Leah Weston ha pubblicato con la Triskell edizioni il racconto male to male “You and me again”, i cui personaggi hanno rilasciato un’intervista nell’antologia “Short but sweet – Quando i personaggi escono dai libri” in collaborazione con tanti autori e autrici italiani di gay romance. Il suo ultimo lavoro è l’antologia di racconti male to male “Loves from the world” scritta con Cristina Bruni e uscita in self a fine novembre.

1.              Prima domanda di rito: perché scrivere? Come è nata questa “necessità” e quando?

Credo che ci sia sempre stata. A scuola adoravo fare i temi e l’italiano era la mia materia preferita. Mi piaceva studiare la vita e le opere degli autori, le varie correnti letterarie. Mi è sempre piaciuto anche leggere, cosa che, secondo me, spesso va di pari passo con la scrittura. Da bambina mi regalarono il mio primo diario, quelli con il lucchetto e la chiave. Ero alle elementari, non ricordo di preciso quanti anni avessi, e iniziai a riportare su quelle pagine bianche i miei pensieri, le mie giornate. Divenne un’abitudine. Finito un diario, ne compravo un altro. Sono andata avanti fino ai diciannove anni e li ho ancora tutti.

2.              Come scrivi? Penna e carta, moleskine sempre dietro e appunti al volo, oppure rigorosamente tutto a video, computer portatile, ipad, iphone?

Penna e carta. Sono vecchio stile. Ho tutta una serie di quadernoni dove scrivo le mie storie. Questo da una parte mi porta via più tempo perché poi devo copiare tutto su pc. C’è però il vantaggio che mentre ricopio già mi accorgo di alcuni errori e inizio a sistemare il testo. Ho provato a scrivere direttamente su pc, ma non mi sento ispirata. Non so perché, ma mi ritrovo a fissare la pagina di word vuota, faticando a buttare giù le parole. In più in borsa ho sempre un’agenda per le idee che mi vengono in mente all’improvviso, in modo da fissarle su carta e non dimenticarle.

3.              C’è un momento particolare nella giornata in cui prediligi scrivere i tuoi romanzi?

La sera tardi. Ho bisogno di concentrazione e durante la giornata è difficile trovarli. A volte devo avere assoluto silenzio, mentre altre volte scrivo con la musica in sottofondo. Va a momenti.

4.              Che cosa significa per te scrivere?

È come un’esigenza. Ho queste storie che si formano nella mia mente, i personaggi che mi parlano, che vogliono che dia voce a quello che provano, a quello che sentono e se non mi metto a scrivere continuano a ronzarmi in testa. Perciò meglio accontentarli, no?

5.              Ami quello che scrivi, sempre, dopo che lo hai scritto?

In realtà sì. Sento spesso scrittrici e scrittori che rileggendo dei loro lavori non gli piacciono per niente. Finora non mi è mai successo. È capitato invece che, lasciandoli da parte per qualche tempo, trovassi errori e pensassi: “Oddio, che cosa ho scritto?” Ma credo succeda spesso, non solo a me. A distanza di tempo si è più obbiettivi e si riesce meglio a vedere dove si è sbagliato. Quando si scrive lo si fa di getto, si è presi dalla foga del momento e il cervello quando legge qualcosa di appena terminato fa brutti scherzi, correggendo in automatico e non facendoti vedere gli errori.

6.              Rileggi mai i tuoi libri, dopo che sono stati pubblicati?

Ho riletto il racconto uscito con la Triskell Edizioni appena è stato pubblicato. L’ho scaricato e riletto. È stata una bella emozione. Intensa. Quando lo mandai fu per mettermi alla prova, per vedere se quello che scrivevo poteva piacere anche ad altri. Ero a un punto della mia fase di scrittura in cui avevo bisogno di capire quanto valeva ciò che creavo. Sono sempre stata molto insicura sulle mie capacità di scrivere, in famiglia prima della pubblicazione non sapevano nemmeno che scrivessi. Essere pubblicata ha aumentato la mia autostima in questi ultimi mesi.

7.              Quanto c’è di autobiografico nel tuoi libri?

C’è sempre qualcosa di autobiografico quando si scrive. Può essere una situazione, un’emozione. In fin dei conti tutti nella vita abbiamo amato, siamo stati lasciati, abbiamo sofferto per una perdita, abbiamo fatto errori, costruito un percorso con un’altra persona. Chi scrive, come me, storie d’amore mette in evidenza stati d’animo comuni a tutti gli esseri umani. E non importa se si scrive male to male o i “classici” romance; l’amore è un sentimento universale, non fa differenza chi ami.

