Fabrizio Borgio nasce ad Asti il 18 giugno 1968. Appassionato di cinema e letteratura, affina le sue passioni nell’adolescenza iniziando a scrivere racconti.
Trascorre diversi anni nell’Esercito. Lasciata l’uniforme, bazzica gli ambienti artistici astigiani, segue stages di sceneggiatura con personalità del nostro cinema, tra cui Mario Monicelli, Giorgio Arlorio e Suso Cecchi d’Amico.
La fantascienza, l’horror, il mistero, il fantastico tout court, gialli e noir sono i generi che maggiormente lo coinvolgono e interessano. Esordisce partecipando con un racconto breve al concorso letterario Il nocciolino di Chivasso e ricevendo il premio della giuria.
Dal 2015 è membro della Horror Writers Association.
Sposato, vive con la famiglia e un gatto nero di nome Oberyn a Costigliole d’Asti, dove oltre a guadagnarsi da vivere e scrivere i suoi romanzi, milita nella locale sezione della Croce rossa Italiana come soccorritore.
QUI i suoi libri.

Quando e dove nasce il tuo protagonista seriale? In quanti romanzi compare?
L’investigatore privato Giorgio Martinengo compare per la prima volta in Vino rosso sangue, edito dalla Fratelli Frilli editori nel novembre del 2014 ed è finora protagonista di cinque romanzi.

Quando hai scritto il primo avevi già previsto che sarebbe ritornato in altri romanzi? In caso affermativo avevi predisposto la conclusione del primo per tenerti “la porta aperta” e hai annotato informazioni per non cadere in contraddizione? In caso negativo cosa ti ha spinto a riprendere il personaggio?
Giorgio Martinengo è nato espressamente per essere una serie e questo ha comportato una sua precisa biografia che ne rendesse credibile e coerente la figura con la sua professione; in conseguenza di questo retroterra, anche le storie si sono strutturate seguendone la biografia. Sebbene quasi mai pianifico i finali delle mie storie, lasciandoli sviluppare dalla logica interna della trama, nelle storie di Martinengo mi sforzo di mantenere un equilibrio tra la conclusione del caso e l’eventuale apertura del prossimo.

Il tuo personaggio “invecchia”? In caso affermativo, le tue storie sono state in sequenza cronologica o si muovono avanti e indietro nella vita del personaggio? Volendo, il lettore potrebbe individuare in quale anno è ambientata ogni singola storia, anche se tu non l’avessi indicata? Perché hai scelto quegli anni? Se non “invecchia”, come gestisci i legami, se ci sono, fra le varie vicende?
Martinengo invecchia, certo e se togliamo il caso di Morte ad Asti, che è un romanzo scritto con capitoli alternati tra il 1996 e il 2016, tutti gli altri seguono passo passo la crescita e la maturazione del protagonista. L’ambientazione è contemporanea anche se non dato mai in maniera precisa l’epoca delle storie. Ho scelto l’oggi perché mi interessa raccontarlo senza cadere nella trappola dell’elegia di tempi passati, che in realtà non la meritano. Nell’oggi viviamo e con l’oggi dobbiamo fare i conti.

Se il tuo personaggio si muove quasi sempre in un territorio ben definito, perché hai scelto quei luoghi? È forte il legame personaggio-luoghi o la storia potrebbe essere spostata senza perdere molto?
La terra di Martinengo è il Piemonte e lui è per primo un’espressione di piemontesità che funge da lente attraverso guardare il mondo e analizzarlo da un punto di vista che reputo particolare. Il legame con il suo territorio è forte e contraddittorio, esattamente come lo vive il suo creatore. Le storie di Martinengo potrebbero benissimo svolgersi in altre parti d’Italia ma dovrebbe cambiare l’ottica, l’atteggiamento, la visione della vita e dei rapporti con gli altri, sarebbero semplicemente altri romanzi e non storie di Giorgio Martinengo.

Il tuo personaggio ti somiglia? Gli hai affibbiato qualche tua abitudine o gusto particolare? Le sue opinioni sul mondo e la vita coincidono con le tue? Ti capita di pensare che tu stai diventando simile a lui? Che si stia impadronendo della tua vita?
A sentire i lettori mi assomiglia fin troppo, il paradosso è che quando ho iniziato a strutturare questo personaggio ero partito con l’idea di descrivere qualcuno differente da me. È altresì vero che alcune sue caratteristiche mi appartengono, questo è un tipico espediente per dare un’ossatura che fosse credibile e consentisse un approfondimento psicologico con una base nota però lo ribadisco sempre: Martinengo non è e non vuole essere un alter ego di Borgio. Le tangenze che per me sono più palesi rimangono il suo sguardo sul mondo e sì, molte ma non tutte sue opinioni sulla vita le condivido ma, rimanendo letterale rispetto alla domanda, dico anche no: Martinengo non si sta impadronendo della mia vita.

