Ospite dei nostri studi (come ce la tiriamo…!) è Nicola Rocca (QUI i suoi libri), autore self di thriller.

1.     Due righe per presentarsi?
Buongiorno a tutti. E grazie per avermi ospitato nel suo salotto virtuale.
Sono Nicola Rocca, trentottenne (a dire il vero sono quasi trentanove, N.D.R.), che si sente ancora un adolescente.
Vivo a Sotto il Monte – il paese del Papa Buono –, in provincia di Bergamo.
Di notte faccio sogni noir e di giorno li rendo reali, mettendoli su qualche file del mio PC.

2.     Che genere scrive? Oppure, svolazza di genere in genere come una leggiadra farfalla?
Scrivo thriller e noir. La scelta è dettata dalla forte passione per questo genere, per tutto ciò che racchiude un mistero da scoprire, che crea una suspense da cui farsi travolgere.
Da ragazzo rivedevo a manetta i film che amavo, da La donna che visse due volte fino a Mystic river. Poi, crescendo, è arrivata anche la magia dei libri. A ventiquattro anni, ho iniziato a scrivere il mio primo racconto. All’inizio era una sorta di sfida, poi un bisogno fisico e mentale.
Ogni tanto, però, mi prendo il lusso di svolazzare come una leggiadra farfalla (Nicola pesa cinquanta chili, bagnato. N.D.R.). Ogni tanto, sì, quando devo scrivere un biglietto di auguri. Una fatica inenarrabile.

3.     Come scrive? Penna e quaderno? Oppure, tecnologia a tutto spiano?
Capita raramente che prenda appunti su foglietti di carta, sparsi qua e là. Posso definirmi un autore digitale a tutti gli effetti. Mi appunto le idee sullo Smartphone. Poi, con più calma, le elaboro con il PC.
PC… un vecchio laptop, pagato poco meno di trecento euro qualche anno fa. Non mi decido mai a buttarlo via, sono affezionato a quell’aggeggio… e sono superstizioso: e se non riuscissi più a trovarmi in sintonia con un nuovo PC? Del resto, dicono che non serva un processore NASA per scrivere un romanzo. Bastano un’idea, dedizione, fantasia, ricerca, concentrazione e tutti i tasti del computer funzionanti.

4.     Quando scrive? Allodola, o gufo?
Allodola e gufo.
Fino a qualche anno fa ero un gufo, scrivevo di sera e durante il fine settimana. Ora, investo quasi ogni attimo del mio tempo nella stesura di storie. O, comunque, in tutto quello che ci gira attorno: scrittura, revisione, lettura, promozioni, creazione di post pubblicitari, rapporti con i lettori, marketing, e così via.
In sintesi, le mie giornate sono fatte perlopiù di scrittura, intervallate da brevi momenti di pausa, che mi permettono di dedicarmi ai bisogni primari: nutrirmi, dormire e portare a passeggio Mia, la cagnolina di casa.

5.     Coinvolto sempre in quello che scrive, oppure distaccato?
Coinvolto, sempre.
Voglio immedesimarmi in ogni mio personaggio a cui do vita, provare le sue stesse emozioni. Ridere con lui e piangere con lui. Gioire per i suoi eventi positivi e morire della sua stessa disperazione, quando la vita gli riserva brutte sorprese.
Detto ciò, la prima stesura è sempre entusiasmante. È la più creativa, scrivo a rotta di collo, senza preoccuparmi della forma. La prima stesura è dedicata solo ed esclusivamente alla trama.
Poi, quando rileggo, inizia la sofferenza, la parte dura del mestiere: la sistemazione. Perché un romanzo è come un puzzle complesso: alla fine, ogni tassello deve incastrarsi esattamente al proprio posto.
Il culmine della sofferenza lo raggiungo con il lavoro di editing. O meglio, quando vedo i tagli perpetrati dalla mia editor. Per me è come ricevere una pallottola nel cuore. Anche se so che è un lavoro indispensabile (È un  appassionato degli “spiegoni”. N.D.R.), mi fa sempre male.

6.     Scaletta ferrea, o sturm und drang? Cotroneo, o Bregola?
Anche qui, entrambi i metodi.
Ci sono romanzi che nascono già definiti, nella mia testa. In quel caso, il mio ruolo non è altro che quello di trascriverli su un file digitale.
Ce ne sono altri, invece, che hanno una buona idea di base, ma vanno  sviluppati. Quelli mi fanno sempre dannare l’anima.
Nel caso in cui il romanzo sia già definito, è sufficiente uno schema riepilogativo, giusto per controllare che i nomi siano corretti, che non ci siano ripetizioni, o lacune.Viceversa, quando ho a che fare con quelle storie ingarbugliate già in fase iniziale (Tipo Giulio, ucciso a pagina 128, che risorge a pagina 156. N.D.R.), be’… lì sbratto controcorrente, per raggiungere la riva.

