Conosco Francesco Mastinu e Guido Spano da parecchi mesi, ma fino al Salone del Libri di Torino la nostra amicizia è rimasta virtuale, coltivata nei rispettivi profili Facebook. Molte chiacchiere e due cene condivise sono state il viatico per questa intervista a cuore aperto.

PARTE PRIMA: INTERVISTA SEMISERIA.

  1. Colore preferito.

Fra: Giallo. Da sempre.

Guido: Azzurro, come il nostro mare, il cielo terso quando soffia il maestrale, gli occhi di mio padre.

  1. Piatto preferito.

Fra: Pasta alla carbonara, senza alcun dubbio

Guido: sformati di verdure, in particolare la torta Pasqualina. Un piatto che non dimenticherò mai lo mangiai a Cracovia, in un ristorante ebreo: involtini di verza ripieni di funghi e cavolfiore tritato, da leccarsi i baffi.

  1. In cucina, come ve la cavate?

Fra: direi bene. Se parliamo di organizzazione familiare spesso cucina Guido, perché io sono pigro. Ma per le grandi occasioni o per piatti particolari, quello delle ricette divento io di sicuro. Mi piace cucinare, ma spesso sono troppo stanco o impegnato per farlo. Lui, ci scommetto, farà la vittima e vi dirà che è tutto sulle sue spalle e che fa tutto lui… bla bla bla…

Guido: discretamente, anche se il tempo è sempre troppo poco. Il problema è che abbiamo gusti diversi, io adoro le verdure e non mangio carne, lui esattamente il contrario. Comunque, dopo qualche battibecco, riusciamo sempre ad accordarci e non patiamo la fame…

  1. Status sentimentale. Rispondo io per voi: fidanzatissimi.

Fra: speriamo presto “Sposatissimi”.

Guido: in realtà è come se fossimo sposati, abbiamo pure acquistato casa. Nel 2008 organizzammo una cerimonia con tanto di Ufficiale di stato civile, testimoni, fedi nuziali e pergamena e una bella festa con tanti amici (avete presente il libro “La corsa di Billy”? Una roba simile) Purtroppo ebbe solo un mero significato simbolico, anche se molto importante per noi e per i partecipanti, tanto che la commozione fu palpabile e sfociò in abbondanti lacrime. Ora confidiamo nella legge sulle unioni civili per dare legittimità al nostro rapporto.

  1. Attrice preferita.

Fra: Nicole Kidman è una dea per me. Ma io amo anche Katie Holmes e Michelle Williams… sono un Dawson’s Creek addicted, senza speranza

Guido: Meryl Streep, è streep…itosa! Uno dei miei film preferiti, che la vede protagonista è senz’altro “La mia Africa”. Se posso attribuire un secondo posto vorrei citare Penelope Cruz, protagonista tra gli altri dello splendido “Volver” di Almodovar. Adesso che ci penso, non posso fare a meno di ricordare Isabella Ferrari e Margherita Buy. Ok, mi fermo qui!

  1. Attore preferito.

Fra: Oh mamma, se faccio un elenco non la finisco più. George Clooney, Ben Affleck, Hugh Jackman e in generale chiunque mi dia l’idea di mascolinità, dote rara in questi ultimi tempi. Il mio primo ed eterno amore però rimane Nicolas Cage. Un sogno in formato video.

Guido: se vi aspettate che faccia i nomi di qualche bell’attore rimarrete delusi. Uno degli attori più espressivi e intelligenti, secondo me è Silvio Orlando. Mi piace ricordarlo nel divertente e acuto “Ferie d’agosto” o nei film di Nanni Moretti, anche lui bravissimo attore oltre che regista. Che dire poi dell’interpretazione di Ernesto in “Fuori dal mondo”, insieme alla Buy (Suor Caterina): semplicemente magistrali.

  1. Serie Tv preferita.

Fra: Dawson’s Creek. L’ho già detto? In seconda posizione Lost, l’idea più intelligente di serial degli ultimi dieci anni.

