Non vi parlerò di The Old Guard.
C’era una volta Highlander (il solo e unico del 1986 diretto da Russell Mulcahy, i seguiti e la serie tv sono niente), che era una storia perfetta. Che aveva capito prima di tutto che il fantasy è, anche attraverso i secoli, una cosa di spade e, quando entra in scena il combat moderno poco c’azzecca.
Mulcahy, che pure girava videoclip, realizzò un film sfruttando appieno quello che la tecnica di ripresa, i grandangolari, i primi piani, gli stacchi e tutte quelle furbizie che la televisione sembra essersi dimenticata. Basta guardare la scena iniziale che si apre nello stadio di Wrestling e il ponte che allaccia tra la violenza grottesca dei lottatori di catch e lo scontro tra i clan scozzesi per rendersene conto. Poche immagini, parole zero e siamo già nella vicenda.
Era una storia di cavalieri, di eroi maschi, forse un poco (un pochino) maschilisti, ma efficacissimi. C’erano il Buono, il Maestro e il Cattivo. Il viaggio dell’eroe. Le basi. La formazione del guerriero, la presa di coscienza, l’adunanza.
Ne rimarrà uno solo. Basta quello.
C’erano personaggi femminili che, senza dover per forza spaccare culi, erano fortissimi. Roxanne Hart, la ricercatrice, era una tipa tostissima anche se, comprensibilmente, non sapeva tenere in pugno la spada perché il suo ruolo non era quello. Lei era il sapere senza il quale l’intera vicenda non si regge. Senza il senso del passato non c’è storia di immortali. Poi c’era Beatie Edney che poteva sembrare la damigella in pericolo ma è un personaggio fortissimo, quella che riesce a recuperare Lambert e gli conferisce una dimensione umana. Credo di aver pianto quando l’ho vista vecchia e morente. Infine Sheila Gish che prima è bambina e poi donna matura che si rende conto dolorosamente che questo non è paese per immortali.
Tutto alluso, sfiorato ma comprensibilissimo. Altro che il pippone tra Charlize e Kiki che si fermano a discutere prima dell’azione o, peggio, la dichiarazione d’amore omo davanti ai guardiani che non solo è inutile (già l’avevamo capito), ma umilia anche i personaggi costringendoli a uno spot fuori luogo e tempo.
Ok, lo avevo detto che non avrei parlato di TOG.
Torniamo ad Highlander.
C’era un elemento fondamentale in questo tipo di storia. La mistica dell’arma. La Toledo Salamanca, la katana di Sean che era stata forgiata con una tecnica di 500 anni prima della sua epoca. Sì, il maneggio non era esattamente da manuale, ma funzionava anche perché coreografare duelli con armi così diverse non era facile. Ma parlando di guerrieri immortali il possesso dell’arma è fondamentale. L’arma è lo spirito guerriero, non un’ascia buttata lì presa dal trovarobe. Così come una figura di Immortale cattivo. Il Kurgan che poi era Clancy Brown cavaliere sciita con elmo cornuto che neanche il Death Dealer se lo sarebbe sognato.
Di cosa parlo? Di una mitologia guerriera che se non la conoscete di che stiamo a parlare?
Sul passato si aprivano meravigliose finestre, principalmente delle lotte tra i clan scozzesi, perché gli scontri in campo aperto erano violenti e selvaggi non partite a Q–zart.
Ci si batte per la sopravvivenza in vista dell’adunanza. Ne resterà uno solo. Il resto non conta. Poi c’era una leggerezza che s’inseriva di soppiatto come i sorrisini di Lambert e quella meravigliosa scena del duello in epoca napoleonica e la versione metallara di Brown. Sean era Sean e basta. Tragedia e sbruffoneria, perché queste sono le caratteristiche del guerriero.
Infine, scusate, c’era la musica dei Queen. We are the Champions. Per questo Highlander resterà nella storia del cinema e The Old Guard lo dimenticheremo domani.
Alla faccia del politicamente corretto (echeccavolo!) è… una specie di magia.

Da Wikipedia, l’enciclopedia libera.

Highlander – L’ultimo immortale (Highlander), film del 1986 diretto da Russell Mulcahy. QUI per acquistarlo.

Lingua originale: inglese
Paese di produzione: Regno Unito, Stati Uniti d’America
Anno: 1986
Durata: 108 min (versione cinematografica francese), 113 min (versione cinematografica americana), 116 min (director’s cut – versione cinematografica europea)
Rapporto: Widescreen
Genere: fantastico, azione, avventura
Regia: Russell Mulcahy
Soggetto: Gregory Widen
Sceneggiatura: Gregory Widen, Peter Bellwood, Larry Ferguson
Produttore: Peter S. Davis, William Panzer
Produttore esecutivo: E. C. Monell
Casa di produzione: Highlander Productions Ltd., Thorn EMI Screen Entertainment
Distribuzione in italiano: CIDIF
Fotografia: Gerry Fisher
Montaggio: Peter Honess
Effetti speciali: Martin Gutteridge
Musiche: Michael Kamen, Queen
Scenografia: Allan Cameron, Martin Atkinson, Tim Hutchinson, Ian Whittaker
Costumi: James Acheson
Trucco: Lois Burwell, Bob Keeen, Nick Maley
Interpreti e personaggi
Christopher Lambert: Russel Nash / Connor MacLeod
Roxanne Hart: Brenda J. Wyatt
Clancy Brown: Victor Kruger / Kurgan
Sean Connery: Juan Sánchez Villa-Lobos Ramírez
Beatie Edney: Heather MacDonald
Alan North: Ten. Frank Moran
Jon Polito: Det. Walter Bedsoe
Sheila Gish: Rachel Ellenstein
Doppiatori italiani
Sergio Di Stefano: Russel Nash / Connor MacLeod
Emanuela Rossi: Brenda J. Wyatt
Alessandro Rossi: Victor Kruger / Kurgan
Pino Locchi: Juan Sanchez Villa-Lobos Ramírez
Micaela Esdra: Heather MacDonald
Luciano De Ambrosis: Ten. Frank Moran
Gianni Marzocchi: Det. Walter Bedsoe
Maria Pia Di Meo: Rachel Ellestein

Stephen Gunn, uno degli alter ego di Stefano Di Marino, è autore della Serie Il Professionista (Segretissimo Mondadori)

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