8.              Quando scrivi, ti diverti oppure soffri?

Direi entrambi… e molto di più. Mi lascio trasportare dalle parole, dalla storia e mi arrabbio, piango, rido, sospiro di gioia. È un mix complesso di emozioni, un continuo sali e scendi. Mi è capitato anche di essere arrabbiata e di prendere un foglio per sfogarmi. Avevo già deciso di scrivere un confronto molto forte tra due personaggi, così ho sfruttato l’emozione del momento e ho scritto quella scena, anche se non ero ancora arrivata a quel punto. Sto ancora scrivendo. Il foglio è lì, in fondo al quaderno, in attesa di essere inserito quando sarà ora.

9.              Trovi che nel corso degli anni la tua scrittura sia cambiata? E se sì, in che modo?

La scrittura è sempre in evoluzione. Più si scrive, più si fa esperienza. Laddove prima si facevano errori, s’impara a non farne più. La cosa più importante però è ascoltare quando ci danno un consiglio, quando ci dicono dove abbiamo sbagliato. La critica costruttiva è un ottimo metodo per migliorarsi. Altra cosa fondamentale è voler sempre imparare, perché c’è sempre da imparare. Perciò sì alla curiosità, sì alla sete di conoscenza, sì al confronto con chi scrive come noi.

10.           Come riesci a conciliare vita privata e vita creativa?

È una bella lotta. Sono entrambe importanti per me e non vorrei mai che una prevaricasse sull’altra. Questo è uno dei tanti motivi per cui ho scelto uno pseudonimo. Mi permette una certa “divisione” tra questi due aspetti della mia vita.

11.           Ti crea problemi nella vita quotidiana?

A volte è successo, soprattutto vicino alle scadenze. Si è particolarmente stressati e a volte di malumore. La cosa più complicata è trovare il tempo per fare tutto e farlo bene.

12.           Come trovi il tempo per scrivere?

Mi impongo di trovare il tempo per scrivere. Spesso scrivo anche se ho sonno, vado a letto tardi e al mattino sono uno straccio, ma è l’unico modo. Durante il giorno è poco il tempo di scrivere, magari riesco a ritagliarmi una mezz’oretta qua e là, ma è troppo poco se non scrivessi anche la sera tardi.

13.           Gli amici ti sostengono oppure ti guardano come se fossi un’aliena?

Dipende. Quelli che mi sostengono sono amici che condividono con me il mio amore per la scrittura e per la lettura, soprattutto male to male. Chi non legge e non scrive lo vede come un hobby di poco conto e devo dire che la cosa mi ha ferito, anche recentemente. Sono arrivata alla conclusione che forse è meglio condividere la mia passione solo con chi può capirla.

14.           Nello scrivere un romanzo, “navighi a vista” come insegna Roberto Cotroneo, oppure usi la “scrittura architettonica”, metodica consigliata da Davide Bregola?

Direi entrambe. Parto con una scaletta per punti in cui a grandi linee c’è scritta la trama, compreso il finale. Diciamo che butto giù i fatti principali. Poi, mentre scrivo, lascio libero sfogo a quello che mi passa per la testa in quel momento.

15.           Quando scrivi, lo fai con costanza, tutti i giorni, come faceva A. Trollope, oppure ti lasci trascinare dall’incostanza dell’ispirazione?

Decisamente la seconda, anche se nei giorni in cui non scrivo mi vengono i sensi di colpa. Allora finisce che apro il quaderno e scrivo, anche solo due righe, e già mi sento meglio.

16.           Tutti dicono che per “scrivere” bisogna prima “leggere”: sei un lettore assiduo? Leggi tanto? Quanti libri all’anno?

Sono d’accordo, leggendo si assimila e aiuta tanto. Tra libri nuovi e riletture, quest’anno credo di essere intorno ai duecento, tra libri in italiano e in inglese. Perciò sì, direi che sono un lettore assiduo. E non potrei farne a meno.

17.           Quale è il genere letterario che prediligi? E’ lo stesso genere che scrivi o è differente? E se sì, perché?

Il genere letterario che prediligo è il gay romance, che poi è anche quello che scrivo. Credo che sia una conseguenza naturale e logica scrivere qualcosa che già si apprezza come lettore. Intanto lo si conosce bene come genere, perciò si riuscirà a scriverlo con più facilità, inoltre è un genere che mi emoziona molto e di cui, secondo me, la diffusione dovrebbe essere incoraggiata per farlo arrivare ai livelli del romance “tradizionale”. Ho letto storie bellissime a cui la gente non si avvicina nemmeno per via dei pregiudizi.

