Pitch? Cos’è?
Il pitch è la presentazione di un libro, capace di agganciare chi lo legge o lo sente e di trasmettere un’idea sintetica ma chiara.
Lunghezza consigliata: 100 parole oppure 1000/1500 battute.
COSE DA EVITARE (dal sito di Lumien, Casa Editrice specializzata nella narrativa fantastica. Andate a dare un’occhiata ai libri che pubblica; già dalle copertine resterete conquistati):
1) Essere troppo generici.
2) Dare troppi dettagli: un rischio serio dei pitch è quello di confondere chi vi ascolta/legge, infilando troppi dettagli narrativi e sviluppi di trama.
3) Non evidenziare le unicità del romanzo: destruttura il tuo libro per capire bene quali sono i suoi punti di forza e come poterli raccontare.
4) Non curarne la forma: ricorda che, soprattutto se scritti, i pitch saranno valutati anche per come sono scritti. Devono essere curati, belli da leggere e privi di errori.
In un mercoledì partito in sordina e poi esploso, ne abbiamo parlato (venite a trovarci, siamo il Gruppo Facebook “Babette Brown legge per voi”. Ci trovate facendo click QUI).
Comincia LUANA PRESTINICE (imprenditrice digitale, QUI il suo sito): Vuoi scrivere un pitch che catturi subito l’attenzione? Parti dal ‘Perché’ prima del ‘Cosa’!
Troppo spesso i pitch si limitano a raccontare la trama, ma quello che davvero aggancia il lettore è il motivo profondo per cui questa storia è importante.
Esempio: Alcune verità sono state sepolte per secoli. Alcune storie non devono essere raccontate. Ma cosa succede quando qualcuno le riporta alla luce?
Partendo da una domanda o da un’affermazione, il lettore si sente subito coinvolto. Poi puoi introdurre la trama, lasciando intendere che la tua storia risponderà a quell’enigma.
Per me il pitch non deve solo dire di cosa parla il libro, ma perché vale la pena leggerlo!
A Luana Prestinice dà manforte LAURA ABENANTE (editor, QUI il suo sito): Un pitch non deve per forza comunicare informazioni relative alla storia, è meglio emozionare il lettore per avvicinarlo alla lettura del libro, inserendo i punti di interesse, i tropi, l’ambientazione, l’atmosfera ecc. Il suo scopo è attrarre i lettori in target.
Si può raccontare chi è il protagonista e qual è il conflitto principale (cosa vuole e cosa si oppone al raggiungimento del suo obiettivo). Oppure creare un crescendo di informazioni tra loro collegate, ognuna delle quali si appoggia su quella precedente e amplifica le implicazioni coinvolte. Oppure inserire parole specifiche per attirare l’attenzione e combinarle in un testo coeso (es. Enemies to lovers).
FERNANDA ROMANI (scrittrice, QUI la sua Pagina su Amazon) prende coraggio e si butta: Ecco quello che potrebbe essere il pitch di La traccia dell’armonia. “I Sirenidi, un popolo scaturito da una leggenda, e una setta di fanatici, nata dalla perversione e dalla menzogna. Un uomo in pericolo diventerà un’esca per una principessa in cerca di verità. Come potrà sopravvivere un amore soffocato da calunnie e segreti? A Venezia è tempo di Solstizio d’inverno, il giorno del sacrificio e della resa dei conti.”
P.S. 1 Il post è aperto a ogni commento. Il libro è già pubblicato da una Casa editrice, quindi se mi dite che il pitch fa schifo non mi danneggiate in alcun modo. Inoltre, siamo qui anche per imparare.
P.S. 2: Non prendete questo pitch come esempio, potrebbe anche essere sbagliato. Però provateci, non vi mangia nessuno.
FEDERICA D’ASCANI (cuoca sopraffina, editor, traduttrice e… scrittrice, QUI la sua Pagina su Amazon) porta la sua esperienza: Vi dirò, ho seguito ‘sta cosa dei pitch e… mmmh. Cioè, quando sono entrata in Sinnos (Casa editrice N.D.R.), ho inviato una mail di tre righe di presentazione con una quarta molto scialla. E diedi lo stesso consiglio a Saif, che poi è entrato e ha fatto furore in Fandango (Casa editrice N.D.R.). In tutta onestà, ma serve ‘sto pitch? Evidentemente sì, ma tocca vedere quanti se ne scrivono e quanti vengono letti. A volte con le Case editrici è proprio questione di fortuna e tempismo.
Mi rendo conto che dire “una quarta scialla” quando magari non si sa manco da dove iniziare a scriverla è tosta, ma basta studiare i libri che escono. Io non mi stancherò mai di dire che, al di là dei tutorial, dei corsi e dei miliardi spesi, le cose che bisogna sapere per fare bene stanno tutte là, tra i libri che compriamo e leggiamo tutti i giorni. Dalle trame studiate ad arte alle tecniche narrative.
