Elisabetta Violani, genovese di nascita, è diplomata in lingue e laureata in Scienze Biologiche. Dopo un Dottorato di Ricerca nel campo delle Neuroscienze, lavora a lungo come ricercatrice in Università.
Nel 2016 pubblica “Scrivere per non morire. Memorie tragicomiche di un’ex ricercatrice” (Giovanelli Edizioni), col quale vince il premio “In Punta di Penna” al VII Premio Letterario Internazionale Città di Sarzana 2019. Nel 2018 vengono pubblicati “Cronache dal Quartiere Galleggiante” e “Racconti per fuori di testa”.
Nel 2019 scrive “Il sole bacia chi vuole” (Giovanelli Edizioni) e “Storie magiche per ragazzi in gamba” (Tomolo-Edigiò Edizioni), antologia di favole premiata durante il Festival LibriAMOdena 2019.
Il suo racconto inedito “Meccano” è stato pubblicato sul periodico “Il Nuovo Monviso” in occasione del crollo del ponte Morandi di Genova.
Il racconto inedito “Europa” risulta tra i finalisti del Premio La Quara 2019, e viene inserito nell’antologia “Europa” di Infinito Edizioni.
Nel 2019 partecipa con il racconto “La fetta di pandolce” all’antologia “Natale a Genova” edito da Neos Edizioni.
“Solo uno Sbirro” per Echos Edizioni è la sua ultima opera.
QUI i suoi libri.
Che genere scrive? Ce ne parla? Ci racconta come mai ha scelto questo genere per esprimersi?
Non scrivo opere di genere, mi piace attingere dalla realtà che mi circonda, ispirandomi a fatti realmente accaduti e personaggi veramente esistiti. Secondo me la vita della maggioranza delle persone è fatta di piccole cose, per questo il quotidiano può assumere un valore epico. Ho scritto opere autobiografiche e no, ma che si riallacciano sempre alla vita vissuta. Il tutto poi lo rielaboro con la mia fantasia di autrice, modellando una storia di invenzione. La realtà, secondo la mia personale visione, supera sempre la fantasia e ciò che affonda le proprie radici nel vissuto ha una marcia in più rispetto a ciò che è totalmente inventato, vive di una vita propria che l’autore deve solo saper cogliere.
Come scrive? Penna e carta, Moleskine sempre dietro e appunti al volo, oppure rigorosamente tutto a video, computer portatile, iPad, iPhone?
Uso fondamentalmente il computer per comodità, ma quando mi viene in mente qualcosa da scrivere la prima cosa che cerco sono carta e penna, non il computer.
C’è un momento particolare nella giornata in cui predilige scrivere i suoi romanzi e racconti?
Per lo più scrivo nel pomeriggio, ma non perché prediliga questo momento, il motivo è perché nel pomeriggio sono più libera dagli impegni familiari. Di solito passo almeno due ore al giorno a scrivere.
Quando scrive, si diverte oppure soffre?
A dire la verità non mi diverto, tendo ad essere in tensione, potrei definirla una sorta di sofferenza necessaria.
Nello scrivere un romanzo, “naviga a vista” come insegna Roberto Cotroneo, oppure usa la “scrittura architettonica”, metodica consigliata da Davide Bregola?
Nello scrivere navigo a vista. Ho sempre le idee chiare su dove mi porterà la storia a cui sto lavorando, una sorta di “sensazione di insieme”, ma la strada da seguire la trovo “cammin facendo”…
Quando scrive, lo fa con costanza, tutti i giorni, come faceva A. Trollope, oppure si lascia trascinare dall’incostanza dell’ispirazione?
Se non ho l’ispirazione non posso scrivere perché per me ogni parola è sempre necessaria, mai casuale, mai fine a se stessa.
Ama quello che scrive, sempre, dopo che lo ha scritto?
In linea di massima sì, amo quello che scrivo.
Rilegge mai i suoi libri/racconti, dopo che sono stati pubblicati?
Sempre una sola volta e attentamente perché sono pignola e detesto i refusi. Poi mai più.
C’è qualcosa di autobiografico nel suoi libri?
Il mio primo libro “Scrivere per non morire. Memorie tragicomiche di un’ex ricercatrice” è interamente autobiografico. In gran parte lo sono anche i successivi, “Cronache dal quartiere galleggiante” e “Racconti per fuori di testa”. Il libro più recente che ho pubblicato, “Solo uno Sbirro”, non è autobiografico, ma ispirato a fatti veramente accaduti.
Tutti dicono che per “scrivere” bisogna prima “leggere”: è una lettrice assidua? Legge tanto? Quanti libri all’anno?
Assolutamente sì. Sono una lettrice accanita. Ho cominciato a leggere a sei anni e non ho più smesso. Spesso anche due o tre libri alla volta. Leggo parecchie decine di libri l’anno, per questo ultimamente uso molto l’ebook reader: non so più dove mettere i cartacei. Una volta la mia libreria ha rischiato di crollare e questo episodio l’ho narrato in uno dei miei racconti.
Ha mai partecipato a un concorso? Se sì, ci racconta qualcosa della sua esperienza?
Ho partecipato al “Concorso Internazionale di Narrativa Città di Sarzana 2019” e ho vinto il premio “In punta di penna” con il mio libro d’esordio. Con un racconto sono arrivata finalista al premio La Quara 2019. Attualmente sono giurato di un premio letterario e sto partecipando a un paio di concorsi. Le esperienze sono state sempre molto positive, anche se non ho un forte spirito di competizione, inoltre ritengo che una gara in campo artistico abbia un significato molto relativo. Se partecipo è solo per divertirmi e conoscere altri autori e addetti al mondo dell’editoria che da sempre mi appassiona.
A cosa sta lavorando ultimamente?
Ho un manoscritto, pronto per una prossima pubblicazione già programmata, che non è autobiografico, ma racconta un’esperienza di vita vissuta durante la seconda guerra mondiale.
Attualmente mi sto dedicando a una storia corale che è in buona parte autobiografica, una storia non facile da trattare perché abbraccia un arco di tempo piuttosto lungo che va dagli anni ’70 agli inizi degli anni ’90. Si tratta di uno spaccato di storia del nostro paese visto attraverso gli occhi di personaggi eterogenei ma legati l’uno all’altro, il tutto trattato senza rinnegare lo stile che mi caratterizza e che i miei lettori conoscono. Spero di raggiungere un risultato che mi soddisfi e certamente lo farò leggere a Babette Brown, ma solo quando lo riterrò all’altezza!
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