Essere chiamati d’urgenza dall’imperatore non era mai una bella cosa.
Ognuno dei tre convocati immaginava scenari catastrofici, gogne siderali, prigioni negli angoli più sperduti dell’universo e punizioni dolorosissime per aver amministrato male i loro pianeti.
La lunga attesa prima di essere ricevuti era già di per sé un supplizio, forse anche perché la sala antistante quella del trono era tanto gremita di esseri da risultare claustrofobica.
Quando il segretario generale pronunciò i loro nomi, il sollievo per la fine dell’attesa si mescolò all’ansia del non sapere il motivo della convocazione.
Gas, Bald e Mel, pur essendo i governatori di tre dei più grandi pianeti della Galassia, entrarono nell’immenso salone del trono con il timore reverenziale di umili servitori.

Elo-him era sdraiato su un fianco e spilluzzicava frutti non ben identificati, probabilmente provenienti da qualche colonia lontana.
«Fatevi avanti, governatori, voglio vedervi da vicino quando vi parlerò del motivo della convocazione» tuonò l’imperatore.
I tre strascicarono gli arti fin sotto il trono e fecero delle goffe riverenze come saluto.
Il viso di fattezze umanoidi di Elo-him si arricciò in una smorfia.
«Sarete anche bravi amministratori dei vostri pianeti, ma quanto fate schifo come sudditi ossequianti» borbottò, sputando un seme di frutto giusto di fronte ai piedi di Gas.
«Sua Maestà imperiale…» azzardò Bald, «avete la nostra assoluta fedeltà e siamo in trepidante   attesa dei vostri ordini.»
«Non così lecchino» bisbigliò Mel all’indirizzo del collega.
Bald gli lanciò un’occhiata di sbieco ma non replicò.
L’imperatore continuò: «Miei cari governatori, vi ho convocato per incaricarvi di una missione che vi porterà lontano dai vostri pianeti, ma che vi darà lustro e meriti. Voglio che vi mettiate sulle tracce di una stella che sta attraversando il nostro quadrante e pare diretta dall’altra parte dell’Universo. La vostra sarà una missione esplorativa: voglio che scopriate qual è la sua meta e che preleviate dei campioni dei frammenti che si lascia dietro.»
I tre governatori si guardarono tra loro un po’ perplessi.
Elo-him, irritato dalla loro titubanza, si alzò in piedi in tutta la sua maestosa altezza.
«La mia richiesta vi sembra strana?» chiese, pur senza attendersi una risposta.
«Rammentate che io sono l’imperatore» ricordò con cipiglio minaccioso.
I suoi occhi, scuri come il più profondo dei buchi neri, scivolarono sui corpi goffi dei tre governatori.
«Ma voglio essere magnanimo…» riprese, improvvisamente ammansito. «A chiunque osi mettere in discussione un mio ordine lascio la scelta se morire immediatamente vaporizzato, oppure invecchiare lentamente lavorando nelle miniere del pianeta Terra.»
Poi, con un gesto annoiato, li congedò.