Guido: qui devo tornare indietro, molto indietro, alla mia infanzia. No, non sto parlando dell’800, ma quasi… Bene, chi ricorda “Belfagor, il fantasma del Louvre”? Quanto mi piaceva e quanto al tempo stesso mi terrorizzava, provocandomi persino gli incubi notturni! Riguardandolo oggi mi accorgo di quanti passi avanti ha fatto la cinematografia, sotto tutti i punti di vista, eppure quella serie mi stregava e non perdevo una puntata. Di quei tempi lontani ricordo anche la serie “I ragazzi di Padre Brown”, “L’isola dei gabbiani” (quasi nessuno la ricorda, ma giuro che esisteva…), “I ragazzi di Padre Tobia”. Passando all’epoca contemporanea, mi piace molto la serie Tv “Che Dio ci aiuti”, anche se ho apprezzato di più la prima e meno le successive. Qualcuno adesso si chiederà ancora come mai nel mio libro “I gatti di Farfa” le suore appaiono con vigore tra i protagonisti? In realtà non credo che loro ricambino la mia simpatia, ricordando quanto le feci tribolare ai tempi dell’asilo… Non male anche la serie Tv in cui la Pivetti fa la professoressa, mi pare che s’intitoli “Provaci ancora Prof” e quella con la Litizzetto, “Fuoriclasse”.

  1. Genere di lettura preferito.

Fra: leggo di tutto, solitamente. Prediligo ovviamente la narrativa anche non di genere, il romantico e le tematiche LGBT, ma mi piace molto anche il Fantasy se ben scritto e l’Horror. Non digerisco Thriller e Gialli, quelli proprio no.

Guido: per quanto riguarda i generi letterari devo dire che sono piuttosto eclettico, passo dal romanzo storico al trattato di fisica (ho una strana fissazione sul gatto di Schroedinger…), dal libro di etologia al romanzo humor, e così via. L’importante è che sia scritto molto bene, altrimenti lo abbandono. Abbiamo poco tempo per sciuparlo in letture che non ci catturino o non ci arricchiscano.

  1. Scrittore preferito.

Fra: Non potrei dirne uno soltanto. Sono cresciuto a Pane e acqua e Stephen King ed Herman Hesse. Amo alla follia Leavitt, Vidal, Genet e Tondelli. Adoro la Yoshimoto e Mishima. Ma rischierei di allungarti il post solo per questa domanda!

Guido: ah, questa la so! Senza dubbio Wodehouse, la cui lettura ha accompagnato la mia ultima infanzia e la prima adolescenza, poi Durrell, con i libri sulla sua simpatica famiglia e i fantastici animali, in particolare quelli ambientati nella magica Corfù, Giorgio Celli e Danilo Mainardi, grandi etologi (Celli anche giallista), Jerome K. Jerome (quanto mi divertii a leggere “Tre uomini in barca”), lo scozzese Mc Call Smith con le diverse serie: quella ambientata in Botswana, con la detective Precious Ramotswe, e le due ambientate a Edimburgo che si aprono con “Il club dei filosofi dilettanti” e “44 Scotland Street”. Facendo anche qui un tuffo nel passato, ho amato anche W. S. Maugham, con il suo “Il filo del rasoio”, “La luna e sei soldi”, “Schiavo d’amore”, e ultima, ma non ultima la Yourcenar, con “Memorie di Adriano”, “Opera al nero” ecc. Ve l’avevo detto che sono eclettico!

  1. Musa ispiratrice.

Fra: Cosa ovvia e banale: i miei affetti. Soprattutto i miei affetti e la realtà che mi circonda.

Guido: madre natura e i suoi animali e l’amore.

  1. Genere musicale preferito.

Fra: Il pop. Melodico, a tinte rock, andante… ma sempre pop. Con predilezione per quello straniero.

Guido: anche qui la lista sarebbe lunga: dalla lirica al pop, dalla musica classica al jazz. Detesto il rap e la metallica.

  1. Cantante preferito.

Fra: sono troppi, non saprei chi citare senza sentirmi in torto con gli altri.

Guido: cito i primi che mi vengono in mente: Mika, Tiziano Ferro, Mina (rosso, un amore che non posso…), Elisa, Battiato, ecc. ecc.

  1. Band musicale preferita.

Fra: Idem come sopra. Tanta bella musica, io di solito amo le canzoni più che chi le canta, comunque.

Guido: per diversi anni ho seguito i Genesis, i Pink Floyd e gli U2, artisti di gran classe. Non da meno “The Cappuccino Kid”, per chi se ne intende un po’ meno questo era il secondo nome degli Style Council di Paul Weller. Oggi non saprei chi scegliere, arriverà qualcun altro, prima o poi.