Hai mai pensato e/o provato a uccidere il tuo personaggio seriale? Perché? Hai mai pensato e/o provato ad abbandonarlo e a far nascere un altro personaggio? Perché? Se porti avanti due serie con personaggi seriali, come ti senti passando da uno all’altro?
Sono senz’altro adultero, l’umanità di carta è vasta e troppo affascinante perché la mia scrittura si leghi a un solo personaggio. Martinengo tra l’altro non è l’unica figura seriale che ho costruito, prima di lui c’era l’agente speciale del DIP Stefano Drago che ha finora vissuto nell’arco di tre romanzi di genere horror. Non preventivo la vita di un personaggio, Martinengo è il più longevo ma non saprei quanto ancora ha da dire, per certo so che un sesto romanzo con lui è in cantiere, dopo vedremo che cosa succede. Passare da un personaggio all’altro lo trovo rivitalizzante, significa cambiare mondo, cambiare ottica, genere. È sano per lo scrittore e per la sua scrittura, è un ricambio di sangue che dona nuova energia e stimoli inediti. Non escludo un terzo protagonista seriale ma è prematuro parlarne.

Programmi pensieri, gesti ed emozioni (in sostanza, la vita) del tuo personaggio li decidi tu o è lui (o lei) a prendere le redini e fare ciò che vuole? Se decide lui (o lei), questa inquietante situazione si è presentata in quale romanzo (indica il numero d’ordine)? Se decidi tu, per favore dammi la ricetta!
Con questa domanda rientriamo in quella che prima avevo definito la logica interna di una storia, come ce l’ha una storia ce l’ha anche il personaggio. La crescita, lo sviluppo e la trasformazione del protagonista sono frutto speculare della maturazione dello scrittore. Quando mi metto a scrivere una storia di Martinengo io indosso i suoi panni, divento la sua memoria, la sua coscienza. Vedo con i suoi occhi, che a un certo punto non sono più i miei. Credo che sia inevitabile quando lo stesso personaggio supera appunto i tre romanzi. Nel caso di Martinengo, la svolta è stata proprio con Morte ad Asti, guarda caso terzo romanzo della serie. L’aver messo lo sguardo retrospettivo della sua gioventù negli anni novanta ha rinsaldato il suo sviluppo. Donargli un passato preciso e strutturato ha completato la sua persona. In definitiva reggo le redini, ma non le tengo forte!

Chi crea un personaggio seriale popola un mondo di coprotagonisti seriali. Come scegli le “spalle”? Sono soltanto funzionali allo svolgimento dell’azione o li usi per dire qualcosa di più sul protagonista, approfondendo la sua vita privata?
Vere e proprie “spalle” sono comparse nei primi tre romanzi, la donna magistrato dottoressa Temperino, il commissario Falco, il chimico Marchese; dal quarto, La Ballata del Re di Pietra il parco dei coprotagonisti è mutato di pari passo con la progressiva solitudine del protagonista. Tutte le figure che compaiono sono infine mezzi per approfondire Martinengo e il suo mondo.

Date importanza all’aspetto fisico del protagonista? Alla sua vita interiore? (speranze, delusioni, ideali, ricordi) Ha una vita affettiva? Sessuale? In caso affermativo, pensate che aiuti a dare profondità? In caso negativo, pensate che distolga dall’indagine?
Una volta davo un’importanza enorme all’aspetto fisico del protagonista, mi preoccupavo di descriverlo con minuzia poi, evolvendo il mio stile di scrittura sto preferendo caratterizzazioni più suggerite ed evocative. Questo ha permesso infine di connotare in maniera soddisfacente l’aspetto di Martinengo senza doverne fare per forza una fotografia. La vita interiore invece è fondamentale, è anche attraverso di essa che l’indagine si dipana. Il giallo noir è una storia di varia umanità, non si può prescindere da nessuno degli aspetti peculiari dell’esistenza di uomini e donne: sentimenti, sesso, ambizioni, politica.

Se il tuo personaggio potesse parlare cosa direbbe di te?
“Lo conosco bene Borgio.” disse Martinengo abbozzando un sorriso e posando il bicchiere di vino. “È un bravo ragazzo, ha dentro ancora quella micidiale ingenuità sulla quale il mondo di oggi s’avventa con furia vorace ma è anche un testardo. Se non fosse testardo il mondo l’avrebbe già sbranato, facendone l’ennesimo deluso incattivito dalla vita. Invece è ancora qua. E lo sono anch’io grazie a lui.”

Puoi scegliere poche righe di un tuo romanzo che userò come spot del personaggio, tre righe che lo rappresentino.
“Stava bene dappertutto, Giorgio, cittadino del mondo, ma figlio, sempre figlio di quelle terre. Irrimediabilmente. E, più si fermava, più le radici affondavano; anche per quello sentiva l’esigenza periodica di viaggiare, per ricordarsi che oltre c’erano i rami protesi al cielo, alla luce.”
Dal racconto Un quadretto di zucchero, Racconti scontati, 2018