ROBERTA MARTINETTI (scrittrice, QUI la sua Pagina su Amazon) si butta sulle metafore: Non so se vi è mai capitato di vedere “Le dodici fatiche di Asterix”. Asterix e Obelix devono superare dodici prove prima di arrivare a Roma; lo fanno ovviamente a modo loro: tra pugni, pozioni magiche, astuzia per risolvere gli enigmi, fortuna e un po’ di para***aggine.
Una delle ultime fatiche con cui i nostri eroi devono confrontarsi è ottenere il lasciapassare A 38. Con questo potranno proseguire verso il successo. Facile, no?
E invece no.
Perché l’impiegata a cui lo chiedono dice che per ottenerlo dovranno prima ottenerne un altro, che si trova in un altro ufficio. I nostri allora partono, ma per ottenere il certificato con cui avranno poi il lasciapassare A 38, prima dovranno recuperarne un altro ancora, e via discorrendo. Il trabocchetto è farli correre di qua e di là senza farli venire a capo di niente.
Cosa c’entra questo con l’argomento di oggi?
Ebbene, in questo momento l’editoria è esattamente questo. Per cercare di essere presi in considerazione da un editore ti fanno credere di aver bisogno del lasciapassare A 38.
Se non sai produrre/scrivere un pitch devi morire male, devi avere followers (possibilmente millemila) devi essere content creator, avere uno stile giovane, fresco, accattivante, però rifarti ai classici del genere, senza copiarli, però deve esserci quel guizzo innovativo. Devi restare in Italia, ma il protagonista deve chiamarsi Jon (senza H, per forza, siamo in Italia!); non devi aver già pubblicato (come se stessimo qui tutte ad aspettare che l’occhio di Sauron si volga su di noi, intanto che pettiniamo le bambole) e se non abbiamo un agente ancora meglio. Indovinate perché…
Vedete, si tratta ancora del lasciapassare A 38. Gli editori fanno e disfano “ciò che prendono” e “ciò che non prendono” come gli pare.
Il mercato cambia, e le sue leggi anche, sono d’accordo. Essere preparati è sempre una buona cosa, sono d’accordo anche su questo.
Ciò che non cambia sono la fatica e il tempo che si impiegano a scrivere un libro decente. A volte ci vogliono anni.
Gli editori pubblicano cose indipendentemente dalla loro qualità, ora nello specifico stanno pescando con le reti a strascico su Wattpad o sul Booktok chi ha già un seguito bello sostanzioso, e che quindi dovrebbe garantire buone vendite. A quel punto, una letta al manoscritto (e già siamo ottimiste) e via in stampa! Tanto i lettori lo comprano lo stesso.
Oltretutto, essere presente sui social per foraggiare i follower che secondo le attuali leggi dell’editoria dovremmo avere, ruba tempo alla scrittura.
Vale la pena avere un seguito, se poi la scrittura vacilla perché non hai lavorato sul tuo manoscritto?
Evidentemente per molti sì.
Conclude EWARD C. BRÖWA (scrittore, QUI la sua Pagina su Amazon): Non è la mia lunghezza ideale e, volendo sintetizzare, preferisco una frase, al massimo due. Le 1000/1500 battute indicate sono il doppio o più d’una quarta di copertina, troppe secondo me per conservare la tensione citate nelle varie definizioni: mi dà l’impressione di mettere troppa carne al fuoco e non riuscire a cuocerne neanche un pezzo.
Un po’ meglio le 100 parole (5-600 battute). Per quanto, pure lì, l’equilibrio fra attrarre e non far capire sia elevato. Non mandando i miei testi a editori, mi sono cimentato in qualcosa di simile per il mio sito, restando introno alle 100 parole, non di rado meno.
P.S. 1 Fra l’altro, voi sapete perché certi editori li chiedono? Troppo pigri per leggere il libro? Vogliono che gli forniamo pure i materiali pubblicitari già pronti? Altro?…
P.S. 2 A questo punto proporrò come tema del mercoledì “Descrivi un tuo libro in una frase o due”, il tipo di sintesi che preferisco.
Ripensandoci… Sicuramente a chi pubblica in Self non importa una “cippalippa” di presentarsi a un editore, però ha un compito ancora più gravoso, quello di presentare ai lettori i propri libri, ruolo che dovrebbe toccare a un editore serio. Che poi editori piccoli o microscopici non lo facciano e riversino anche questa incombenza su chi scrive è un’altra questione.
Se può servire, questa è la descrizione – a mio parere equiparabile a un pitch – che uso sul mio sito la serie di avventura-fantasy. Sono 1200 pagine, che stanno per diventare 1500 con il volume che uscirà a breve.
Un sentito «Grazie!» a tutti coloro che hanno partecipato alla discussione dell’argomento del mercoledì.
Copertina creata con Canva (immagine free).
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