  1. Social network sì, ovviamente. Perché?

Fra: i social sono una bella e brutta invenzione contemporaneamente. Bella perché ti mette in contatto con molte persone e ti facilita la possibilità di poter intessere relazioni all’esterno da cui magari saresti escluso, e soprattutto ti consentono di mantenere i rapporti, di interfacciarsi con persone da te lontane, ma vicine magari per tanto altro. Brutta perché, come tutte le vetrine che stimolano comunque i narcisismi, portano anche delle conseguenze che, se non sei attrezzato adeguatamente, rischiano di ritorcersi contro di te. Tutto diventa condivisibile, compreso il privato. E soprattutto, non bisogna mai sostituire il social alla vita reale, perché non è la stessa cosa. Il social è solo uno dei strumenti, ma la vita si basa anche sull’immediatezza del resto. Io li uso per il primo principio, sia a livello di attività di scrittura che a livello di mantenere certi contatti.

Guido: ebbene sì, lo ammetto, sono un po’ dipendente e a volte trascuro cose più importanti per perdere tempo su questa invenzione diabolica. Devo dire tuttavia che mi ha consentito di conoscere splendide persone che poi ho incontrato di persona e a cui sono molto legato. Ho trovato anche tante persone maleducate e arroganti, che utilizzano un velo e una copertura per scaricare le proprie frustrazioni. Prima mi arrabbiavo e ci discutevo, facendomi il sangue marcio, ora non interagisco più con loro e li lascio affogare nel loro veleno. Bisognerebbe sempre usare la buona educazione, qualunque sia il mezzo per relazionarsi agli altri. Cattiveria e negatività stiano il più possibile lontano da me.

13227955_1354404134586605_673991268_n

PARTE SECONDA.

  1. Non era sufficiente uno scrittore in famiglia? Che cosa ha spinto Guido a scrivere “I gatti di Farfa”? E come ha “subito” questa novità Francesco?

Fra: a dire il vero io ho sempre tifato, dentro di me, per questa cosa. Nel senso che secondo me Guido aveva delle doti da spendere. Il suo unico difetto, magari, è quello che dovrebbe dare più ascolto ai suggerimenti amici, quando lo stimolano a lavorare e a veicolare le energie su certe direzioni. Ma è una cosa comune a molti di noi, quando ci affacciamo alla scrittura: pensiamo di sapere già tutto e invece scopriamo di essere solo all’inizio di un percorso. Guido ha scritto un libro (e ci scommetto che lo ridirà anche lui) proprio sulla spinta di alcune persone amiche che glielo hanno proposto. All’inizio ero sì, un po’ incredulo, ma non per questioni di gelosia, solo perché non lo ritenevo abbastanza paziente da mettersi in gioco, e mi ha smentito su tutta la linea. Posso dire di essere fiero di lui?

Guido: I gatti di Farfa è nato un po’ per caso. Nel 2013 accompagnai Francesco in quello splendido borgo medievale, in occasione dell’evento “Liberi sulla carta”, per la presentazione di uno dei suoi libri. Rimasi incantato dalla bellezza architettonica e naturalistica del luogo e in particolare dalla presenza di numerose famigliole di splendidi gatti. Incontrai delle belle persone, con le quali strinsi amicizia. Una di queste lanciò un sassolino tra i miei pensieri: “Perché non scrivi qualcosa anche tu?”, mi chiese. La mia prima reazione fu una risata bonaria: “Io? Ma sono pigro e ho poca fantasia.” Rientrato a casa, quel sassolino ogni tanto si agitava nella mia testa e mi fece ricordare che da piccolo scrivevo dei racconti, accompagnando le parole con dei disegni. Iniziai a buttar giù una specie di diario di viaggio, descrivendo gli aneddoti divertenti del viaggio a Farfa. In seguito quegli appunti presero un’altra forma e diventarono il mio romanzo. Per questo devo ringraziare Cristina Lattaro che con stoica pazienza mi ha seguito con una serie di consigli e nella fatica dell’editing e Francesco, che inizialmente rideva dei miei scritti, ma poi mi ha fortemente sostenuto.