7.     Metodico nella scrittura, oppure “quando-posso-non-so-se-posso”?
Se vuoi fare della scrittura un lavoro, hai bisogno di autodisciplina. Devi metterla al primo posto. Quindi “mangio quando posso”, ma “scrivo sempre”.
Perché, per quanto mi riguarda, scrivere mi serve quanto respirare.

8.     Ama sempre quello che ha scritto (dopo aver terminato la stesura)?
Certo… che no!
Spesso, mi trovo a rileggere le bozze e pensare che non siano all’altezza. “Com’ero combinato per scrivere una tale stronzata?” mi chiedo.
Altre volte, quando scrivo qualcosa che fila alla grande, mi meraviglio: “Ma davvero ho scritto io questa meraviglia?”
Quando rileggo romanzi risalenti ad anni prima, trovo la mia scrittura immatura. Però, poi, trovo il lato positivo: se è così, significa che sono “cresciuto”.

9.     Sa che ci sono scrittori con non rileggono mai quello che hanno scritto e pubblicato? Lei come si comporta?
Non lo sapevo, ero convinto del contrario. Anche perché, io rileggo spesso, anche a distanza di anni, i miei lavori.
Lo faccio più che altro in qualità di “controllore”, come ho detto prima.

10.  Siamo curiosi: c’è qualcosa di autobiografico in ciò che scrive?
In quasi tutti i miei libri c’è qualcosa di autobiografico. Perché, prima di essere scrittore, ero un killer di professione. Ho ucciso così tante persone che nemmeno potete averne un’idea (Ride a crepapelle. Pensa sempre che le sue battute siano eccezionali. E non è vero. N.D.R.).
Scherzi a parte, nei miei scritti c’è sempre qualcosa di autobiografico, in quanto a ogni personaggio associo qualche mia caratteristica.
Il libro più autobiografico che ho scritto è “Scheletri nell’armadio”, in cui il protagonista (Roberto Marazzi) è un autore in erba che cerca di emergere. Ecco, io mi auguro che uno dei miei romanzi diventi un best-seller, proprio come accade con “Scheletri nell’armadio” di Marazzi.

11.  Legge molto? A noi piacciono i topi di biblioteca.
Se si vuole scrivere, è necessario leggere.
Io cerco di unire l’utile al dilettevole, ovvero alterno le letture di piacere a quelle di dovere. Cioè quelle utili alla mia crescita professionale. Mentre leggo, infatti, rubo parole, studio lo stile dell’autore, cerco di carpirne i tratti essenziali. Insomma, provo ad assorbire tutto ciò che può  trasmettere un libro, senza limitarmi alla sola trama.

12.  I concorsi: nota dolente. Sì, o no?
Prima era sì, ora è decisamente no.
In passato ho partecipato a numerosi concorsi letterari. Poi, col tempo, ho diminuito progressivamente. Ora ho smesso.
Negli anni non ne ho mai vinto uno, ma sono riuscito a collezionare qualche terzo posto e qualche menzione di merito.
Le racconto l’esperienza che mi fece dire: “Basta concorsi!”
Qualche anno fa, spedii un mio romanzo già pubblicato a un concorso per romanzi editi. Dopo alcuni mesi, ricevetti una mail in risposta: il mio libro aveva ricevuto una menzione di merito.
Così, mi recai alla premiazione. Ritirai l’attestato e rimasi per tutto il tempo della cerimonia. Premiarono in tutto una decina di scrittori. Sette dei quali editi dalla casa editrice che aveva pubblicato anche il Presidente della giuria.
Da quel giorno, non credo di avere più partecipato a un concorso letterario.
E poi, diciamolo: l’unica giuria che voglio soddisfare è quella composta dai miei lettori. Se loro apprezzano il mio lavoro, sono felice. Viceversa, mi arrabbio a morte con me stesso.

13.  Progetti per il futuro?
Ho così tante storie in ballo che ho ipotecato parecchi degli anni a venire.
Sto continuando a far vivere due personaggi che amo particolarmente. il commissario David Walker e lo scrittore Roberto Marazzi.
In questi giorni, verrà pubblicato il remake di “Chi era mio padre?”. Si tratta del mio primo romanzo, che ho deciso di riscrivere, perché risente di tutta la mia immaturità di scrittore alle prime armi.
Nei primi mesi del 2022, verrà alla luce una nuova storia di Marazzi. Si tratta di un giallo soft, in stile Agatha Christie. Concedetemi questo paragone, so benissimo che io tutto intero non sono neppure un capello della Signora del Giallo (Per una volta, sa giudicare se stesso con obiettività. N.D.R.).
Poi, sarà la volta di una storia cruda, forse la più cruda tra quelle scritte finora.
Attualmente, stiamo lavorando – Mrs Mannaia e io – all’editing di una nuova vicenda di Roberto Marazzi.
E, proprio in questi giorni, sta nascendo un nuovo serial killer, a cui il commissario David Walker dovrà dare la caccia.
E poi, e poi, e poi… Chi vivrà vedrà.
E chi non vivrà?
Be’, chi non vivrà credo che molto probabilmente sarà incappato in uno dei miei assassini. (Nonostante la pessima battuta, ride. E pure di gusto! N.D.R.)