Vittoria Corella è uno pseudonimo.
La persona che si cela dietro questo nome ha lavorato come giornalista per il Romagna Corriere, il quotidiano più diffuso in Romagna dopo il Resto del Carlino.
Autrice, con Federica Soprani, della Serie Victorian Solstice, e di alcuni racconti. Fra questi, Vittoria ha scelto di regalare agli amici di Babette Brown “Terra di Nessuno”, che potete scaricare liberamente dal link sotto.
Vive a Riccione, lavora nel turismo e ha una gatta a tre zampe.
Scrivetele su jonas@victoriansolstice.it e sarà felice di rispondervi.
“Porca puttana! Ma che cazzo fa quello?!” Martin Haas fece cadere il fiammifero ancora acceso e tolse il fucile dalla spalla, puntandolo rapidamente verso la Frontiera.
Stefan si girò di scatto verso l’Ovest e la scena che gli si presentò gli gelò il sangue.
Il Poeta dell’Est era aggrappato al Muro e si stava issando fin sulla cima, proteso oltre il bordo. “Tu! Via di lì! Sparo! Sparo!” gridava Haas tenendo il giovane in punta di fucile. Impossibile capire se fosse più furibondo o terrorizzato.
Prima del 1989 c’erano due Berlino e due Germanie.
Questa è una storia d’amore tagliata a metà dal più terribile dei Muri. Ed è anche la storia di qualcuno che un giorno ha smesso di avere paura.
Un amore che urla poesie da una parte all’altra del muro. Un soldato che combatte quelle grida, salvo poi ascoltarle e farle proprie.
Un Muro che sembra un’entità viva, affamata di vittime.
Una vicenda triste eppure piena di speranza.
Leggetela voi che non eravate nati quando i cuori erano divisi a metà. I muri più alti sono proprio quelli che erigiamo intorno a noi e alla nostra paura. Un giovane soldato trova il coraggio di scavalcare quel muro e ritrovare se stesso.
Cliccate sul link e scaricate il racconto:
Ho letto il racconto di Vittoria Corella e l’ho trovato bellissimo. Perché? Perché mi sembra che abbia la forza di un cortometraggio che, nonostante la brevità, comunica tantissimo. Sappiamo solo un poco del protagonista, abbastanza da vedere una vita già prevista e un’inquietudine. Gli altri personaggi si svelano poco con quello che dicono e molto con quello che fanno. Nei ruoli prestabiliti di un’epoca blindata, separata da un muro che non era fatto solo di mattoni (e che io mi ricordo, che tanto giovane non sono), Vittoria racconta la forza delle parole, la forza della poesia che nelle parole ha la sua incisività. Perché l’arte e la libertà vanno a braccetto, e perché l’oppressione del potere e l’umanità che urge e corre i suoi rischi sono nemici naturali. Questo racconto mi ha ricordato una mostra molto interessante che ho visitato molto tempo fa: “I ragazzi di piazza Majakowskji”, che narra degli artisti ridotti al silenzio dalla dittatura sovietica ai tempi di Kruscev. Li hanno schiacciati quei ragazzi, poeti e artisti che non potevano tacitare il loro cuore, ma i loro nomi ancora si celebrano, e dei loro carnefici non rimane neppure la polvere.
Vittoria ti ha risposto nel gruppo, io lo faccio qui.
Grazie per il tuo commento. Hai espresso i sentimenti di tutti coloro che hanno letto questo racconto. Grazie.