Il signor Diavolo è un film del 2019, diretto da Pupi Avati. È tratto dall’omonimo romanzo scritto sempre dal regista bolognese.
Roma, 1952. Furio Momenté, giovane funzionario del Ministero di Grazia e Giustizia, viene inviato a Venezia per seguire un caso molto delicato: il quattordicenne Carlo Mongiorgi ha ucciso un suo coetaneo, Emilio Vestri Musy, affermando che egli sia in realtà il diavolo. Questo processo potrebbe rivelarsi dannoso per il governo della Democrazia Cristiana, poiché il delitto è stato fomentato da superstizione religiosa e sono coinvolti un sacrestano e una suora; la madre di Emilio, Clara, era inoltre una fervida sostenitrice della DC, ma dopo l’accaduto è divenuta acerrima nemica della chiesa e del governo. Il compito di Furio sarà condurre un’indagine parallela e trovare elementi che smentiscano il coinvolgimento dei prelati e possibilmente insabbino il caso.
Titolo: Il signor Diavolo.
Regia: Pupi Avati.
Anno: 2019.
Genere: Horror, Thriller.
Sceneggiatura: Pupi Avati, Tommaso Avati, Antonio Avati.
Casa di produzione: DueA Film, RAI Cinema.
Fotografia: Cesare Bastelli.
Con colpevole ritardo vedo il film di Pupi solo adesso. A settembre, a una sola settimana dall’uscita, l’intelligente distribuzione delle multisale lo aveva relegato allo spettacolo di tarda serata che, per di più, iniziava dopo trenta minuti di inutile pubblicità. Questo dovrebbe dire abbastanza sulla situazione del cinema italiano. Perciò è con grande entusiasmo che parlo del Signor Diavolo che è un gotico italiano nella più pura tradizione avatiana. Ok, con La Casa dalle finestre che ridono non si compete, ma questa storia dell’Italia superstiziosa, politicamente ambigua, grottesca e crudele degli anni ’50 (ma oggi?) mi ha preso sin dalle prime sequenze. Diretti con sapiente equilibrio, attori vecchi e nuovi non esagerano mai eppure ci sono momenti, luci e ombre, sussurri che ti mettono la pelle d’oca, come si dice. Una vicenda che mi dicono sia diversa da quella del libro dello stesso Avati e forse si sente nella figura del protagonista, ma che corre via veloce senza momenti di stanca, compiacimenti e parentesi autoriali non richieste. Eppure il ritmo è disteso e ti fa camminare per i vicoli veneziani, i palazzi del potere e le paludi come se ci fossi davvero. Forse resta qualche dubbio da risolvere, ma che volete? È un gotico, una zona d’ombra è d’obbligo. Molti mi dicono che gli effetti digitali disturbano. La visione televisiva non ne risente e sono attimi. Temevo un finale che rovinava tutto e invece, per quanto non imprevedibile, almeno per me, la storia termina in modo secco e coinvolgente. Un onore essere spettatori di un film così ben realizzato con mezzi certamente non faraonici ma con tutte le carte a posto. Grazie, Pupi!
Di Stefano di Marino ricordiamo uno dei libri appena usciti: Manuale di scrittura action e thriller – raccontare il genere e coltivare la creatività
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