Alessandro Reali è nato a Pavia e lavora all’ENI di Sannazzaro. Sforna un giallo all’anno (anche due, se capita) e tutti gli chiedono come trovi il tempo per “produrre”. E lui risponde così: «Cerco di scrivere tutti i giorni, come un operaio della penna. Non è semplice ma ci provo».
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Quando e dove nasce il tuo protagonista seriale? In quanti romanzi compare?
La mia coppia di investigatori, Sambuco e Dell’Oro, nasce a Pavia nel 2012. Circa due anni prima avevo iniziato a pensarci e a elaborare le prime storie. L’idea era quella di ambientarle tutte nella mia zona: Pavia e la sua provincia. Il primo titolo è Fitte nebbie, del 2012. Sambuco e Dell’Oro compaiono in nove romanzi. Il decimo uscirà alla fine di gennaio 2022, sempre per Fratelli Frilli. Due anni fa ho iniziato un altro seriale, il Commissario Caronte, ambientato nella Milano anni Sessanta (Fratelli Frilli).
Quando hai scritto il primo avevi già previsto che sarebbe ritornato in altri romanzi? In caso affermativo avevi predisposto la conclusione del primo per tenerti “la porta aperta” e hai annotato informazioni per non cadere in contraddizione? In caso negativo cosa ti ha spinto a riprendere il personaggio?
Curiosamente le prime due storie sono nate pressoché in parallelo. All’inizio avevo pensato a una serie di racconti da raccogliere in un unico volume. Quando ho visto che potevano essere considerati romanzi brevi, ho deciso di provare a pubblicarli separatamente. L’idea, comunque, era assolutamente quella di creare personaggi seriali, da inserire in un contesto e un territorio ben preciso. Però, sinceramente, non pensavo di arrivare a dieci.
Il tuo personaggio “invecchia”? In caso affermativo, le tue storie sono state in sequenza cronologica o si muovono avanti e indietro nella vita del personaggio? Volendo, il lettore potrebbe individuare in quale anno è ambientata ogni singola storia, anche se tu non l’avessi indicata? Perché hai scelto quegli anni? Se non “invecchia”, come gestisci i legami, se ci sono, fra le varie vicende?
I miei personaggi invecchiano come l’autore (abbiamo più o meno la stessa età) e la cosa è facilmente percepibile. Le storie, a grandi linee, sono in sequenza cronologica e, di solito, io specifico l’anno in cui si svolgono. Ogni racconto si può leggere benissimo anche senza conoscere i precedenti, ma per comprendere meglio i due protagonisti sarebbe meglio sapere qualcosa della loro storia, che evolve leggermente di romanzo in romanzo.
Se il tuo personaggio si muove quasi sempre in un territorio ben definito, perché hai scelto quei luoghi? È forte il legame personaggio-luoghi o la storia potrebbe essere spostata senza perdere molto?
Sambuco e Dell’Oro si muovono principalmente a Pavia e nella sua provincia, Oltrepo Pavese e Lomellina, con qualche escursione qua e là per l’Italia. Ho scelto questi luoghi per il semplice fatto che li conosco benissimo ed è più semplice raccontarli. Li ritengo, con le loro atmosfere, particolarmente adatti al genere noir. Intendo dire che, per quel che mi riguarda, clima e paesaggio (anche la cucina, il vino, le tradizioni), hanno la stessa rilevanza dei protagonisti. Come ho detto prima, qualche volta i due detective sono usciti dal loro territorio, ma solo per avventure sporadiche: la base (Pavia) è onnipresente.
Sambuco o Dell’Oro ti somigliano? Hai affibbiato loro qualche tua abitudine o gusto particolare? Le sue opinioni sul mondo e la vita coincidono con le loro? Ti capita di pensare che tu stai diventando simile a uno dei due? Che si stiano impadronendo della tua vita?
