Durante la nostra vacanza, un giorno, abbiamo fatto una gita a Burano. Da Punta Sabbioni c’è un battello che passa ogni ora e copre l’intera giornata. Da Burano, l’ultima partenza è alle 17,30.
C’eravamo già stati diversi anni fa, quando avevamo ancora le macchine analogiche, ma ci eravamo fermati solo un paio d’ore. Questa volta ce la siamo visitata in lungo e in largo, soffermandoci nei luoghi che ci colpivano di più oppure ripassando più volte, magari per fotografare qualche dettaglio che ci era sfuggito. Le case colorate sono una gioia per gli occhi, anche per i particolari. Alcune hanno tende abbinate alla tinta del muro, altre sfoggiano vasi di fiori intonati alla casa.
Qui, mi è anche capitato un episodio buffo.
Marito e io stavamo girando come sempre, cioè uno qua e uno là. Ognuno di noi due si ferma a fotografare ciò che lo attira di più, va avanti, entra in qualche stradina, resta indietro, insomma siamo piuttosto indipendenti. E, da anni, siamo abituati al fatto che, nei luoghi turistici, la gente ci scambia per stranieri, vedendoci bardati di macchina fotografica, borse, zainetto, ecc. Dunque, mi trovo nei pressi di un ponticello e mi si avvicina una ragazza, sola, che mi si rivolge in inglese e mi porge il suo smartphone. Non capisco cosa dice, ma colgo il significato del gesto: vuole una foto. Annuisco e prendo lo smartphone.
Nel frattempo, lei continua a parlare. Io continuo a non capire, ma comprendo, dalla gestualità, che mi sta spiegando cosa vorrebbe nell’inquadratura: la casa bluette con i vasi di fiori e lo sfondo con la chiesetta. Io sono ammutolita. Non riesco a trovare mezza parola per replicare, nemmeno un semplice “Yes”, ma mi rendo conto che la devo smettere di fare scena muta e così, mentre lei si mette in posa, dico: vediamo…
Lei mi sorride e dice: ma parla italiano…
E lo dice in perfetto italiano. Oh, cielo.
Allora rispondo: si, certo, ma lei è italiana?
– Sì.
– Ah, meno male. Ero qui che mi chiedevo cosa mi stesse dicendo.
Insomma, le ho scattato la foto che voleva e poi le ho fatto notare che l’esposizione non era buona, perché aveva scelto un’inquadratura con troppe ombre e luci, così si è spostata e ne abbiamo fatta un’altra.
Ah, che bello parlare la stessa lingua.
QUI trovate i libri di Fernanda Romani
Commenti recenti