“In Italia c’è una regione che si chiama Abruzzo, dove si trova un grande parco naturale. Lì un’orsa passeggia tranquillamente per le strade dei paesi con i suoi cuccioli. Non aggredisce nessuno e nessuno si sogna di farle del male. L’hanno chiamata Amarena.”
Fino a qualche giorno fa, quando si parlava del rapporto tra umani e fauna selvatica potevo raccontare questo. Ora non più. A distruggere un miracolo fatto di amore e reciproca fiducia, è bastato che un ****** premesse il grilletto del fucile da caccia.

In Giappone una cosa del genere difficilmente sarebbe potuta accadere, perché il possesso di armi da fuoco è sottoposto a severe limitazioni. La licenza ai civili viene concessa solo dopo avere superato una serie di test che riguardano diversi aspetti, compresi quelli psicologici: basta, ad esempio, il sospetto di una violenza familiare per bloccarne il rilascio. La licenza consente di possedere una sola arma (in Italia sono dodici, se non sbaglio) e ogni tre anni va rinnovata, ripetendo tutti i test. Anche per questo, i cacciatori qui sono proprio pochi.
La limitazione sulle armi da fuoco, di certo non impedisce che in Giappone ci siano episodi di violenza. La gente si accoltella anziché spararsi. Se l’uccisore di Amarena avesse avuto a disposizione solo un coltello da cucina, però, voglio vedere se avrebbe osato usarlo.

Anche senza doppiette, il Giappone non è il paradiso della fauna selvatica, tutt’altro. Difficoltà di convivenza tra umani e animali ce ne sono parecchie, pure qui.
Hokkaido, la grande isola del nord, conserva tracce della cultura Ainu, dove l’orso era oggetto di venerazione. Finché frequentano campagne e villaggi, gli orsi lì sono lasciati in pace. Il guaio è che non trovando più salmoni nei torrenti, orsi affamati frequentano sempre di più le aree residenziali e a volte, purtroppo, aggrediscono gli umani.

ORSO NERO DEL GIAPPONE – FOTO WIKIPEDIA COMMONS

La città di Takikawa, nell’Hokkaido, ha installato nelle strade robot chiamati monster-wolf. Sono a forma di lupo. Quando si avvicina un orso, il robot ne rileva la presenza ed emette un forte rumore che cambia di continuo, per evitare l’abitudine. Pare che funzioni.
In un programma televisivo invece una signora anziana, per coltivare il suo orticello, allontanava gli orsi accendendo hanabi: fiori di fuoco, vale a dire i fuochi d’artificio. Quelli domestici per festeggiare il capodanno o altro, sono venduti ovunque.

A parte le soluzioni tecnologiche o fai da te, gli orsi considerati pericolosi temo vengano abbattuti dalle forze dell’ordine, passando la cosa sotto silenzio. Ufficialmente si parla di proiettili anestetizzanti, cattura e rilascio nell’ambiente naturale.
Già, questo è il punto. Quale ambiente?
Se gli animali selvatici entrano negli spazi urbani, di certo non è perché siano cattivi o aggressivi. È l’uomo a disturbarli per primo, alterando l’equilibrio.
Qui, soprattutto nelle zone più fittamente popolate si costruisce ancora alla grande: strade e autostrade, linee ad alta velocità, ponti, enormi centri commerciali e zone residenziali create ex novo, sconvolgendo intere colline. Se distruggiamo l’habitat degli animali selvatici, mi sembra del tutto normale che loro invadano il nostro.

OCEANO PACIFICO COSTA PENISOLA DI CHIBA – FOTO GMF

Nella parte meridionale dell’isola di Honshu c’è la città di Yamaguchi, dove le scimmie sono un’attrazione turistica. Sono famose in tutto il mondo le foto di macachi immersi nelle sorgenti calde. Con la scomparsa dei grandi predatori, però, i macachi si sono moltiplicati a dismisura e invadono la città in cerca di cibo: sono molto intelligenti, per cui non si farebbero mai ingannare da un robot. A Yamaguchi, l’estate scorsa una gang di macachi ha aggredito più di 50 persone, entrando perfino dalle finestre delle case.

MACACHI GIAPPONESI NELLE SORGENTI CALDE – FOTO FREE PIXABAY

C’è chi mitizza la cultura giapponese come un modello di armonia con la natura. In effetti lo Shinto, religione animista tradizionale, considera spiriti alcuni animali. Le volpi bianche sono  messaggere di Inari, dea del riso e della fecondità.

VOLPI BIANCHE DI INARI – FOTO GMF

Il cane procione (tanuki) fin dall’antichità è considerato un essere soprannaturale, maestro degli inganni, capace di cantare e trasformarsi in uomo.

IL MALIZIOSO TANUKI (CANE PROCIONE) – FOTO GMF

I cervi sono pure animali sacri, messaggeri delle divinità, associati all’autunno e alla malinconia. Tutto ciò, oggi contribuisce a far fiorire la produzione di souvenir e ispira i disegnatori di manga, però non sembra avere ricadute sul comportamento della gente.

CERVO SACRO – FOTO GMF

Nel Giappone antico, sotto l’influsso del Buddhismo, l’uccisione di animali era considerata una colpa. Nel VII secolo l’imperatore Tenmu vietò il consumo di carne e tale divieto restò in vigore per moltissimo tempo. Quando arrivarono nel XVI secolo, i Gesuiti furono oggetto di disgusto perché macellavano animali e ne mangiavano la carne. Alessandro Valignano, protagonista della mia trilogia (di cui sono usciti i primi due volume, N.D.R.), per favorire l’adattamento culturale lo proibì.
Ci volle un altro imperatore, Meiji, per rompere il tabù consumando carne di manzo in pubblico (1872), cosa che scatenò perfino ribellioni. Oggi però i giapponesi hanno cambiato le loro abitudini alimentari e benché costi parecchio, la carne non manca quasi mai sulle loro tavole.