  1. Dove scrivete? Avete un luogo particolare? Vi dividete gli spazi?

Fra: Io di norma scrivo a casa, per farlo fuori dovrei essere in luoghi isolati e comodi, che facilitino la concentrazione. Mi può capitare in spiaggia, tuttalpiù. Perciò di solito scrivo a casa, sul letto o alla scrivania, in base alla stanchezza del resto del corpo. Di solito quando scrivo io, lui fa altro. Anche perché mentre lavoro, nel tempo libro, ho bisogno di non essere interrotto; se invece scrive lui, mi dedico gioco forza ad altre attività collaterali perché lui tende a chiedere suggerimenti o letture in itinere. Cosa che io non faccio mai invece, perché sono categorico: schema, scrittura, schema, scrittura e possibilmente apertura e chiusura di un capitolo nella medesima sessione. Per il resto, se posso, musica nelle orecchie con la playlist del lavoro a cui mi sto dedicando. E il resto, necessariamente, scompare.

Guido: per quanto non sia il luogo ideale per la mia vecchia schiena, ammetto che il più delle volte scrivo a letto. L’unico altro spazio che mi viene lasciato è il tavolo di cucina, visto che lo studio (che in realtà è la cameretta dei gatti) viene occupato da Mr. Mastinu, che ne rivendica la proprietà: era la sua camera a casa dei genitori. Mi piacerebbe scrivere all’aperto, sotto l’ombra di alberi lussureggianti, al canto degli uccellini. Poi prevale la pigrizia e rimango a casa. In realtà anche dalla nostra camera da letto si odono uccelli far festa… e sul talamo in fin dei conti mi concentro di più.

  1. Preferenze di scrittura: ordine maniacale, caos creativo? Penna-matita, oppure pc?

Fra: Io scrivo rigorosamente a mano in prima battuta: penna, blocco per i miei appunti e schede, quadernone con le prime stesure. Poi solamente concluso il lavoro di stesura, ribatto tutto al pc e ne approfitto per sgrossare e limare. E successivamente iniziano le sessioni di rilettura ed editing interno, fino a che non sono soddisfatto del lavoro svolto. Direi anche ordine procedurale maniacale. In primis butto giù la creazione del lavoro, le idee che ci devono stare, le schede personaggi e tutti i ragionamenti possibili. Dopo di che una sinossi generale di tutta la trama, suddivisa per punti che poi verrà organizzata in capitoli. Dopo ancora una sinossi per ciascun capitolo, dove fraziono vicende e contenuti. Solo allora, inizio a scrivere. E non faccio nessuna sinossi di capitolo successiva se non ultimo la stesura del capitolo precedente. Che dici, chiamiamo psichiatria?

Guido: al contrario di Francesco, io sono piuttosto anarchico nella scrittura e ho un rifiuto delle regole. Scrivo al pc e seguo l’ispirazione. Come ho raccontato nell’introduzione a “I gatti di Farfa”, può capitare che i personaggi, ingrati verso il loro creatore, facciano un po’ quel che vogliono, con tanto di sberleffi e risate. Quindi è inutile fare progetti su di loro, tanto poi te li mandano a monte.

  1. Vi leggete a vicenda, prima della pubblicazione? Offrite all’altro e ne accettate i consigli?

Fra: prima, finito il mio lavoro, una stampa era dedicata a lui, perché leggesse e mi esponesse un parere o magari correggesse eventuali problemi. Negli ultimi anni ho smesso perché i suoi tempi di lettura si sono dilatati troppo. Tu sei lì che fremi per avere una risposta, e quando vedi che ci passano dei mesi da quando ha aperto il manoscritto l’ultima volta, l’entusiasmo si brucia e alla fine ci rimango male. Per questo ultimamente non gli ho più proposto niente, mi sento trascurato. Lui invece richiede proprio il confronto continuo, in itinere e in finale. A volte vorrei essere carogna e fare come lui, trascurando questo “dovere”, ma non ci riesco mai. Io offro sempre i consigli che mi sembrano ottimali e accetto anche eventuali suggerimenti. Tutto è e rimane comunque opinabile per entrambi, come è giusto che sia. A volte, in ambito familiare si è troppo invischiati per essere realmente oggettivi.

Guido: chiedo sempre a Francesco il parere su quello che scrivo, lui è più bravo ed esperto di me. Poi magari faccio di testa mia, oppure trovo un compromesso tra ciò che penso io e i suoi suggerimenti, abbiamo uno stile molto diverso e quindi l’unica possibilità è la via di mezzo. In medio virtus, dicevano i nostri antenati. Per quanto riguarda i suoi scritti, i miei ritmi sono molto diversi dai suoi e quando sono a metà di un suo romanzo, lui ne sta già scrivendo un altro. Allora si offende e fa sparire i fogli che con tanta fatica avevo letto, tenendomi il broncio per un paio di giorni. Ah… questi giovani d’oggi!