Inizio dicendo che Sambuco e Dell’Oro sono molto diversi tra loro. Chi mi conosce bene sostiene che c’è qualcosa di me in entrambe. Io sinceramente non ci penso molto, a questo aspetto. Io credo di assomigliare un po’ a Sambuco per via di una certa malinconia, un po’ di romanticismo e l’amore per Sergio Endrigo e Paolo Conte. Inoltre fuma la pipa, come me. Non posso negare di possedere anche un briciolo della follia di Selmo Dell’Oro e una certa passione per le donne…
Hai mai pensato e/o provato a uccidere uno dei due? Perché? Oppure, hai mai pensato e/o provato ad abbandonarli e a far nascere altri personaggi? Perché? Se porti avanti due serie con personaggi seriali, come ti senti passando da uno all’altro?
Non ho mai pensato di uccidere i miei personaggi. Li abbandono ogni volta che mi dedico a cose diverse. Quando scrivo il Commissario Caronte, Sambuco e Dell’Oro non esistono, e viceversa. Scrivendo anche molto altro, per lunghi periodi a miei personaggi seriali non ci penso proprio. Poi ritornano, quasi sempre, a bussare alla porta con qualche idea.
Chi crea un personaggio seriale popola un mondo di coprotagonisti seriali. Come scegli le “spalle”? Sono soltanto funzionali allo svolgimento dell’azione o li usi per dire qualcosa di più sul protagonista, approfondendo la sua vita privata?
Per me le “spalle” sono molto importanti. Premetto che Sambuco e Dell’Oro sono protagonisti in egual misura, ma nella serie ci sono personaggi che ritornano sempre (il commissario Genziana, Felicino Gatti, la signorina Grandi Tette del Blu Bar, Anna Salimbene della Provincia Pavese, la moglie di Sambuco e poi Valeria) e svolgono un ruolo fondamentale sia per caratterizzare i protagonisti e sia, alcune volte, per certe dinamiche decisive della storia stessa.
Dai importanza all’aspetto fisico dei protagonisti? Alla loro vita interiore? (speranze, delusioni, ideali, ricordi) Hanno una vita affettiva? Sessuale? In caso affermativo, pensi che aiuti a dare profondità? In caso negativo, che distolga dall’indagine?
Per me è indispensabile raccontare la vita e le emozioni dei miei protagonisti. Marco Frilli mi diceva sempre che ero un narratore prestato al giallo, e lui certe cose le comprendeva al volo. Raccontare le suggestioni di Sambuco (che ha perduto un figlio) o le avventure erotiche di Dell’Oro sono caratteristiche indispensabili alla serie. Credo che i lettori si siano affezionati ai personaggi anche per questi aspetti.
Perché hai scelto una coppia di protagonisti? Uno dei due è dominante in tutti i romanzi o si alternano?
Ho scelto una coppia con due protagonisti che più diversi non si può. È stata una scelta ben precisa che mi garantiva di poter esplorare più ambienti e situazioni. La piccola borghesia pavese con Sambuco, per esempio, e il sottobosco criminale, tra spacciatori e puttane, con Dell’Oro. Alcune volte uno dei due è più presente, ma questo deve essere sempre funzionale alla storia stessa.
Se i tuoi personaggi potessero parlare, cosa direbbero di te?
Non ne ho idea: forse che dovrei scrivere meno.
Per concludere: puoi scegliere poche righe di un tuo romanzo che userò come spot del personaggio, tre righe che lo rappresentino.
«…. Eppure occorreva andare avanti, cercando di tenere la schiena dritta, serbando nel cuore i ricordi più cari, i volti amati, le tombe che non risparmiavano rimorsi e rimpianti, con l’amara ironia sufficiente ad affrontare ogni giorni l’avvincente e imprevedibile pantomima che si consumava sotto il cielo che un Dio misterioso aveva sistemato sulla testa degli uomini. » (Blues delle Risaie d’Autunno, Fratelli Frilli 2020)
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