Nato a Rovigo, Nathan Marchetti si è laureato all’Università di Bologna. Abita a Ferrara, è tifoso della Spal, espone le sue opere -dipinti su tavole di legno- alla galleria Independent Artists (è un artista a tutto tondo, sapete? Ha studiato flauto traverso al Conservatorio dagli 11 ai 23 anni) e si diverte a scrivere gialli che pubblica con Fratelli Frilli Editori.
QUI i suoi libri.
Quando e dove nasce il tuo protagonista seriale? In quanti romanzi compare?
Enzo Fellini nasce a Rimini poco più di cinquant’anni fa. Si è formato a Roma, dove ha studiato giurisprudenza. Là incontrava, solitamente di lunedì, suo zio Federico. Che fantasiosamente gli diede, senza un perché, l’idea di fare il poliziotto: uno strampalato consiglio che, comunque, il nostro commissario ha seguito.
La carriera nella polizia ha condotto Enzo Fellini a Venezia, dove lavora ormai da decenni. Là vive con Dora, sua moglie, più giovane di lui di dodici anni, nata a Napoli. Insieme hanno avuto due figli: Luce e Tommaso.
Queste informazioni (e molte altre ancora, ad esempio l’amore per Venezia e per la musica di Astor Piazzolla) vengono fornite per la prima volta nel romanzo “Giallo Venezia”, pubblicato da Fratelli Frilli Editori nel 2019. È in quel libro che il commissario Enzo Fellini nasce dal punto di vista letterario.
Oltre che di “Giallo Venezia”, Fellini è protagonista anche di “Requiem Veneziano” e “Ultimo Carnevale a Venezia”. Questi romanzi danno forma e sostanza alla Trilogia Venezia. Possono essere letti in successione, uno dopo l’altro. Oppure singolarmente, come la lettrice/il lettore preferisce.
Quando hai scritto il primo avevi già previsto che sarebbe ritornato in altri romanzi? In caso affermativo avevi predisposto la conclusione del primo per tenerti “la porta aperta” e hai annotato informazioni per non cadere in contraddizione? In caso negativo cosa ti ha spinto a riprendere il personaggio?
Penso che un’indagine poliziesca sia per sua natura aperta alla serialità. Pertanto, stabilire alcune linee-guida è fondamentale.
Scelsi, fin dalla stesura del primissimo manoscritto, di attenermi a due regole:
– Eliminare, in ogni romanzo, il personaggio secondario che affianca Fellini nell’indagine. Di solito, non “uccidendolo”, bensì spedendolo altrove: a Milano, a Roma, a Ferrara…
– Lasciare in piedi la famiglia di Enzo e Dora, pur mettendo il legame a dura prova (Fellini è un donnaiolo inveterato, nonostante gli sforzi di volontà per fare il bravo; alla fine, per fortuna, Dora lo perdona).
La prima regola aiuta a non ripetersi, romanzo dopo romanzo: se la squadra evolve, mutano anche l’approccio alle indagini, i rapporti umani e le emozioni (amore, nel primo romanzo; amicizia, nel secondo; rivalità, nel terzo).
La seconda regola controbilancia la prima.
Il tuo personaggio “invecchia”? In caso affermativo, le tue storie sono state in sequenza cronologica o si muovono avanti e indietro nella vita del personaggio? Volendo, il lettore potrebbe individuare in quale anno è ambientata ogni singola storia, anche se tu non l’avessi indicata? Perché hai scelto quegli anni? Se non “invecchia”, come gestisci i legami, se ci sono, fra le varie vicende?
Finora, Enzo Fellini è invecchiato più o meno di un anno da un romanzo all’altro. Ha quarantanove anni in “Giallo Venezia”; ne ha cinquanta in “Requiem Veneziano”; si appresta a compierne cinquantuno in “Ultimo Carnevale a Venezia”. Nei prossimi libri prevedo un forte rallentamento del fluire del tempo, ma non un congelamento perché ho a cuore l’evoluzione del mio amico.
Anche se non preciso mai l’anno esatto in cui si svolgono i fatti, Fellini è evidentemente una persona del nostro tempo: un uomo a cavallo tra due millenni lontanissimi. Come me, ha una certa nostalgia del mondo in cui siamo cresciuti. Ci mancano le cose semplici. Tuttavia, come me, Enzo prova a confrontarsi con le novità. A volte ne esce male, come alla fine di “Requiem Veneziano”. In poche parole, se lui fosse stato un po’ più abile con lo smartphone, le cose non avrebbero preso una certa, drammatica piega…
Se il tuo personaggio si muove quasi sempre in un territorio ben definito, perché hai scelto quei luoghi? È forte il legame personaggio-luoghi o la storia potrebbe essere spostata senza perdere molto?
Ho scelto Venezia perché è la capitale della mia anima. È così per tutti noi Veneti. Se usciamo dalla nostra bella regione, cerchiamo smarriti il leone alato di San Marco e ci stupiamo di non scorgere l’amato vessillo sventolare dai palazzi. Chiediamo inutilmente nelle edicole se hanno una copia de Il Gazzettino. Parliamo in dialetto più di prima, meglio di prima. Da quando abito a Ferrara, va così.
