindi dire, se vogliamo definirlo in quanto genere letterario, che il memoir è un genere a sé, senza confini definiti: una narrazione autobiografica “fuori legge”, come  ha scritto la studiosa Caren Kaplan.

PERCHÉ IL MEMOIR CI AIUTA A CURARE LE NOSTRE FERITE
Anche se non aspiriamo a diventare scrittori di professione, sperimentiamo che scrivere ci fa star meglio. Perciò, scrivere fa bene. Perché?
Nel memoir abbiamo a che fare con il nostro vissuto, abbiamo la possibilità di “rivisitare” il passato e darne una lettura diversa che ci apra nuove prospettive, che ci “liberi”, permettendoci di convivere con le esperienze dolorose, a volte rimosse, e di sfruttarle a nostro favore. Nel momento in cui entra in gioco la nostra creatività, diventiamo capaci di elaborare un evento traumatico, di “correggerlo” e quindi di neutralizzarne gli effetti.
Su questo tema hanno fatto scuola gli studi di James Pennebaker, docente di Psicologia presso l’Università del Texas, che, attraverso la tecnica definita “scrittura espressiva”, convinto che l’esercizio della scrittura influisse anche sulla salute, ha aiutato i suoi pazienti a elaborare le esperienze e i vissuti traumatici. Un metodo che può tradursi anche in un esercizio di auto-aiuto, che dimostra come dedicare anche solo pochi minuti al giorno alla scrittura delle proprie esperienze aiuti ad allentare le tensioni emotive e lo stress, a migliorare il benessere psico-fisico e le relazioni interpersonali, a guarire le ferite interiori.
Perciò un buon consiglio per sentirci meglio con noi stessi e con gli altri è quello, per cominciare, di dedicarci quotidianamente il tempo che riteniamo necessario, lasciando fuori tutto il resto: saremo solo noi e la nostra pagina.
Poi, come nella biblioterapia, è consigliabile il lavoro di gruppo. Non solo il confronto con gli altri ci dispone all’ascolto e ci aiuta a comprendere meglio noi stessi, ma la condivisione di un’esperienza dolorosa ci spinge a ricreare con l’esterno un legame di fiducia e di empatia che l’esperienza traumatica aveva compromesso.

DUE LIBRI DA NON PERDERE
Se il tema vi appassiona, se volete sperimentare di persona la validità della scrittura terapeutica, allora vi consigliamo la lettura di due libri che per noi sono stati rivelatori: quello già citato di Claudia Masia – “Scrivere il memoir” – Dino Audino editore – e quello della scrittrice italo americana Louise Di Salvo – “Scrivere per stare meglio” – Dino Audino editore. Una scrittrice e un’insegnante che, attraverso il lavoro dei loro gruppi di scrittura, hanno sperimentato dal vivo la possibilità di far star meglio le persone.
Louise Di Salvo ci guida, attraverso sette fasi, nel percorso della scrittura come conoscenza e accettazione di sé e apertura verso l’esterno per superare il dolore; Claudia Masia offre indicazioni, esempi ed esercizi per la scrittura del nostro memoir, con un capitolo che è un vero e proprio laboratorio di scrittura, per chi intendesse dare alla sua narrazione una coerenza stilistica e lessicale che la renda più efficace e rispondente alla propria sensibilità letteraria.

LOUISE DI SALVO: “SCRIVERE PER STARE MEGLIO”

Il libro si divide in tre parti. Nella prima l’autrice esplora le potenzialità terapeutiche della scrittura, prendendo come base le teorie dello psicologo Pennebaker, e sottolinea in particolare il ruolo importante che questa può svolgere per favorire quell’apertura verso l’esterno che è vitale per il superamento dei traumi emotivi, siano essi più o meno gravi. La seconda parte costituisce il nocciolo centrale del libro ed è una vera e propria guida alla scrittura come conoscenza di sé. Qui l’autrice divide il processo in sette fasi ben distinte (preparare, pianificare, germinare, lavorare, approfondire, modellare, ordinare, completare) fornendo per ciascuna particolari indicazioni pratiche e guidando il lettore passo dopo passo durante tutta l’esperienza della scrittura. L’ultima parte offre una panoramica di esempi, tratti dalla letteratura mondiale, di autori per i quali la scrittura è diventata strumento di superamento del dolore attraverso la conoscenza e l’accettazione di sé.

CLAUDIA MASIA: CON ESERCIZI DI SUPPORTO E COME PROCEDERE SE SI VUOLE FARE UNA REVISIONE E DARE UN TAGLIO LETTERARIO.

 

 

Gli articoli di Elisabetta Flumeri & Gabriella Giacometti