  1. Sempre felici dei successi dell’altro, oppure una piccola spina di invidia vi punge?

Fra: non sono una persona che prova invidia; anche se sembrerebbe strano è un sentimento che quasi mai mi ha preso. Meno che mai in ambito di casa. Scriviamo cose diverse, a volte ci incontriamo per attività editoriali comuni, ma non ho nulla da invidiare a lui, anzi, se diventasse famoso e ricco sarei ben felice. Potrei fare quello per cui mi sento portato: il mantenuto! Quando Guido raggiunge successo o complimenti, io riesco solo a sentirmi fiero di lui. Lo stesso meccanismo che provo per i miei amici e amiche scrittori. Non posso invidiare il talento, al massimo lo reclamizzo come posso per farlo conoscere ancora di più. Credo che questa sia l’unica cosa giusta da fare.

Guido: premetto che non potrei mai competere con lui, come ho già detto è molto più bravo di me. Piuttosto invidio il suo zelo, la sua capacità di scrivere tutti i giorni, a qualsiasi ora e dimenticando tutto il resto. Io, come accennavo prima, sono pigro e discontinuo e se non ho un bel po’ di tempo a disposizione non riesco a dedicarmi alla scrittura o ad altre attività creative. Qualche anno fa scoprii la pittura, dipinsi alcuni quadri, ritraendo animali o comunque la natura. Strano, vero? Nel corso della mia vita ho avuto tante passioni durate solo qualche tempo, ma questa non la voglio abbandonare. Sto divagando, lo so, ok rientro subito nel tema!

  1. Come avete affrontato la vostra prima pubblicazione? Panico totale? Sovrana indifferenza?

Fra: Molta, molta, molta… molta aspettativa. Ero ancora inesperto, avevo solo dei principi base nella mia mente: il lavoro sul testo, che ho fatto e imparato grazie ad amici scrittori con cui mi sono confrontato, e il principio di non pubblicare a pagamento. Per cui, era l’anno 2012, quando mi selezionarono per un editore free pensavo che avrei fatto strada, e di aver raggiunto una meta, solo perché non conoscevo le dinamiche editoriali e il percorso invece non solo era all’inizio, ma pure in salita. Nel mio piccolo ho solo cercato, viste certe situazioni, di passare in punta di piedi. L’aspetto più bello è e rimarrà sempre il gradimento dei lettori che mi scrivono e mi cercano per parlarti di cosa il libro che ho scritto gli ha dato. Una sensazione bellissima, che ripaga di tutte le disillusioni e di tutte le fatiche. Sempre.

Guido: quando per la prima volta ho potuto tenere in mano il mio libro ho provato una bella sensazione, un misto di orgoglio e incredulità. Sebbene mi sia divertito a scrivere “I gatti di Farfa”, essendo un libro prevalentemente umoristico, ho faticato tanto nella fase di editing e raggiungere il traguardo della pubblicazione è stato emozionante e liberatorio al tempo stesso. La cosa più strana mi succede durante le presentazioni, è come se vedessi un film, vivo il tutto in maniera ovattata, affievolita. In realtà mi accade la stessa cosa ogni volta che sono coinvolto in qualcosa di importante, bella o brutta che sia. Spero che tra i lettori dell’intervista non ci siano degli psichiatri, la diagnosi sarebbe infausta!

  1. Svolgete lo stesso lavoro, quello di assistente sociale. In che cosa consiste e quali sono i problemi che vi trovate ad affrontare, quotidianamente?

Fra: Essere assistente sociale al giorno d’oggi vuol dire aiutare le persone a fare i conti con i propri problemi, barcamenandosi tra interventi statali che non risolvono le criticità e spesso il malessere interno e specifico di chi ha bisogno d’aiuto, e in questi tempi di crisi e di impoverimento sociale lo è più che mai. Noi, per vocazione, siamo agenti di cambiamento, il problema è che a volte è difficile raggiungere questo risultato, ovvero che la persona sia sul serio autonoma. Una cosa bella tra di noi è che, nonostante a volte facciamo un lavoro molto stressante e molto alienante emotivamente, non ci portiamo il lavoro all’interno della coppia, se non solo in situazioni eccezionali, quando c’è bisogno di supporto. A casa siamo Guido e Francesco, gatti, letture, scritture e amici. È il nostro salvavita.