Tuttavia, il protagonista della mia serie non è Veneziano bensì è nato a Rimini. Perché non ho scelto un uomo del Veneto? Perché forse sarebbe stato scontato. E per favorire l’interesse del pubblico. La maggior parte delle lettrici e dei lettori non sono Veneti. A Venezia, ci arrivano. La scoprono. La amano. Esattamente come Fellini.
Tutto ruota e ruoterà attorno a Venezia anche in futuro: è la città imprescindibile di questi polizieschi. Non si potrebbero trasporre altrove, perché la Serenissima è protagonista assoluta di ogni trama. Con le sue nebbie, i rii, le calli, le maschere…
Programmi pensieri, gesti ed emozioni (in sostanza, la vita) del tuo personaggio li decidi tu o è lui (o lei) a prendere le redini e fare ciò che vuole? Se decide lui (o lei), questa inquietante situazione si è presentata in quale romanzo (indica il numero d’ordine)? Se decidi tu, per favore dammi la ricetta!
Siamo entrambi soggetti al Fato: Enzo Fellini ed io. Nel caso di Fellini, il destino si deve prevedere. Come? Riflettendo, meditando per lungo tempo. Emerge, gradualmente, Fellini così com’è, già bell’e fatto, dall’inizio alla fine della sua vita, con tutte le sue peculiarità.
La mia teoria è che ogni sua storia pre-esista nell’inconscio. Ogni romanzo, dall’inizio alla fine, c’è già. Si tratta soltanto di lasciar salire a galla i racconti. Di “ascoltarli”, ascoltandosi. E, quindi, di narrare.
L’autore sembra scomparire, in questo processo, ma ciò avviene solo apparentemente: dato che i personaggi (tutti i personaggi, non solo il protagonista) sorgono dalla parte più profonda del sé, essi svelano alcuni lati nascosti, intimi dello scrittore.
Date importanza all’aspetto fisico del protagonista? Alla sua vita interiore? (speranze, delusioni, ideali, ricordi) Ha una vita affettiva? Sessuale? In caso affermativo, pensate che aiuti a dare profondità? In caso negativo, pensate che distolga dall’indagine?
Quando ero un ragazzo, appesi in salotto una foto di Che Guevara entro una cornice dorata. Questo atto rivoluzionario venne svilito da una nostra parente di Cavarzere, che scambiò il Che per… mio papà, da giovane.
Effettivamente, i due si assomigliavano.
Ecco perché Fellini assomiglia a Che Guevara: si tratta di un omaggio a mio padre, la persona che mi ha insegnato più di tutti, nella vita. I suoi valori, sono i miei valori. Credere nei valori autentici, di questi tempi, è come possedere i diamanti. Il senso della giustizia, il rispetto per gli impegni presi. “Vai di persona, non telefonare. Non nasconderti mai dietro a un telefono. Non avere paura. Mettici la faccia. E ricorda de aver sempre co’ ti do schei de mona in scarsèa: non voler mai prevalere sugli altri”.
Enzo Fellini si chiama Enzo perché Enzo Marchetti si chiama Enzo. Da ragazzo, seguivo mio papà negli uffici, dai fornitori, dai clienti, dagli avvocati, dappertutto. Vedevo le donne guardarlo con interesse. Lui, regalava loro un sorriso gentile che faceva effetto. Piaceva, insomma, anche se non mi sono mai sognato di chiedergli dettagli.
Mia mamma ha dodici anni meno di lui.
Vinse una causa in tribunale facendo notare un indizio al suo avvocato. Era (ed è) in gamba.
La vita di Fellini, in realtà, è il frutto di molte fantasticherie su ciò che non so né non saprò mai in merito al mio caro “Enzo domestico”…
Se il tuo personaggio potesse parlare cosa direbbe di te?
Credo che Enzo Fellini mi stia odiando, dopo quello tutto il male che gli ho fatto in “Ultimo Carnevale a Venezia”. Consapevole di questo, ho inserito nel romanzo un personaggio che si chiama, guarda caso, Nathan Marchetti. Costui provoca, nel commissario Fellini, un sentimento di profonda antipatia. Fellini apostrofa Marchetti con queste belle parole: “cane, pagliaccio”. E gli dedica un encomio: “Ma va’ davvero a pigliartelo nel culo”.
Puoi scegliere poche righe di un tuo romanzo che userò come spot del personaggio, tre righe che lo rappresentino.
“Cerco il mio volto nello specchietto retrovisore. Capelli castano scuro, sul lungo, ribelli a tutti gli ordini. Occhi scuri. Zampe di gallina. Piccole borse sotto gli occhi. Una vaga somiglianza con Che Guevara.
«Vietato fumare in servizio!», protesto mentre, a bordo del motoscafo, passiamo sotto il Ponte di Rialto.”
(“Giallo Venezia”, Fratelli Frilli Editori, 2019)
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