Bald, Mel e Gas uscirono dalla sala del trono chiedendosi dove caspita si potesse trovare il pianeta Terra e promettendo a loro stessi di non osare mai mettere in discussione gli ordini imperiali.
Scesero negli hangar da dove decollavano le navette spaziali e s’imbatterono in QHU, lo scienziato che era stato incaricato da Elo-him di equipaggiarli.
Nonostante fosse coperto di lunghi peli fulvi su tutto il corpo e l’espressione del muso facesse dubitare della sua intelligenza, Qhu era una mente sopraffina. Conosceva le culture delle migliaia di popolazioni che abitavano l’universo, gli usi, i costumi e pure le loro convenzioni sociali.
Senza la sua assistenza si correva il rischio di farsi uccidere, oppure di provocare crisi diplomatiche difficilmente sanabili.
Aveva modi spicci e non badava ai convenevoli, diceva quello che doveva dire e poi, se non c’erano domande, spariva.
«Negli zaini pressurizzati troverete armi che hanno il solo scopo di rendere innocuo chi vi attacca, niente che possa ucciderlo. E poi, contenitori per i campionamenti, abbigliamento e un kit medico.
Mi raccomando, non lasciate tracce in giro per l’Universo, riportate tutto a casa, rifiuti e scorie compresi. Sapete bene qual è la filosofia della Confederazione, perché è la stessa che seguite nei vostri rispettivi pianeti. È importante che indossiate le tuniche di cui vi ho dotato, hanno la capacità di adattare le vostre sembianze a quelle di qualsiasi popolazione con la quale avrete a che fare.»
Bald cominciò a spazientirsi e batté una delle zampe a terra.
«Possiamo andare? Per quanto riguarda il resto delle spiegazioni abbiamo tutto il tempo di sentircele durante il lungo viaggio.»
Era già stato buono fino ad allora, non si poteva pretendere che continuasse così, era contro la sua natura.
Il lamento gutturale di QHU gli fece capire che aveva sortito il giusto effetto, infatti, seguiti dagli SHerPA su rotelle caricati dei loro bagagli, poterono raggiungere la zona imbarco.
«Ma dai!» esclamò Gas, lanciando un’occhiata sconfortata alla navicella. «Non potevi darci un modello un po’ più nuovo?»
QHU rise di gusto sbavandosi la pelliccia fulva. «Siete in missione esplorativa per conto dell’imperatore e lui non vuole che attiriate l’attenzione.»
«Questo vuol dire che dobbiamo far funzionare le gondole con i nostri muscoli?» sbottò Bald.
Lo scienziato fece per voltarsi e andare via, poi tornò indietro e li redarguì: «Siete superficiali, badate solo alle apparenze.»
Gas digrignò tutti i suoi 54 denti. «Noi badiamo all’efficienza e, osservando la carretta sulla quale volete farci viaggiare, dubito riusciremo a raggiungere la stella e, probabilmente, anche a tornare a casa.»
QHU scosse il testone peloso. «Allora, non mi resta che salutarvi con un bel… addio!» e se ne andò.

«Abbiamo fatto la figura degli stupidi, questo bolide mascherato da carriola vola a una velocità doppia rispetto alle nostre navicelle!» esclamò Gas.
«Non perdere d’occhio il monitor, non voglio rincorrere quella dannata stella per tutto l’universo!» lo avvisò Bald inclinando il baricentro della nave.
«Sei sicuro che sia quella giusta? La tempesta di asteroidi vicino ad Alpha Centauri potrebbe averci fuorviato» replicò Gas aggiustandosi addosso la veste damascata. «E poi, dobbiamo proprio conciarci a questo modo?»
Bald sbuffò irritato. «Preferisci che ti vedano col tuo vero aspetto?»
«No, no» si affrettò a rispondere Gas. «È solo che… avrei voluto qualcosa di più pratico.»
«QHU è stato inflessibile per quanto riguarda l’abbigliamento e, quando atterriamo, vedi di non dimenticarti il resto della dotazione.»
Gas sbuffò per l’ennesima volta, poi si rivolse all’altro compagno di viaggio che ronfava beato nel guscio a gravità controllata. «Mel? Svegliati!»
L’altro non diede segno di voler interrompere il pisolino che durava ormai da quando avevano incrociato l’ultima nave della Confederazione.
«Mel?» insistette Gas.
L’altro, continuando a dormire, rispose con un sonoro peto.
«Per fortuna che è chiuso lì dentro, altrimenti la nostra missione avrebbe avuto una fine ingloriosa e anticipata» commentò Bald nauseato.
«È colpa tua se non accenna a svegliarsi e se sta impestando il guscio!» lo accusò Gas.
«E che ne sapevo io che non digeriva la cucina centauriana? Piuttosto, metti in funzione l’aspiratore, così magari si sveglia.»
L’apparecchio che risucchiava l’aria dal guscio si mise in moto con un sibilo e Mel cominciò subito a tossire e a muovere la mano per trovare a tentoni il meccanismo di apertura.
«Siete dei disgraziati!» li accusò tra un colpo di tosse e l’altro. «Volevate sbarazzarvi di me, eh?»
«Più che altro volevamo liberarci dei tuoi miasmi» precisò Gas.
Mel lanciò un’occhiata all’enorme monitor che occupava tutta la plancia e domandò: «Dove siamo?»
«Al solito, all’inseguimento di quella strana stella» rispose Bald.
Mel si sedette alla sua postazione e sistemò le pieghe dell’ampia veste. «Certo che QHU poteva darci qualcosa di meno scomodo da indossare.»
Bald intervenne severo: «Basta lamentarsi, cerchiamo di portare a termine questa missione così da poter tornare a casa.»

