Siamo lieti di ospitare Paola Gianinetto, scrittrice molto apprezzata di Paranormal Romance.

Buongiorno, Paola. Chi sei? Vivo a Torino e da quasi vent’anni lavoro come adattatrice di dialoghi per la TV.

In che cosa consiste questo lavoro? Mi sono laureata in lettere e dopo la laurea ho seguito un corso di adattamento dialoghi e da allora (ormai da 18 anni) svolgo questo lavoro. Scrivo, cioè, i dialoghi italiani di vari prodotti stranieri (telefilm, soap opera, telenovela, cartoni animati…) adattandoli in italiano dalle varie lingue d’origine.

Allora, scrivere Paranormal Romance è una sorta di secondo lavoro? E da quanto tempo sei una donna multitasking? Una passione, più che altro. Scrivo da sempre, ma solo molto tardi ho provato a farlo sul serio. Qualche volta mi do della stupida per aver aspettato tanto, poi penso che forse era destino: evidentemente, prima avevo altro da fare, non era il momento. O magari sono davvero stata un po’ ottusa, ma è meglio non chiederselo troppo, tanto indietro non si torna. Nel momento in cui ho scritto la prima pagina del primo romanzo ho capito che era quello che mancava nella mia vita, e mi considero fortunata per aver scoperto la mia vera passione. Purtroppo non tutti ci riescono. L’esperienza accumulata grazie al mio lavoro mi è servita moltissimo nella mia carriera di scrittrice, sia perché la struttura di una storia è sempre quella, indipendentemente dal mezzo con cui la si esprime, sia perché la cosa più difficile, nello scrivere un libro, forse sono proprio i dialoghi. E in questo di sicuro sono partita avvantaggiata.

Che tipo di scrittrice sei e qual è il genere che più ti rappresenta? Per risponderti, sono costretta a ricorrere a una frase che mi ha sempre dato un po’ fastidio, perché detta così puzza di ipocrisia: io scrivo innanzitutto per me stessa. So che sembra un luogo comune, ma è la verità. Il fatto che gli altri apprezzino le mie storie è meraviglioso, ma la verità è che le scriverei comunque, perché farlo mi rende felice. E questo è anche il motivo per cui scrivo storie d’amore: perché mi diverto da morire.

Hai un autore (o un’autrice) al quale (alla quale) ti ispiri? Devo dire di no. Il mio modo di scrivere è frutto delle mie esperienze e di tutto quello che ho letto nella mia vita, dai grandi classici ai romanzi d’amore che leggevo di nascosto, perché una volta si faceva così. Se penso ai romanzi che più mi hanno segnata, a parte Il signore degli anelli di Tolkien, che a mio parere è un capolavoro assoluto, e classici come Il ritratto di Dorian Gray che credo abbiano segnato tutta una generazione, mi viene quasi sempre in mente Il maestro e Margherita di Bulgakov. Forse perché l’ho letto in un’età in cui ti sembra impossibile che un essere umano possa esprimere così tanto con una penna in mano. E se parliamo d’amore, non posso tralasciare Jane Eyre, di Charlotte Brontë, un libro che ho riletto innumerevoli volte e che ancora riesce a emozionarmi. Per quanto riguarda il Paranormal Romance e cioè il genere in cui può essere inserita la mia saga “Principi Azzurro Sangue”, se devo citare un nome è sicuramente quello di J. R. Ward, regina indiscussa del genere. Credo di avere qualcosa in comune con lei, ma non posso dire di essermi ispirata ai suoi libri, perché ho cominciato a leggerli solo dopo aver iniziato a scrivere i miei.