18.           Autori/Autrici che ti rappresentano o che ami particolarmente: citane due italiani e due stranieri.

Qui è difficile. Ce ne sarebbero così tanti e sembra quasi di fare un torto a chi non viene citato. Così di getto dico Tj Klune e Cardeno tra gli stranieri, ma sono solo due di tanti. Tra gli italiani Oriana Fallaci (che mi ha accompagnato per tutta la mia adolescenza) e i classici della letteratura italiana studiati a scuola.

19.           Di gran voga alla fine degli anni ’90, più recentemente messe al bando da molte polemiche in rete e non solo; cosa puoi dire a favore dell’insegnamento della scrittura e ai corsi che proliferano un po’ ovunque e cosa contro?

Non ho un’idea ben precisa, in quanto non ho mai preso parte a un corso di scrittura creativa, ho solo iniziato a scrivere e ho continuato. Non ho nemmeno mai letto uno dei tanti prontuari di scrittura (mea culpa), ho imparato, e continuo a imparare, scrivendo e confrontandomi con colleghi scrittori e amici nel campo dell’editing. Però sono uno degli utenti del forum “èscrivere” dove si può partecipare a esercizi di scrittura in cui gli altri utenti ti commentano e ti consigliano, oltre a esserci articoli interessanti su vari dubbi che possono venire quando si scrive.

20.           Dei tuoi romanzi precedenti, ce n’è uno che particolarmente prediligi e senti più tuo? Se sì qual è, vuoi descrivercelo e parlarci delle emozioni che ti ha suscitato a scriverlo?

Finora ho scritto tre racconti: il primo “You and me again” uscito con la Triskell edizioni e gli altri due “Un Natale indimenticabile” e “Una nuova opportunità” usciti in self nell’antologia “Loves from the world” scritta con la mia collega e amica Cristina Bruni. “Una nuova opportunità” è quello che mi ha emozionato di più, sia mentre lo scrivevo sia quando l’ho riletto una volta finito. Mentre scrivevo la scena alla finestra ero devastata, sentivo tutto il dolore dei protagonisti. Parla di una coppia che si lascia a causa delle paure di uno dei due componenti e di come, a volte, ci si renda conto di quello che si ha e di quanto sia importante, solo dopo che lo abbiamo perso.

21.           Hai partecipato a concorsi letterari? Se sì, quali?  Li trovi utili a chi vuole emergere e farsi valere?

Mai partecipato. Penso che a volte possano essere utili, però negli ultimi anni con il boom dei self, forse hanno perso un po’ di valore.

22.           A cosa stai lavorando ultimamente e quando uscirà il tuo nuovo romanzo?  Vuoi parlarcene?

Sto lavorando a più di un progetto. Ho iniziato da tempo la stesura di un romance m/m e, dopo una lunga pausa per preparare i racconti dell’antologia, l’ho ripreso in mano nelle ultime settimane. Non so ancora quando uscirà, ma spero proprio che piacerà ai lettori. Ho scalette già segnate di storie che voglio scrivere e chissà… potrei in futuro collaborare ancora con Cristina Bruni, ma è ancora troppo presto per dirvi di più.

23.           Un consiglio a un aspirante scrittore?

Accettare i consigli di chi è più esperto di noi e non credere di essere mai arrivati, c’è sempre da imparare. E poi scrivere, scrivere, scrivere. Leggere tanto e avere la consapevolezza che quello che scriviamo non può piacere a tutti. L’importante è impegnarsi per far avere un buon prodotto ai lettori. Ok, forse è più di un consiglio questo!

24.           E  ne avresti uno anche per chi ha già pubblicato il primo romanzo e deve orientarsi per ottenere una seconda pubblicazione?

Se decide di pubblicare con Ce scegliere tra quelle che pubblicano il proprio genere (non ha senso mandare un manoscritto a mille case editrici, meglio selezionare le più adatte) e informarsi sulla serietà della Ce. Per chi pubblica in self:  o si decide di fare tutto da soli e allora bisogna studiare tanto, leggere tanti articoli (dall’impaginazione nei vari formati, alla scelta di un grafico, ai metodi di pubblicazione negli store, ect.) oppure ci si rivolge a uno dei tanti servizi editoriali presenti (molti non curano solo l’editing, ma anche cover e creazione dell’ebook). In ogni caso, sia che ci si affidi a un servizio editoriale, sia che non lo si faccia il manoscritto va sempre editato da qualcuno di competente.

Grazie per averci concesso questa intervista.

Grazie a voi, è stato un vero piacere.

OoO

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