Il viaggio proseguì noioso fino all’ultimo tunnel spazio-temporale, alla fine del quale si aprì una distesa scura punteggiata di pianeti che ruotavano attorno a una stella nana gialla.
«Sta succedendo qualcosa di strano» disse Bald armeggiando con la strumentazione di bordo.
«Un’avaria?» chiese Mel preoccupato.
«Non si tratta della nave, ma della stella a cui stiamo dando la caccia. Ha rallentato sensibilmente.»
Tutti e tre incollarono i volti al monitor e seguirono allarmati la scia luminosa che attraversava il mare oscuro dello spazio per andarsi a parcheggiare beatamente nell’esosfera del terzo pianeta in ordine di distanza dalla nana gialla.
«Gas, tutto questo non ha senso!» esclamò Bald.
Mel sospirò e disse: «Per voi non avrà senso, ma è quello che aveva previsto il professor Prokton.»
«Chi? Quello svitato per colpa del quale stiamo inseguendo una stella per tutta la galassia?» sbraitò Gas. «E poi, avete visto come si chiama il pianeta su cui dobbiamo scendere?»
Gli altri due sospirarono e risposero in coro: «Terra.»
«Io non voglio invecchiare lavorando in miniera» borbottò ancora Gas.
«Allora, smettila di lagnarti e muoviti!» replicò Mel.
Bald, che dei tre era il più pratico e logico, iniziò a caricare sul computer di bordo la procedura per scendere sul pianeta.
«Cari colleghi, prepariamoci a portare a termine la missione. Mi raccomando, non dimenticate nulla della dotazione che ci ha consegnato QHU e neppure quello che ci siamo portati dai nostri rispettivi pianeti.»
Mel e Gas parlottarono ancora per un po’, poi cominciarono a controllare meticolosamente il contenuto dei loro zaini pressurizzati per evitare di dimenticare qualcosa.
Poco più tardi si trovarono tutti e tre di fronte alla navetta che li avrebbe depositati sulla Terra e, dopo un rapido breefing, si apprestarono a occuparla.
Atterrarono agevolmente su una superficie liquida e riflettente che il computer di bordo chiamò “lago”, poi i motori silenziosi dello scafo li portarono su un terreno più solido.
Gas si piazzò di fronte alle porte ancora chiuse. «Siamo sicuri che ci siano condizioni vivibili su questo pianeta? Non ho nessuna voglia di crepare appena arrivato.»
«Secondo la ricerca che ho fatto su Google non avremo problemi» replicò Bald.
«È consolante sapere che la nostra vita è in mano a un motore di ricerca…» commentò Mel schiacciando il pulsante di apertura.

Furono investiti da una folata di vento tiepido che fece svolazzare le vesti e ricordò loro di calzare gli stivali e indossare i copricapi forniti da QHU.
Appena scesero sul terreno morbido e sabbioso, la navicella chiuse il portellone e s’inabissò nelle profondità del lago.
S’incamminarono con passo spedito ma guardingo verso una zona che rivelava un tenue chiarore.
Dalle informazioni fornite da QHU sembrava che quel tempo scuro e silenzioso si chiamasse notte e i terrestri lo sfruttavano per riposare e riprendere le forze.
Questo voleva dire che entro poco sarebbero giunti in un centro abitato dove nessuno avrebbe risposto loro perché dormiva?
«Gas, ho avvistato dei terrestri, sono parecchi» avvisò Bald rivolgendosi a Gas.
«Cosa fanno?»
«Si dirigono verso la zona illuminata.»
«Seguiamoli» ordinò Gas.
Ben presto si trovarono in uno spiazzo dove alcuni terrestri salivano in groppa a strani animali.
Bald si avvicinò per chiedere loro informazioni e quando ritornò dai colleghi disse che, per merito delle lunghe vesti e dei copricapi, li avevano scambiati per umani di un certo rango.
«Se vogliamo arrivare fino alla fonte della luce e tenere fede al nostro aspetto di terrestri con un certo potere, bisogna che compriamo tre di quegli animali» disse, indicando gli esseri a quattro zampe che brucavano degli arbusti mezzi secchi. «Hanno detto che vengono cavalcati da ricchi umani, re e magi. Ma non mi chiedete chi siano i re o i magi.»
Quando iniziarono ad avviarsi sul sentiero che portava verso la luce, ringraziarono mentalmente QHU che li aveva dotati di un dispositivo che li rendeva abili in qualsiasi azione terrestre, perché se avessero dovuto imparare da soli a stare sulla groppa di quegli esseri pelosi con la gobba, avrebbero trascorso molto tempo con le terga nella polvere.
«Come è possibile che la stella si sia fermata fissa qui sopra? Non ha nessun fondamento scientifico!» esclamò Gas guardando verso l’alto.
«Dicono che sia stato lui» disse Bald indicando qualcuno davanti a loro.
«Lui chi? Uno di questi pezzenti che camminano verso una luce di cui non sanno nulla?» biascicò Mel.
Tutti e tre presero a guardare prima la stella e poi il serpente di gente di fronte, mentre le loro teste macinavano pensieri e ragionamenti senza arrivare a una spiegazione logica.
Fu Gas a parlare per primo.
«Non è la stella a illuminare il sito, ma il contrario… l’imperatore non ci crederà mai.»
Bald scosse il capoccione. «L’imperatore non ha bisogno di crederci, è stato lui a mandarci qui.»
Improvvisamente, capirono di avere uno scopo e spronarono i loro animali.

