Abbiamo stanato dalla sua bella casa Cristiana Verazzo che, da un po’ di tempo, latita sui social. Una chiacchierata e… la ricetta della Genovese tutta per noi. Grazie, Cri!
Ricordo quando ho cominciato ad approcciarmi alla cucina, ed ero già grande: tutto un mondo da scoprire, per imparare e condividere.
C’è poco da fare, in Italia mangiamo bene, ed essendo io una persona curiosa (assaggio anche pietanze in cui ci sono alimenti che non gradisco, per dire) ho avuto un approccio ai fornelli a 360°. Mia madre cucina molto bene, specialmente cotture lunghe e fritti (dici niente!), invece io vado di pesce ed esotico (tzatziki, guacamole, gyōza). Mia nonna materna (ligure) era una maga della cacciagione, oppure delle lumache, che raccoglieva lei stessa, così come i funghi.
Bene. Ora immaginate me che, per la prima volta, mi imbatto in una Genovese… Scioglievolezza al palato, tripudio di profumi che evocano ricordi di casa, di piovose domeniche in famiglia a gustare questa prelibatezza.
“Mamma, com’è che si fa la Genovese?”
Spallucce.
Quindi, alla prima occasione, incastrai mia nonna in un angolo e chiesi: “Qual è la vera ricetta della Genovese?”
Lei mi fissò perplessa, scosse la testa e mi fece un cenno con la mano: “Che cosa vuoi?”
Cominciò così il mio viaggio alla ricerca della ricetta della Genovese.
Dove mai affondava le sue radici quella ricetta?
Guarda un po’, è CAMPANA!
Non ci potevo credere!
All’epoca non c’erano ancora i social (se sì, io non ne facevo parte), né si usava internet come una finestra sul mondo; quindi reperire notizie certe non è che fosse proprio semplice. Mi adoperai con buona lena e tra altre delizie scoprii come fare la Genovese.
Ovviamente ognuno ha la sua ricetta e ti dirà che è quella vera. Io credo che se camminassimo in un vicolo dei Quartieri Spagnoli, su dieci famiglie avremmo dieci ricette, simili ma diverse.
Io ho la mia, perfezionata nel tempo secondo il MIO gusto, infatti è la MIA Genovese. Scusate il paraustiello (googlate per comprendere) e passiamo ai fatti seri!
Un paraustiello è una scusa particolarmente argomentata, ma improbabile, utilizzata per convincere il nostro interlocutore di qualcosa di insostenibile. N.D.R.
Per preparare la Genovese, bisogna armarsi di… pazienza. È un piatto che necessita di tempo, ma anche di amore e, mentre lo cucinerete, vi scoprirete più rilassate, perché la sua luuuunga cottura (almeno cinque ore) vi porterà a un incontro con voi stessi: si sbloccheranno ricordi di cui non avevate memoria, e non importa se non siete campani! Le materie prime risuoneranno come archetipi per il vostro olfatto. Sto davvero divagando troppo, quindi bando alle ciance.
Ricetta
Per 6 persone (ma se a tavola c’è Tore, fai 4)
500 gr. di ziti spezzati a mano (per mio gusto preferisco un formato rigato, quindi tortiglioni trafilati al bronzo).
650 gr. di scamone (lacerto, muscolo).
1,5 kg. di cipolle ramate (se vi piacciono le rosse di Tropea vanno bene comunque, la carne verrà più dolce e delicata).
2 coste di sedano.
2 carote piccole.
150 gr. di vino bianco.
Olio extravergine di oliva q.b.
Sale.
Pepe.
Aromi in mazzetto (sedano, prezzemolo, alloro, salvia, maggiorana).
Parmigiano Reggiano.
Prepariamo un trito fine di sedano e carote e versiamolo nell’olio caldo in un bel saltapasta dai bordi alti. Lasciamolo cuocere a fuoco medio.
Uniamo la carne (meglio se in un pezzo unico) e sigilliamone ogni lato con cura.
Aggiungiamo le cipolle tagliate a fettine sottilissime.
Pizzichino di sale, coperchio e fuoco più piccolo al minimo.
Non sarà necessaria acqua. Grazie alla cottura e al coperchio, le cipolle rilasceranno tutto il loro liquido.
Cominciano le prime DUE ore. Ogni tanto smuoviamo la padella e controlliamo che la carne sia coperta, prima dalle cipolle, poi dal liquido rilasciato.
Prepariamo un mazzetto aromatico e aggiungiamolo alla carne.
Allo scadere della TERZA ora di cottura, togliamo il coperchio, eliminiamo il mazzetto, alziamo la fiamma a fuoco medio e aggiungiamo il vino.
Lasciamo che evapori completamente, poi riabbassiamo il fuoco al minimo. Un altro po’ di sale e pepe (assaggiamo!), coperchio e vai per un’altra ora. E sono QUATTRO.
Allo scoccare della QUINTA ora, possiamo girare la carne. Vedremo che si sbriciolerà a ogni tocco, annegando nella crema di cipolle e formando un tutt’uno con essa.
Buttiamo la pasta in acqua salata, scoliamola al dente e versiamola nella Genovese, facendola amalgamare per qualche minuto sulla fiamma.
Parmigiano sì o no? Dipende dai gusti. Io lo preferisco e nel mio piatto do anche una macinata di pepe fresco.
E ora, pronti a incontrarvi con voi stessi?
Cristiana Verazzo ha abbandonato la scrittura da un bel po’. Le esigenze familiari sono sempre venute per lei prima di ogni altra cosa. Peccato, perché la Genovese sarà anche buonissima, ma i romanzi spicy di Cri non erano niente male. Se volete dare un’occhiata… QUI.
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