Febbraio 1927. La Parigi che conta assiste al funerale del banchiere Marcel Péricourt. La figlia Madeleine deve prendere le redini dell’impero finanziario di cui è l’erede, ma il destino decide diversamente: suo figlio Paul, un bimbo di sette anni, compie un gesto inatteso e tragico che la porterà alla rovina. Posta di fronte alle avversità, alla cattiveria degli uomini, alla cupidigia della sua epoca, alla corruzione e all’ambizione del suo ambiente, Madeleine dovrà fare ricorso alla sua intelligenza e a tutte le sue energie, ma anche a soluzioni machiavelliche, per sopravvivere e ricostruire la sua vita. Compito reso ancora più difficile dalle circostanze, in una Francia che osserva, impotente, i primi colori dell’incendio che devasterà l’Europa.
Titolo: I colori dell’incendio.
Autore: Pierre Lemaitre.
Traduzione: E. Cappellini.
Genere: Romanzo storico.
Editore: Mondadori.
Prezzo: euro 9,99 (eBook); euro 17,00 (cartaceo).
Non conoscevo questo autore e il primo impatto non è stato entusiasmante. Non amo l’uso del Narratore Onnisciente, in special modo se è usato in maniera molto pesante, insomma se si sente che qualcuno mi sta raccontando la storia.
Una volta superato questo scoglio, il romanzo ti afferra e non ti lascia più. Tutto questo malgrado la protagonista, Madeleine, non susciti una grande empatia.
Per una buona metà del romanzo assistiamo al suo immobilismo, causato sia dalla decisione di dedicarsi completamente alla cura del figlio paraplegico, sia dal fatto di essere una figlia dell’alta società parigina, educata a pensare che l’unico scopo nella vita di una donna sia trovare un marito, non occuparsi di affari. Per quelli ci sono gli uomini.
Così assistiamo impotenti, e parecchio infastiditi, alla rovina di Madeleine.
In questo bisogna riconoscere l’abilità dell’autore nel farci capire e non capire, nel tenerci nascosti aspetti importanti della vita e della personalità dei personaggi che ruotano attorno alla protagonista.
Quanti traditori si annidano al suo fianco?
Quante pugnalate nella schiena riceverà Madeleine, prima di capire che la carrozza dorata sulla quale sedeva è stata assalita dai briganti?
Solo quando Madeleine si troverà a osservare le macerie della propria vita, finalmente diventerà una persona che decide di prendere le redini e di guidare quel carro sgangherato fuori dalla palude.
Diventerà astuta, perfida, machiavellica, ma ogni sua mossa, anche la più discutibile, sarà un passo in più verso la dignità.
Assisteremo alla metamorfosi di una donna abituata ad attraversare la vita con una superficialità assoluta e che, a poco a poco, diventa dirigente, manipolatrice, spia, capobanda, calcolatrice e, soprattutto, angelo della vendetta.
Tutto questo mentre l’Europa assiste all’ascesa di Hitler e di Mussolini senza comprenderne minimamente la pericolosità.
I dialoghi da brivido del romanzo non sono quelli dove si gioca il destino dei protagonisti, ma le conversazioni tra imprenditori e politici, che considerano il fascismo “rassicurante” e Hitler qualcuno che si può addomesticare. La superficialità e la mancata lungimiranza, che hanno afflitto Madeleine riguardo al piccolo mondo sul quale confidava, sembrano riflettersi, in una visione più ampia, nella cecità assoluta di coloro che, abbagliati dalla difesa del proprio denaro, non vedono il baratro verso il quale l’umanità si sta avviando.
Questo libro è il secondo di una trilogia inaugurata dall’autore con “Ci rivediamo lassù”, dove si racconta l’inizio della dinastia al centro della vicenda e rappresenta un grande affresco sull’umanità, le sue debolezze e le sue capacità di ritrovare se stessa.
Cinque stelline
#copiaacquistata
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