Guido: i problemi dell’esistenza umana: povertà di vario tipo, conflitti relazionali, abbandoni, lutti, malattia, disabilità. Occorre un certo distacco professionale per riuscire ad aiutare le persone, altrimenti si rischia di rimanere invischiati nelle situazioni e l’azione non può essere efficace. Ciò non significa essere insensibili, anzi è necessaria una buona dose di empatia, cercando di mettersi nei panni degli altri e capire la loro sofferenza. Il giusto equilibrio tra questi due aspetti necessari nella nostra professione si raggiunge solo con l’esperienza, ma si deve partire da una base imprescindibile di predisposizione e attitudine per l’aiuto agli altri.

  1. Come conciliate le due facce della vostra giornata: quella di assistente sociale e quella di scrittore?

Fra: sacrificando l’aspetto artistico, purtroppo. Lavorare ci serve per vivere e il nostro lavoro è comunque piuttosto pesante in termini psicologici, e ci impegna tutta la settimana. Il resto del tempo va suddiviso tra faccende, incombenze e poi, forse, il lavoro artistico. Io cerco di scrivere con metodo anche temporale durante la settimana, ma non sempre quel che programmi poi si concretizza. Basta un’urgenza (che nel nostro lavoro è la prassi) e tutto salta.

Guido: purtroppo il lavoro che svolgiamo ci sottrae tantissime energie e spesso, durante la settimana, una volta rientrati a casa non si riesce a fare altro che le cose indispensabili del ménage quotidiano. Per quel che mi riguarda, tuttavia, in genere riesco a lasciare in ufficio i problemi lavorativi e a casa quelli personali, separando le due sfere. Ovviamente ci sono le eccezioni dovute a fatti più gravi e coinvolgenti. Come dicevo poco fa, per dedicarmi alla scrittura ho bisogno di relax e di una quantità discreta di tempo a disposizione, pertanto è raro che riesca a farlo nei giorni feriali, mio malgrado. L’ideale sono le ferie o le feste. I ponti poi li adoro!

  1. Una serata in casa con i Fagiolini (ormai famosi quanto voi su Facebook): descrivetela.

Fra: I Fagiolini hanno bisogno di costanti attenzioni: mangiano, giocano, richiedono la nostra presenza spesso e volentieri, dormono sopra di noi, spesso invadendo anche la nostra intimità, momenti per cui, a volte, mi adiro. Forse perché, per quanto io abbia bisogno dei mici, ho bisogno anche di stare in coppia a livello affettivo, e loro questo a volte non lo capiscono. Ma non pretendo che succeda. Fagiolina è entrata nella mia vita 9 anni fa, ed è come la mia anima gemella. Io e lei non ci separeremo mai. Magari entrambi avremmo preferito fare a meno dei tre figli discoli… *risata*

In teoria la serata con i Fagiolini è molto routinaria. Loro si sono adeguati anche ai nostri ritmi sonno-veglia, ma non transigono sugli orari della pappa. Chissà poi perché…

Guido: in realtà i Fagiolini sono molto più famosi di noi! Le serate con loro sono tante, siamo diventati molto più casalinghi da quando sono entrati nelle nostre vite. Per buona parte della serata sonnecchiano nel lettone o nelle loro cuccette, si svegliano circa un’ora prima della pappa, ad eccezione di Billy che è il più dormiglione e spesso lo dobbiamo svegliare noi, e iniziano a richiedere attenzioni. Alle sette in punto la loro cena viene servita, dopo di che si fanno coccolare o giocano tra loro e con noi, con una pallina o qualche altro giochino. La loro presenza ci rasserena e ci rassicura, in fondo sono i nostri bambini.

  1. Che cosa vi regala il rapporto affettivo con i vostri gatti?

Fra: Tante belle cose. È come avere una sorta di figli (anche se non è per niente la stessa cosa), un continuo sperimentarsi sul campo e un affetto incondizionato che ricevi, oltre che dai. Rapporti che, sovente, tra umani sono impossibili.

