Siete impazienti? Bene, eccovi la seconda (e ultima) puntata di “Natale a Lovangeles”, il racconto natalizio che Silvia Mango ha voluto regalarci.

NATALE A LOVANGELES (2)

Sono le dieci
del mattino di Natale. Non vedo l’ora che Bill si svegli. Non vedo l’ora di
fare colazione con lui, accoccolarmi con fare licenzioso sulle sue ginocchia e
magari continuare sulla scia dei festeggiamenti notturni.
Appena qualche
ora fa, uno tra le braccia dell’altro, ha domandato: «Ti chiedi mai da dove
vieni? »
«Dall’Italia…»
«No, intendevo
dire da dove vieni, dove vai, qual è il tuo scopo nella vita?»
L’ho guardato
con due occhi che strabuzzavano a destra e sinistra, certi tipi di discorsi non
sono proprio da lui. Poi ho capito e mi si è stretto il cuore. Che carino.
Stava soltanto cercando di fare conversazione dopo l’amore.
Ora che però
vorrei chiacchierare, lui continua a dormire.
In quel momento
suona il citofono. Può essere solo mia madre, quella guastafeste! Guardo
allarmata Bill che placido continua a sonnecchiare ed esco furtiva dal letto,
infilo un vestaglione di pile, largo, lungo, scolorito e a dir poco
inguardabile ma che sicuramente godrebbe della simpatia di mia madre e mi avvio
all’ingresso. Sto infilando distrattamente i piedi nelle pantofole in
coordinato, apro la porta e….Ooooooh cazz!
Q U E L L O non è mia
madre!!!