Qual è il primo romanzo che hai pubblicato? È stato difficile trovare un editore? Kyler”, il primo libro della saga “Principi Azzurro Sangue”, edita da Emma Books. Ma il primo che ho scritto, in realtà, è “Qui per te”, pubblicato poco dopo. È un Romance Contemporaneo, la mia versione della storia di Cenerentola, una delle fiabe che più amo. Il mio inizio è stato molto fortunato, perché non sono dovuta passare attraverso l’odissea di rifiuti che molti esordienti ben conoscono: Maria Paola Romeo, direttrice editoriale di Emma Books, un giorno ha letto il mio libro, Kyler, e ha deciso di pubblicarlo. Il bello di Emma è che è davvero un po’ una grande famiglia e io ho bisogno di avere intorno persone con cui mi sento a mio agio. Scrivere non arricchisce, se non pochissime persone in Italia, quindi tanto vale farlo in un ambiente che ti fa stare bene. Per il futuro si vedrà. Certo, come per qualunque scrittore, il mio obiettivo è quello di vivere dei proventi di quello che scrivo. Vendere abbastanza non tanto per diventare famosa (sono più il tipo di scrittrice da faro in mezzo all’oceano), ma per poter dedicare tutto il mio tempo a fare quello che amo.

Quale sarà il prossimo? È in via di pubblicazione una novella breve su un personaggio minore della saga di cui ora sto scrivendo il quarto volume, “Aidan”, che se tutto va bene dovrebbe uscire in autunno. Dopo l’uscita di “Liam”, ho messo momentaneamente in pausa i Principi per scrivere una commedia romantica (o romance contemporaneo, o quel che è…) ambientata in Italia. Una storia un po’ particolare costruita su più piani narrativi, su cui però ora non vorrei dire molto, perché ancora non so quale sarà la sua destinazione…

Da dove arriva l’ispirazione? Fin da bambina, sono sempre stata una grande sognatrice a occhi aperti ed è da quei sogni che vengono le mie storie. Già allora, scrivevo dei veri e propri libri nella mente, delle storie perfette, cariche di particolari, emozioni, dettagli, tanto che sarebbe bastato prenderle dalla mia testa e trasferirle sulla carta, per creare un romanzo.

Hai un luogo speciale nel quale ti rifugi per scrivere? Purtroppo no. Dico purtroppo perché sono la classica scrittrice che vorrebbe tanto potersi chiudere in un faro in mezzo all’oceano con i suoi personaggi. Ma il luogo speciale è nella mia mente: quando scrivo, mi disconnetto dal mondo, perché solo così riesco a entrare davvero dentro la storia.

Qual è il tuo metodo di scrittura? All’inizio non ne avevo uno, mi sedevo al computer piena di entusiasmo, idee e buone intenzioni, con il solo ausilio di una trama buttata giù a grandi linee, dove però c’erano sempre un inizio e una fine. Poi, due mie carissime amiche e colleghe mi hanno giustamente redarguita per questa abitudine e mi hanno fatto il grande regalo di insegnarmi che cos’è una scaletta, questa sconosciuta, e il modo giusto per farla. Grazie a loro ho capito che una buona scaletta non è affatto una limitazione alla libertà di espressione, anzi, è il modo migliore per dare libero sfogo alla fantasia senza temere di dimenticarsi dove si voleva arrivare e fare casini prima di riscoprirlo. Da allora, non inizio a scrivere senza.

Come tieni separate (se ci riesci) la vita di tutti i giorni e l’attività di scrittrice? Ecco, questa è la cosa più difficile. E non solo perché quando scrivere non è il tuo lavoro non riesci mai a trovare abbastanza tempo per farlo, ma soprattutto perché mentre scrivo un romanzo con la testa io sono lì, anche quando non sarebbe il caso. Tipo quando parlo con le maestre di mia figlia, o ascolto mio marito che si lamenta della bolletta del gas. Ma alla fine un modo si trova, specialmente quando sei circondata da persone che ti amano e che capiscono che inevitabilmente qualche volta io non sono lì, ma da qualche parte insieme ai miei vampiri.

Vuoi mandare un saluto a tutti lettori? Assolutamente sì! Un abbraccio grande a tutti!

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