Guido: sono i nostri figli… forse qualcuno sostiene che non sia così? Sono teneri, dolci, adorabili. Sornioni ed eleganti, determinati e affettuosi. Al contrario di ciò che si possa pensare, sono molto dipendenti da noi e quando dobbiamo allontanarci per qualche giorno, ne soffrono: vomitano e fanno pipì per terra. Penso che si sentano abbandonati e questo mi fa star male. Abbiamo dovuto ridurre i tempi di permanenza fuori casa, per viaggi di piacere o altro. Un tempo non riuscivo a sopportare l’idea che potessero passare una sola notte da soli, pertanto quando partivamo venivano degli amici a stare a casa nostra. Ora questo non è più possibile perché tutti hanno i loro impegni e viene a dar loro la pappa due volte al giorno una gentilissima parente. In ogni caso non riusciamo a resistere senza di loro per più di cinque giorni e quando rientriamo dobbiamo fronteggiare il loro broncio per almeno due giorni. Poi tutto torna come prima, i quattro bambini pelosi, i loro due papà e tanto tanto amore.

—————————————————————————————————————-

13246126_1354404014586617_708213777_n

Francesco Mastinu (12/02/1980) vive a Cagliari circondato dal sole e dal mare sin dalla nascita. Lavora nell’ambito delle politiche sociali, è anche un autore e blogger. Dopo alcuni racconti di vario genere in antologie collettive e dopo qualche pubblicazione di genere omoerotico, ha esordito nel 2012 con suo romanzo “Eclissi”(Lettere Animate Editore), riscuotendo un buon apprezzamento dalla critica. Nel 2014 ha pubblicato “Polvere” (Runa Editrice), suo secondo romanzo, e la raccolta di racconti “Concatenazioni” (6Pollici Edizioni), tutte produzioni a tematica LGBT.

Ha inoltre pubblicato la serie “Emozioni del nostro tempo” per l’editore Amarganta, attualmente di tre volumi con Falene (2015) Foglie (2015) e Sono solo Parole (2016).

Dal 2011 inoltre segue il blog “Personaggi in cerca di editore”  occupandosi di libri, editoria e diritti per le persone omosessuali e presta la propria attività sui medesimi temi in svariati network web noti a livello nazionale.

Da gennaio 2015 è direttore editoriale della collana LGBT per l’editore “Amarganta” e gestisce il network/blog “Vite Arcobaleno”.

Ha inoltre curato la prefazione per il libro “I gatti di Farfa” di Guido Spano, edito da Amarganta, ed è curatore della raccolta di racconti di autori vari “Oltre l’arcobaleno”, il cui ricavato andrà in beneficienza a un’associazione per i diritti LGBTI in uscita a maggio 2016.

OoO

Guido Spano nasce nel 1964 in Sardegna, dove vive tuttora, nonostante sia convinto di essere un cittadino del mondo. Convive e lavora in campo sociale. Appassionato di filosofia ed etologia, ama i temi naturalistici, la tutela dell’ambiente e i suoi teneri cuccioli felini (di seguito nominati: Codino, Sissi, Billy e Fagiolina) da cui non riesce mai a staccarsi. Si definisce un lettore onnivoro e tendenzialmente molto esigente. Poi, un giorno… ha iniziato a scrivere quasi per gioco e gli è piaciuto proseguire.“I gatti di Farfa”, suo primo romanzo, è il risultato di questa sua scommessa.

Gestisce, insieme all’Editore Amarganta, il blog “I Gatti di Farfa” e l’omonima pagina Facebook.

OoO

Dal 03/07/2001 Francesco è il compagno di Guido, con il quale condivide la professione, la passione per la lettura e i gatti.

Si sono conosciuti diversi anni fa all’università, e nonostante tutte le difficoltà che hanno incontrato per via delle famiglie di origine e del divario generazionale, convivono tutt’oggi, stando insieme da quasi quindici anni. La loro vita in comune è regolata dalla presenza di ben gatti gatti (noti ai più come i Fagiolini) che scandiscono tutte le loro attività quotidiane. La prima volta che Francesco lo ha conosciuto, ha sentito dentro il desiderio di starci insieme, nonostante all’epoca non avesse chiara nemmeno lui la natura dei suoi desideri. E quel desiderio non lo ha mai abbandonato dopo tutti questi anni, perché basta fissarsi negli occhi e stringersi forte per dimenticare tutto il resto, anche quando litigano, cosa che accade spesso: Guido è fissato con l’ordine della casa, l’argento e l’arredamento elegante, mentre Francesco, come tutti gli artisti, ama trovare le sue cose nell’immediatezza del caos e ha la predisposizione per la tecnologia. Guido è pacato, Francesco irascibile, l’uno perdona dove l’altro stuzzica di continuo.

Francesco e Guido si amano, l’unico desiderio che rimane inappagato è il matrimonio, che lo Stato impedisce loro di realizzare.