Devo aver
spalancato così tanto la bocca che mi ci vuole una tenaglia per richiuderla.
O un bacio.
Proprio come
quello che Brian (sì è lui! Il mio ex fidanzato) sta per appiopparmi sulla
bocca.
«Buon Natale»,
dice sorridendo, porgendomi un pacchetto di cioccolatini.
«Grazie»,
rispondo, senza degnare la scatola di uno sguardo, «Anche a te»
«Posso entrare?
»
«Direi che non
è il caso… io non sono…» bofonchio. Dopotutto quello che mi ha fatto, Brian ha
ancora il coraggio di presentarsi la mattina di Natale a casa mia e per giunta
come se nulla fosse. Che faccia tosta!
«Non sei,
cosa?», mi incalza lui. Ha sempre lo stesso sguardo irresistibile da canaglia,
la fossetta sulla guancia e quel non so che di selvatico e tenero insieme, come
un felino poco addomesticato. E nonostante gli avessi lanciato mille
maledizioni, gode di ottima salute ed è sempre bellissimo.
«Ti sembrerà
strano», esordisco nel tentativo di recuperare l’aplomb che non ho mai avuto,
«ma c’è un uomo nel mio letto.»
Ecco, l’ho
detto.
«Immagino sia
Bill…vorrà dire che farò gli auguri anche a lui», suggerisce, proprio come se
fossimo tre vecchi compagni di merende. E in un amen me lo ritrovo dentro casa.
Annodo per bene
la vestaglia in vita, con un rapido movimento dei piedi getto le vecchie
pantofole in un angolo dietro la porta e lo precedo in cucina, camminando con
incedere solenne e maestoso come la Mammy di Via col vento, tra pantaloni,
camice e paia di scarpe disseminate qua e là lungo il corridoio nemmeno fosse
un percorso minato.
«L’ordine non è
mai stato il mio forte», minimizzo.
Brian ride. So
a cosa pensa. E’ la stessa cosa a cui ho pensato anche io. Alla storia del mio
reggiseno incastrato nel lampadario di sua nonna…e nonostante tutto, nonostante
la notte appena trascorsa, nonostante Bill sia a pochi metri di distanza,
registro con fastidio un sussulto per nulla innocente.
Entriamo in
cucina e la luce del sole inonda la stanza, qui a Los Angeles la neve esiste
solo nei negozi o nei parchi divertimento. C’è un piacevole tepore e a dire la
verità non sembra neanche Natale. O forse è la presenza di Brian a rovinare
tutto.
Sto per
preparare la moka ma le dita mi tremano così tanto che rovescio mezzo barattolo
di caffè per terra.
«Scusami», sono
davvero mortificata.
Brian mi aiuta
a ripulire e mette la moka sul gas. «Sei nervosa? Non ho intenzioni bellicose,
lo giuro. Bevo il caffè e, se vuoi, tolgo subito il disturbo.»
« Lo voglio.»
« Devi essere
davvero molto presa di Bill, immagino.»
«Infatti» Ma
perché diamine sono così tesa? Non sto facendo nulla di male eppure questa
situazione non mi piace per niente e ho come la sensazione che non possa che
peggiorare.
«E lui? »
«Lui cosa? »
«Lui lo è,
preso? »
«Certo! Che
domande! E’ presissimo di me! »
Annuisce. « Mi
fa davvero molto piacere. E poi la fiducia in un rapporto è essenziale…»
Che carino, si
preoccupava per me e io come al solito a pensare male.
Dopodiché mi
lancia uno sguardo obliquo, uno di quegli sguardi apparentemente innocui, che
possono dire tutto come niente. Eppure, non so per quale motivo, mi ritrovo a
girare la testa altrove, impensierita.
« Devo sapere
qualcosa che non so? », sbotto, dopo un attimo di silenzio insolitamente lungo.
«Oh no…Dicevo
così per dire.» Dopodiché mi sfiora il fianco per aprire l’anta e prendere il
barattolo dello zucchero.  Si destreggia all’interno della mia cucina
meglio di quello che farebbe Bill e non lo sopporto. Così come non sopporto le
sue stupide allusioni.
«Lascia, faccio
io », gli dico, strappandogli di mano il barattolo. Evito il suo sguardo e mi
metto a cercare qualcosa a caso, pur di tenermi occupata.
«Volevo solo
essere utile», aggiunge con il tono più candido del mondo. E come se niente
fosse si avvicina sempre di più a me, incastrando per bene i suoi occhi verdi
dentro i miei. Indietreggio come un gambero sino a toccare la credenza alle mie
spalle. Lui mi cinge la vita con le braccia, i raggi del sole irradiano sul suo
corpo e sui suoi capelli una luce calda e luminosa.
Sembra un
angelo. Ma del peccato!
«Brian! »
 Lo blocco.
«Cercavi
questo?» E senza spostarsi di un millimetro mi porge il cucchiaino che era
posato sul bordo della credenza.
«Come no! »
Ci voltiamo. E’
stato Bill a parlare. « E tu, cosa stai cercando da Loretta? »
Dal tono
minaccioso è ovvio che non sta pensando al ristoro di una colazione calda.
Mi divincolo da
Brian per precipitarmi da Bill.
Senza scomporsi
Brian spegne il gas e inizia a versare il caffè nelle tazzine, mentre Bill mi
lancia uno sguardo inceneritore che potrei trasformarmi da un momento all’altro
in un mucchietto di polvere da spazzare via.
Ecco, non
vorrei dire una fesseria, ma mi è parso di scorgere un sorriso di scherno sulle
labbra di Brian.
«Ne vuoi un po’
anche tu? », gli chiede Brian.
«Caffè alla
cicuta? No grazie! »
Ahi ahi ahi….la
storia si ripete.
Brian scuote
leggermente la testa poi, sotto gli occhi di Bill, mi lancia uno sguardo carico
di commiserazione ed è chiaro più che mai che gli eventi stanno prendendo una
brutta piega.
«Brian è venuto
a farci gli auguri di Natale», cerco di spiegare a Bill, nel tentativo di
rendere la visita di Brian del tutto inoffensiva. Ma ho la gola secca e il
cuore che sta per schizzare sul soffitto tanto mi sento male.
Brian fa
spallucce. «… e poi Loretta è stata così gentile da invitarmi a prendere il caffè.
»
Stronzo.
Al che Bill mi
guarda e lo fa con quel modo tutto suo, che non ha bisogno di tanti giri di
parole per esprimersi, perché ormai lo conosco, è troppo onesto, è troppo
corretto per non provare disgusto da tutta questa situazione. Ed è sul punto di
andarsene quando Brian lo precede. «Beh, ancora auguri!», dà una pacca sulla
spalla di Bill e ci saluta, lasciandoci come regalo di Natale una tensione
nell’aria densa come la colata di una vernice tossica.
Come ho potuto
permettere a Brian di entrare in casa mia? Come ho potuto essere così stupida?
Non riesco a fare altro che abbracciare forte Bill nel tentativo di riportarlo
a me, a noi, alla notte appena trascorsa ma lui mi allontana con estrema
delicatezza. Il brutto della situazione è che lo capisco. Insomma, come avrei
reagito al suo posto?  Minimo minimo mi sarei messa a urlare come un
pazza, a lanciare oggetti per aria, ecco… avrei sfogato tutta la mia rabbia, la
mia frustrazione, la mia delusione contro qualcosa o qualcuno. Invece Bill sembra
impassibile e questo mi fa sentire ancora più piccola e inutile.
«Vuoi un
bicchiere d’acqua?», chiedo, mesta.
«Grazie.»
Gliela porgo, e
nel farlo gli sfioro le dita. Mi sento d’un tratto così patetica. E’ tutto
diverso da come l’avevo immaginato. Se solo avessi una bacchetta magica per
tornare indietro.
«Posso darti il
mio regalo di Natale da scartare?», chiedo.
«Non ora. »
«Oh…okay…»
Mi mordo il
labbro.
Appoggia il
bicchiere sul tavolo. «Vuoi aprire il mio?»
L’ha detto solo
per educazione. Faccio un bel respiro. Se dopo tutto quello che abbiamo
passato, la nostra storia dovesse finire ora, ancora prima di iniziare vorrà
dire che mi mangerò le mani da qui al resto dei miei giorni.
«Mi sarebbe
tanto piaciuto…»
Ho la voce
 che si spezza. Come fa a non accorgersi che se potessi butterei giù a
picconate il muro che si è erto tra di noi per saltargli al collo e non
lasciarlo mai più?
Non può, non
deve, finire così.
«Te lo lascio
in camera. E’ meglio che esca a fare due passi.»
Ti prego, no!
Non andartene, per favore. Non prima di aver chiarito.
Tiro su col
naso e tutto d’un fiato gli dico: «Ho bisogno di una boccata d’aria fresca.
Vengo con te!»
Ci guardiamo in
tralice. Se ho rovinato tutto farò di tutto per rimediare. A costo di mettere
la mia dignità sotto i piedi.
«E’ una
giornata splendida. » Aggiungo. «Potremmo andare in spiaggia, che  dici?»
Lo so. Il due
di picche è dietro l’angolo ma chissenefrega ormai.
E infatti Bill
alza le spalle. Sembra perplesso, poi guarda fuori dalla finestra e dice: «
Mettiamo le scarpe da ginnastica allora»
Non posso
credere alle mie orecchie! Ho voglia di urlare, saltare, ballare. Gli lancio le
braccia al collo.
«Fantastico!»
gli dico ricoprendolo di baci. Un sorriso si sta piegando sul suo volto
nonostante le resistenze.
A questo punto
il sollievo è contagioso. E’ come se avessimo superato il nostro primo esame
insieme e capisco che è solo ora che comincia il bello.
Peccato che
Bill cambi subito idea.
Ma dopo che
sento cosa ha da proporre, lo perdono.
«La spiaggia
può aspettare, torniamocene in camera….»