“Beata te, che sei andata a vivere in un paese civile”, mi dicono amici italiani. Mah. Di certo dai giapponesi abbiamo molto da imparare: efficienza, cortesia, operosità, quello che volete. A volte però ho la sensazione che in questo paese le realtà sgradevoli siano nascoste, come se si facesse sparire la sporcizia sotto il tappeto.
Una di queste realtà riguarda gli animali domestici. Succede sempre più spesso che restino abbandonati, ma non di proposito: è perché con l’invecchiamento della popolazione, i loro umani finiscono in qualche struttura o semplicemente muoiono.
Cani e gatti rimasti orfani se la vedono brutta. Si cerca di organizzare un’adozione. Se non riesce, dopo una settimana finiscono in camera a gas. Questo è il soggetto di un film strappalacrime, “Himawari to koinu no nanokakan” (sette giorni per Girasole e i suoi cuccioli). È un film stupendo e pieno di speranza, ma tra quelli che conosco qui, nemmeno una persona che lo abbia visto.

Altro punto dolente: la fauna acquatica. Non parlo solo della caccia alla balena, che il Giappone si è ostinato a praticare in tutti gli oceani fino al 2019. Ora deve limitarsi ai propri mari, dove le balene sono rimaste poche: inoltre, per ragioni culturali e di gusto, il consumo di carne di balena fortunatamente è crollato, soprattutto tra i giovani.
Si ha però l’impressione che per i giapponesi i pesci siano solo cibo, non esseri viventi. I cacciatori saranno anche pochi, ma c’è un esercito di pescatori. Si vede di continuo alla tv qualche povero tonno o altro pesce che si dibatte, mentre i commentatori applaudono ridendo.
Anche l’attenzione verso l’ambiente marino è piuttosto scarsa. I vincoli paesaggistici qui  sembrano sconosciuti: enormi hotel sorgono nei punti più pittoreschi della costa, senza riguardo per la loro integrità e si ha l’impressione che in mare vada a finire un po’ di tutto, come se fosse un immondezzaio.

NIENTE VINCOLI PAESAGGISTICI SULLE COSTE GIAPPONESI – FOTO GMF

Ora si è scatenata la polemica sull’acqua di Fukushima scaricata nell’oceano. Di certo è strumentalizzata da paesi che ne combinano di ogni, altro che questo: sembra però che la gente qui non si interessi molto ai possibili danni. La loro preoccupazione è più che altro per le ricadute sull’industria ittica.
Il primo ministro ha voluto dimostrare in modo plateale che il pesce di Fukushima è sicuro, consumandolo in pubblico. Forse voleva imitare l’imperatore Meiji e il suo celebre pasto a base di manzo, però di ribellioni non ce ne sono state.
Questo paese, per via del suo retaggio storico, nutre un sacro rispetto nei confronti delle autorità. Non ci si sogna di criticare chi riveste certi ruoli: qualunque cosa abbiano fatto, o non fatto o avallato facendo finta di non vedere, restano al loro posto finché campano.
Io non so, non c’ero e se c’ero, ho dorm… hito.

Vi presentiamo i primi due volumi della trilogia “MILLE RIMPIANTI”.

Nel Giappone del sedicesimo secolo, l’erede della casata Oda riceve dal padre una missione impossibile: unificare il paese. Nobunaga però continua a vivere da scapestrato, senza curarsene, finché gli intrighi del fratello e la minaccia di nemici esterni lo costringono a difendersi. Diventato famoso grazie all’inaspettata vittoria riportata contro gli Imagawa, Nobunaga poco a poco si immedesima con il compito che gli tocca. Oltre a diventare uno stratega eccezionale deve però costringersi a essere sempre più spietato, estirpando dal proprio animo ogni traccia di umanità.
Nel frattempo, nell’Italia della Controriforma, Alessandro Valignano viene avviato agli studi dal padre, un nobile abruzzese. L’amore per Francesca, un’apprendista cortigiana di Venezia, lo travolge in complicazioni che lo fanno finire in carcere. Carlo Borromeo interviene a liberarlo, ma la condizione è che Alessandro entri in un ordine religioso: la Compagnia di Gesù.
L’uomo del Rinascimento e il samurai s’incamminano verso un incontro che cambierà il destino di entrambi oltre che dei cristiani giapponesi, sempre più numerosi in un paese ancora dilaniato dalla guerra.

Lisbona, marzo 1574: caracche e galeoni salpano verso oriente. Tra i passeggeri che affrontano la perigliosa traversata fino all’India e oltre, c’è il gesuita Alessandro Valignano. Gli è stato assegnato dal Generale della Compagnia l’incarico di Visitador (ispettore) delle missioni in Africa e Asia. Si avvera per lui il sogno di una vita, abbandonato dopo una giovinezza turbolenta e poi riapparso, quasi suo malgrado: varcare gli oceani fino al remoto Japòn.
Oda Nobunaga, il signore della guerra che sta riunificando il paese, protegge i cristiani. Questi però non sono che pedine nel gioco politico/militare dell’epoca e rischiano di essere sacrificati a ogni nuovo sviluppo. Il personaggio più temibile è lo stesso Nobunaga, che lunghi anni di lotta per la supremazia hanno trasformato in un tiranno sanguinario.
Alessandro si prepara all’incontro cruciale con Oda Nobunaga ma proprio in quel momento, il destino aprirà sotto i suoi piedi la trappola di un ricordo.