«Chi siete voi?» chiese la donna dai capelli azzurri.
«Siamo dei re e veniamo da lontano» rispose Gas.
«Sì» confermò Mel. «Siamo re, ma anche maghi.»
La donna sorrise e si rivolse all’uomo di fianco. «Marito, hai visto? Sono arrivati da lontano e sono re maghi. Insieme alla stella, penso che siano dei segni, segni che nostro figlio è benvoluto.»
In quel momento, una capra iniziò a masticare un lembo della veste di Bald rivelando un arto bitorzoluto color giallo cromo.
Il pastore dietro di lui lanciò un’occhiata inorridita a ciò che la sua capra aveva svelato e urlò: «È una creatura malvagia! Cacciamolo! Mandiamolo via insieme ai suoi amici!»
«Venite qui» disse una voce.
Bald e Mel si guardarono perplessi e Gas chiese: «Qui dove? E poi, chi ha parlato?»
La donna dai capelli azzurri si chinò e accolse tra le braccia un involto che rumoreggiava.
I tre re maghi lo guardarono meglio e scoprirono che era un cucciolo terrestre.
E stava comunicando con le loro menti.
«Non è possibile» mormorò Gas. Poi, si voltò verso la folla che si assiepava alle loro spalle e vide che nessuno più badava a loro e alla gamba color cromo di Bald.
«Quel cucciolo umano dice che è l’Atteso e che ha un messaggio per l’imperatore» aggiunse Gas.
Mel e Bald fissarono muti l’involto stretto tra le braccia della madre e si chiesero come facesse a comunicare con loro.
All’improvviso la stella sopra di loro vibrò e girò in tondo sopra la capanna, poi con un sibilo sfrecciò via nel cielo.
Per Mel, Bald e Gas era ora di tornare alla loro navicella, intraprendere nuovamente il lungo viaggio e portare ad Elo-him il messaggio che senza dubbio attendeva con ansia.

«Mel, sei il solito, non avresti mai dovuto aprire quel messaggio!» sbottarono Gas e Bald all’unisono.
«Diamine!» esclamò il loro compagno di viaggio. «Vi rendete conto che questo messaggio è stato salvato nella mia memoria portatile? Mi sono confuso.»
Gas e Bald gli si avvicinarono curiosi. «A questo punto potresti anche dirci cosa c’era scritto.»
Mel chiuse il dispositivo e scosse il testone. «No, questa volta voglio essere quello che segue le regole.»
«Ok» sentenziò Gas «Allora, se vuoi seguire le regole, vai alla tua postazione e imposta la rotta. Non vedo l’ora di tornare a casa.»
Quando ognuno di loro si fu tolto la veste damascata riacquistando le sembianze normali, fatte di forme, colori e consistenze diverse, Bald si grattò uno dei sette arti e tornò alla carica.
«Dai, dicci cosa c’era scritto, rimarrà tra noi tre.»
Mel sbuffò dalle tre narici che aveva sulla fronte e disse: «È inutile che insisti, era scritto in una lingua sconosciuta a Google, per cui anche a te…»
I tre re maghi dello spazio risero, ognuno a modo loro, e furono inghiottiti dal primo tunnel spazio-temporale che li portava a casa.

MESSAGGIO:
Da JES a Elo-him.
Avevi ragione.
Non importano le forme, le consistenze, i colori, gli odori, il sesso o il pianeta.
Ciò che unisce non ha frontiere o limiti.
E si chiama AMORE.
Buon Natale, Padre.
Ci rivediamo presto.