Qualche tempo fa, i figli dei vicini ci hanno invitati a giocare a suikawari, “rompere l’anguria”.
Il frutto viene posato in terra su una stuoia pulita. A turno, ciascun giocatore viene bendato e fatto girare su se stesso per disorientarlo, poi lo si lascia andare. Gli altri lo dirigono: avanti, a destra, un po’ a sinistra, indietro… quando gli dicono che è nel posto giusto, alza la mazza da baseball (o la più tradizionale spada di legno) e se va bene colpisce l’anguria.
Noi eravamo la giuria. Prima classificata la nonna dei bambini: con un colpo deciso l’ha fatta a pezzi, della grandezza giusta per essere mangiati.

Questi vicini, che abitano in cima alla salita, sono i più simpatici. Non che gli altri siano scortesi, tutt’altro: saluti e inchini, però non osano avvicinarsi alla straniera. La nonna dei bambini, invece non nasconde la sua curiosità. Quando abbiamo fatto i fuochi d’artificio per festeggiare la luna piena d’autunno, abbiamo chiacchierato un bel po’ su come si vive in Italia.
Fa strano vedere dei bambini giocare in strada, ma questa è una zona residenziale alla periferia di Tokyo: ville e villette, ciascuna con il suo pezzo di giardino. Perlopiù è solo una striscia di terreno tra casa e recinzione o un fazzoletto di prato inglese, ma in ogni caso è bordato di fiori.
Poi, dopo anni di cura del giardino, magari il proprietario finisce in ospedale o in una casa di riposo, e la sua casa diventa una casa fantasma. Erbacce crescono fin sulla soglia, liane rampicanti inghiottono la bici, le finestre si coprono di ragnatele.
È ciò che sarebbe accaduto a questa casa, non fossi arrivata io.

Come tutti gli aspetti della società giapponese, anche i rapporti tra vicini sono inquadrati in un sistema gerarchico: ci sono sempre un alto e un basso, qui.
Il “capo” di questo gruppo di abitazioni è un signore di mezza età, proprietario della maggior parte dei terreni agricoli che stanno dietro le case. Poi ci sono gli altri, in ordine di anzianità abitativa e altri fattori, come le dimensioni della proprietà.
La nostra casa è molto grande, ha un bel giardino pieno di massi dalle forme strane e piante e fiori a profusione. Non ho ben capito se il mio arrivo ci abbia fatto salire o scendere nella scala gerarchica, e non voglio saperlo. Il rispetto è dovuto a tutti: anche a chi sta al gradino più basso della scala, come gli inquilini degli appartamenti di fianco. Giovani coppie con bimbi piccoli, o single che la sera fanno tardi con gli amici. Stanno qui per un po’, in attesa si trasferirsi in una zona più vicina alla stazione.

Quali siano di preciso i compiti del “capo”, non lo so. Probabilmente deve fare da paciere in eventuali litigi, ma qui non ce ne sono. Suppongo debba fare da collegamento con le autorità in caso di terremoti, alluvioni e calamità varie, ma spero di non vederlo mai in quella funzione.
Per il momento, la sola cosa che ha da fare è passeggiare ogni tanto per i sentieri che separano le case, salutando con aria affabile quelli che incontra. E poi gli spetta la manutenzione dell’edicola con le statue di Jizō, che si trova giù accanto alla fermata del bus.

Jizō é una divinità molto venerata in Giappone. Sempre che si possa chiamarlo “divinità”: il Buddhismo, in effetti è una religione senza dio. Tutti gli esseri viventi salgono e scendono, in base alle loro azioni, la scala gerarchica (anche qui…) delle sfere di esistenza.
Sopra la sfera umana c’è quella dei Tenbu (spiriti celesti) un po’ come i nostri angeli. Più su quella dei Bosatsu, come appunto Jizo: esseri che hanno avuto la possibilità di uscire dalla ruota delle rinascite e diventare Nyorai  (i veri e propri Buddha) ma sono rimasti quaggiù per aiutare gli altri.

Jizo protegge i viandanti, perciò lungo le strade si trova sempre qualche statuetta di pietra che lo raffigura. Protegge inoltre le creature fragili, come cuccioli e bambini. Questo è il motivo per cui le statue di Jizo hanno bambini in braccio e indossano berretti, bavagli o grembiulini, sempre di colore rosso (porta fortuna).
Su un pilastro della nostra edicola, di legno annerito dalle intemperie, sono incisi questi ideogrammi: “Jizo-sama, proteggici dai disastri e fa’ crescere i bambini”.
Con i missili nord coreani che ci passano sopra la testa, direi che ce n’è bisogno.

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