Chi di voi si serve di un editor?
Come lavorate con il vostro editor?
Quale, secondo voi, è l’editor ideale?

(Argomento suggerito da Thomas Dri.)

Un appassionante mercoledì pre-pasquale!

Argomento stuzzicante e partecipazione – come sempre –

intensa e costruttiva.

“No, no e ancora no. Un film o una musica o un quadro possono rimanere così come li ha concepiti l’autore – e poi ‘de gustibus’ per l’eventuale apprezzamento – perché non può essere lo stesso per un romanzo? Escludendo gli errori/orrori di sintassi e grammatica (quelli sono delitti senza appello), perché qualcuno dovrebbe correggere il modo con cui viene scritta una storia? (MARI THORN)”

“Sì, sì e ancora sì. Come ha detto il prof, quando ho fatto il corso CDB, il correttore serve a stanare i refusi, gli errori grammaticali, di date o quant’altro, ma l’editor sa tutto, vede tutto e aiuta in tutto per dare al testo quello che serve o che potrebbe mancargli per renderlo davvero buono e leggibile. Un suggerimento qui, un’aggiustatina là… L’importante è non sbranarsi a vicenda e instaurare una collaborazione proficua. (SARAH BERARDINELLO)”

Insomma… No, o sì all’editing? Facciamo un breve questionario. Ah, ecco, praticamente il 95% delle intervistate dice sì all’editing. Meno male, avrei dovuto buttare l’articolo dalla finestra!

  1. L’editing è essenziale.
  2. Chi rinuncia a un servizio professionale ammette di farlo principalmente per problemi di costo.
  3. L’editing non è una scienza esatta, anzi, è fortemente condizionato dall’esperienza personale e dalla sensibilità di entrambi, aspetto questo che spesso rende complicato e battagliero il rapporto editor/autore.
  4. Come fare allora a capire se non si stanno buttando al vento i soldi (soprattutto se sono quelli personali e non quelli della CE)?

“Un buon editor non riscrive, suggerisce. (GABRIELLA GIACOMETTI)”

“L’editor ideale è quello che ha competenze di grammatica, di narrativa e riguardo al genere in cui è inserito il tuo romanzo inedito. (MARCO CANELLA)”.

“L’editor deve anche avere una buona esperienza del genere che va ad affrontare. Può rendere un testo più suspense se è un giallo, magari più sensuale se è un rosa. Se poi è anche scrittore e conosce perfettamente il target di pubblico a cui è indirizzato il romanzo, be’ allora è il top. (MYA MCKENZIE).”

“È puntiglioso, preciso, non lascia niente al caso, mette in dubbio plausibilità e fa ricerche per verificare l’esattezza delle cose scritte. Insomma, un professionista serio a cui mi posso affidare, completamente. Ma deve essere anche disponibile a “trattare” eventuali modifiche in base a ciò che più mi piace, quindi non impositivo ma collaborativo. (LORIANA LUCCIARINI)”

“…un editor deve avere oltre che competenze tecniche anche una certa sensibilità per capire cosa l’autore vuole dal testo, per fargli capire che tipo di lavoro va fatto senza sminuirlo, ma anche senza concedere troppo, per correggere e far crescere, non costringere. La fiducia reciproca è alla base e ci vorrebbe anche una visione comune, non sempre possibile se l’editor è scelto dall’editore. (FIORENZA BORGIA)”

“Il lavoro con l’editor è soprattutto un lavoro di scambio e dialogo. Sono necessari parecchi passaggi per ottenere un risultato che possa essere definito, se non perfetto (la perfezione in letteratura non esiste) almeno consono alla pubblicazione. Da un bravo editor mi aspetto che sappia entrare nel mio testo bene quanto me, magari anche un po’ di più, al punto da saper cogliere non solo quello che ho scritto, ma quello che avrei voluto esprimere, e che forse avrebbe potuto essere espresso in forma migliore. (FEDERICA SOPRANI)”

“Appena ricevo il primo editing di una mia opera, puntualmente, mi prende un colpo secco vedendo tutte le critiche e temendo il grosso lavoro che mi aspetta, ma alla fine sono sempre contenta dei risultati ottenuti. In genere, gli editor prendono in mano i miei romanzi per tre/quattro volte e alla fine, tra la prima consegna da parte mia e l’ultima da parte loro trascorrono almeno 4/5 mesi. (ILARIA CARIOTI)”

“(L’editor) non mi ha detto “è un romanzo perfetto, pubblicalo così come è”, ma lo ha preso, lo ha sviscerato, lo ha fatto “dimagrire” da quanto era grasso e lungo. Mi ha “bacchettata” dove era necessario e ha capito il mio stile, ha raggiunto un compromesso storico sulla mia assoluta mancanza nell’uso di termini espliciti e mi ha saputo consigliare. Questo fa l’editor, il vostro romanzo non cambia, migliora, e anche noi scrittori cresciamo. (LINDA LERCARI).”

“Il mio editor ideale, che è poi quello che io stessa cerco di essere, è incoraggiante, ironico, ma anche insistente se necessario. Sa che non c’è un solo modo per raccontare una storia, ma sa anche che l’autore che ha di fronte può dare di più, può fare meglio. E deve trovare la strada, l’approccio giusto per indurlo a fare questo sforzo, a superare le sue chiusure e fidarsi di lui quel tanto che gli permetta di aprirsi a nuove possibilità, andandole a cercare nella sua fantasia per creare qualcosa di migliore. (AINA SENSI)”

“Trovo che l’editing sia importantissimo, ma affinché sia efficace occorre che ci sia feeling con l’editor… e questo lo scoprirete solo vivendo. Dall’editing si impara molto. È anche divertentissimo, perché se ti piace la scrittura è abbastanza probabile che ti piaccia anche la metascrittura. (REBECCA QUASI)”

Eppure anche l’editing non è la panacea per tutti i mali…

“Nessun editor riuscirà a sistemare un romanzo vuoto, insulso, modaiolo e  replicante di un replicante. (MARIA MASELLA)”

“Leggendo in giro, invece, mi sembra che compito principale dell’editor oggi sia di stampella emotiva, gregario, voce di supporto, prete e confidente delle nostre paure irrisolte. Quando non è master e padrone di scrittori masochisti. Dovrebbero farsi pagare a seduta invece che a cartelle. (COLETTE KEBELL).

… quindi non dategli una zucca sperando che ve la converta in una Ferrari!