Grazia Maria Francese ha pubblicato finora tre romanzi storici: L’uomo dei corvi (Edizioni Tripla E), Arduhinus (Edizioni Tripla E), Langbardar- sole rosso (Aporema Edizioni). Sono ambientati nell’alto Medioevo, come il racconto lungo Willa, terzo classificato a Verbania for Women 2016 e auto pubblicato con KDP solo in inglese. A fine Ottocento è invece ambientato il racconto lungo Sempre più su pubblicato da Oakmond e tratto dal racconto vincitore a Verbania for Women 2017.
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Che genere scrive? Ce ne parla? Ci racconta come mai ha scelto questo genere per esprimersi?
Finora ho scritto solo romanzi storici “duri e puri” con una piccola venatura fantasy. La storia che m’interessa è quella inedita, maliziosa che s’intravede tra le righe delle fonti storiche. Chiedendosi ogni volta: perché? Chi ha fatto avvelenare il re dei Longobardi? Perché Arduino d’Ivrea fu maledetto e scomunicato? Chi avrà istigato al tradimento Akechi Mitsuhide? Vista così la storia, da arido elenco di nomi e date si trasforma in un puzzle avvincente la cui soluzione, quasi sempre, sorprende anche me.

Come scrive? Penna e carta, Moleskine sempre dietro e appunti al volo, oppure rigorosamente tutto a video, computer portatile, iPad, iPhone?
Scrivo su un mini Mac posizionato in camera da letto, d’estate rivolto verso la finestra e in inverno vicino alla stufa. Quando mi assale un’intuizione o mi viene in mente un particolare, lo annoto dove capita. Nella borsetta ho sempre bigliettini del genere: “pagare gas – avocado – Francisco Borgia diventa generale Compagnia di Gesù nel 1567”.

C’è un momento particolare nella giornata in cui predilige scrivere i suoi romanzi e racconti?
Le mie giornate sono così piene che posso scrivere solo la sera. Quando mi capita di riuscire a farlo durante il giorno mi sembra un lusso inaudito,  quasi una colpa: un po’ come restare a letto quando fuori splende il sole.

Quando scrive, si diverte oppure soffre?
Mi diverto un sacco. Se non mi divertissi più smetterei di scrivere.

Nello scrivere un romanzo, “naviga a vista” come insegna Roberto Cotroneo, oppure usa la “scrittura architettonica”, metodica consigliata da Davide Bregola?
Navigo a vista, seguendo non i miei impulsi ma quelli dei personaggi: sono loro a determinare lo sviluppo della vicenda e vanno dove vogliono, spesso in modi che mi è impossibile prevedere. Ciò che m’intriga dello scrivere è proprio vedere i personaggi prendere vita. Seguire un piano preordinato che c’è solo nella mia testa mi annoierebbe a morte.

Quando scrive, lo fa con costanza, tutti i giorni, come faceva A. Trollope, oppure si lascia trascinare dall’incostanza dell’ispirazione?
Quando sto raccogliendo materiale non scrivo una sola riga, dedico le serate a spulciare fonti storiche. Dopo qualche anno, quando lo scenario s’è delineato in modo chiaro, abbozzo le prime scene. Segue un periodo frenetico in cui scrivo ogni sera fino a notte inoltrata. Infine rileggo, limo, verifico, rielaboro, aggiungo o tolgo… è un po’ come cucinare, prima bisogna procurarsi gli ingredienti giusti e alla fine presentare il piatto.

Ama quello che scrive, sempre, dopo che lo ha scritto? 
Amo sempre i miei personaggi, mi chiedo solo che cosa avrei potuto fare di più per renderli vivi.

Rilegge mai i suoi libri/racconti, dopo che sono stati pubblicati?
Rileggo di tanto in tanto i libri già pubblicati e ogni volta ci trovo qualche difetto che non avevo ancora visto, ma credo che questo sia inevitabile per tutti gli autori. In un certo senso esprime una crescita.

C’è qualcosa di autobiografico nel suoi libri?
Io sono medico e la mia professione mi porta a contatto quotidianamente con persone di ogni genere. Adesso sono le loro dinamiche psicologiche, trasferite ovviamente in un altro periodo storico, a emergere nei miei personaggi. Le mie le ho espresse nel primo romanzo pubblicato, ora non mi interessa più parlare di me.

Tutti dicono che per “scrivere” bisogna prima “leggere”: è un lettore assiduo? Legge tanto? Quanti libri all’anno? 
Anche la quantità di libri che leggo dipende dalla fase. Quando sto raccogliendo materiale per costruire lo scenario leggo di tutto, dai romanzi ambientati in quel periodo ai saggi, alle tesi di laurea e soprattutto, per quanto disponibili, le fonti storiche originali. Nella fase in cui scrivo di solito non leggo niente, mi distrae. Riprendo a farlo nella fase di revisione. In genere leggo più saggi che romanzi, non ho mai fatto un conteggio ma direi che supero abbondantemente i cento libri l’anno.

Ha mai partecipato a un concorso? Se sì, ci racconta qualcosa della sua esperienza?
Ho partecipato due volte al concorso letterario Verbania for Women, classificandomi al terzo posto (2016) e poi al primo (2017). Lo stesso anno ho avuto il secondo posto al Premio Cronin, ma non sono riuscita a partecipare alla cerimonia di premiazione e gli organizzatori si sono offesi: da allora evito i concorsi dove non potrei essere presente. Purtroppo le dimensioni dei racconti per i concorsi penalizzano un po’ chi scrive storico. Per far entrare il lettore nell’ambientazione, 8-10.000 battute spazi inclusi sono davvero poche.

A cosa sta lavorando ultimamente?
Sta per essere pubblicato il mio quarto romanzo storico, ambientato questa volta nel XVI secolo. Sarà il primo di una serie di tre romanzi che raccontano una vicenda finora davvero poco considerata, quella dei primi contatti tra Europa e Giappone.

Mi intriga molto la curiosità reciproca che due culture così lontane manifestarono fin dall’inizio, e dura ancora oggi. Questo si collega a un aspetto autobiografico perché, dal punto di vista affettivo, il Giappone è la mia seconda patria.