Oh  Siiiiii!!!!!!!!!!!!!!!!!!


Cosa
c’è di peggio di tuo padre in prigione? Tua madre che si trasferisce da te.

“Dopo mesi in cui non è
successo più nulla ecco, di nuovo, il finimondo. So già che mi pentirò di non
avere apprezzato a sufficienza la rassicurante monotonia delle mie giornate.
Siamo finiti sul lastrico. Non conosco ancora i dettagli. A presto con gli
aggiornamenti.” Loretta Cammareri, sceneggiatrice italoamericana, vive a Los
Angeles e ha un blog. Quello che non può immaginare è che la sua tranquilla
esistenza, fatta di ex amiche stronze diventate famose e sogni in celluloide
ancora da realizzare, sta per essere sconvolta. Per sempre. Il padre, il boss
delle mozzarelle più buone della California, è scappato, pieno di debiti e di
capi d’imputazione, e la madre, sconvolta e abbandonata, sta per trasferirsi da
lei. Peggio di così non poteva andare, ma Loretta non è un tipo che si
demoralizza e cerca subito un buon avvocato. Per fortuna che la vita, come il
migliore dei film, riserva anche piacevoli sorprese e così l’avvocato si rivela
essere, oltre che un re del foro, anche un “re di cuori”. E quando meno te lo
aspetti Los Angeles può diventare LoVangeles… Un divertente viaggio nella
Hollywood di oggi, una passeggiata a due sul Red Carpet.