Abbiamo proposto un gioco alle amiche: “Con chi immaginate di essere intrappolate in un ascensore durante un black out, mentre il dentista vi trapana un molare e voi cercate, con la forza del pensiero, di dimenticare la triste realtà…?”
Abbiamo ricevuto due brevissimi racconti da Il VeloNero e Macrina Mirti. Poi, a notte fonda, Viviana Giorgi ha mandato una storia, dimenticandosi del dentista, ma abbiamo deciso di perdonarla. Eccoli.
IL VELO NERO
Sono agitata, è sempre la solita storia, ogni volta sento le farfalle nello stomaco, quando lo vedo il mio cuore manca un battito. E poi, inevitabile, arriva il blackout…
Non posso farci nulla, lo so, ogni benedetta volta mi ripeto che questa storia deve finire, che sono una donna adulta, che lui è solo un uomo come tutti gli altri, che non devo vederlo diverso da quello che è. Continuo a ripeterlo ma il film che viene proiettato nella mia testa è del tutto differente.
Chiamo l’ascensore, sono agitata, ogni cellula del mio corpo vibra al suo richiamo, sto per rivederlo. Sono consapevole che una lieve patina di sudore sta velando la mia fronte. Mi umetto le labbra, assaggio il dolce sapore di ciliegia del lucidalabbra rosso che ho messo per l’occasione. Guardo le mia immagine riflessa nello specchio opaco e polveroso dell’abitacolo, controllo il trucco che so già, quando uscirò, sarà sbavato, e non avrò avuto il coraggio di risistemarmi dopo il nostro incontro, e come tutte le altre volte fuggirò più in fretta possibile da quell’appartamento, teatro della mia ennesima disfatta. Comincio a tremare, l’ascensore sta per arrivare al piano, si ferma e di colpo è tutto buio…
Ahia! Che botta! Non si vede un’acca, ho sbattuto il ginocchio contro… contro… una poltrona da dentista? Che ci fa in un ascensore una poltrona da dentista? Sento dei gemiti sommessi, odore di sudore, essenza di muschio, penetrante e invadente… No, è disinfettante. È tutto buio. Intorno a me non odo parole che dici umane, ma odo parole più nuove che parlano gocciole e foglie… No, gocciole… Gocce in faccia. Qualcuno parla…
“Svegliati! VeloNero svegliati!… Se non si sveglia, chiamiamo un’ambulanza”.
“Guarda, sta rinvenendo, ha avuto uno shock”.
“È un caso disperato”.
“Ma doveva solo fare la pulizia dei denti”.
“Appunto, è un caso disperato”.
OoO
MACRINA MIRTI
Ho mal di denti: un atroce, devastante, feroce, tragico mal di denti. È questo l’unico motivo per cui ho fissato un appuntamento con il dottor Lolli. Alle tre del pomeriggio, infilo di mala voglia il portone del palazzo dove si trova il suo studio. Sono depressa e terrorizzata al tempo stesso. Chiamo l’ascensore e aspetto. Gli ascensori di questi antichi edifici sono vecchi, lenti e malfidi. Questo sta scendendo con un cigolio che non promette nulla di buono. Finalmente arrivo, apro la porta e: «Le dispiace se entro con lei, signora Bini?»
Mi volto e… orrore: il dottor Lolli è proprio alle mie spalle.
«Certo che no, dottore» rispondo giuliva, ma le mie parole suonano false come quelle di Giuda Iscariota. Odio il dottor Lolli. Mi terrorizza. Credo che sia un pazzo sadico che gode nel trapanare, incidere, incapsulare, estrarre denti e radici. Suppongo che più un paziente soffra e più lui goda, fino a raggiungere l’orgasmo. Comunque, faccio buon viso a cattiva sorte.
«Credo che lei sia il primo appuntamento del pomeriggio» mi dice il boia, premendo il pulsante del quinto piano. Il clangore metallico dell’ascensore che parte mi fa tremare il sangue nelle vene.
Che il cielo mi aiuti, penso sconfortata. All’improvviso, un colpo secco e il clangore scompare.
«Che succede?» domando.
«Non si preoccupi, signora Bini. L’ascensore si è fermato. Succede spesso, in questo palazzo. Ma io ho preso le mie precauzioni.»
«Davvero?»
«Coraggio, apra la bocca e mi faccia vedere» ordina estraendo dalla sua valigetta un elettrodo che si applica sulla fronte.
Lo osservo interdetta mentre tira fuori dalla stessa valigetta un bisturi, una sonda, una curette e altri strumenti di tortura.
«Apra la bocca» intima. «Ho il prossimo appuntamento tra venti minuti. Lei capisce che per me il tempo è denaro!»
«Aiuto!» grido avvicinandomi alla pulsantiera e schiacciando i tasto di allarme.
«Non gridi, signora Bini e stia tranquilla. Andrà tutto bene» mi rassicura.
Mentre apro la bocca per strillare, mi infila dentro una mano. «Faccia vedere» intima.
Mordo con tutte le mie forze.
«Cannibale!» grida.
«Aiuto!» urlo.
«Che cazzo succede!» sbraita una voce.
«Aiutatemi!» strillo con quanto fiato ho in gola. Forse ce l’ho fatta.
OoO
VIVIANA GIORGI
Lei entra di corsa, mentre le porte si stanno già chiudendo.
“Grazie” dice trafelata all’uomo che già è dentro e che lei sente appena imprecare.
Ha fretta il tipo! Mi scusi se le ho fatto perdere cinque secondi, borbotta tra sé.
Cavoli, a ben guardarlo è alto e grosso, imponente, vestito di tutto punto, in giacca e cravatta, ma ha un borsalino calato sugli occhi e una sciarpa azzurra (certo di cashmere) arrotolata intorno alla bocca. Tra sciarpa e cappello spunta solo un po’ di guancia, appena sporca di barba, e la punta di un bel naso decisamente maschile, non da bamboccione.
Cavoli!
Se il volto è come il corpo…
Lui chiede, secco: “Che piano?”
Ha anche una voce da urlo. Di quelle che ti arrivano dove non dovrebbero.
Che sia un divo del cinema? Un tipo famoso? Un serial killer?
“Trentesimo, grazie” dice lei, senza riuscire a staccargli gli occhi di dosso. Anche lui deve essere diretto al trentesimo, perché il bottone corrispondente è già illuminato.
Che culo! Forse viene in studio? si chiede lei. Che abbia bisogno di un avvocato, o meglio di una avvocatessa?
MOI?
Ridacchia. Lui si gira a guardarla, come fosse un caso patetico di imbecillità congenita. O almeno è quello che pensa lei, visto che gli occhi sono nascosti dal cappello. Verdi? Azzurri? Castani? Naaa. Quello è un tipo da verdi.
Le porte si chiudono e l’ascensore comincia a salire. Lei guarda sul display i numeri dei piani che scorrono veloci.
Mannaggia, quanto va veloce ‘sto ascensore, non potrebbe rallentare un po’? E se in un accesso di follia schiacciassi lo stop e gli saltassi addosso? In fondo le donne sono state vittime per anni dei maniaci degli ascensori… Si pente subito di tali sciocchi pensieri, perché proprio in quel momento l’ascensore si ferma, con delicatezza ma si ferma.
Che io sia dotata di poteri paranormali?
Le luci si abbassano e lei sente un brivido di paura.
“Che succede?” chiede al misterioso compagno di salita.
“Vorrei saperlo anch’io” risponde lui, la voce più inferocita di quella di Giove Pluvio in un giorno di incazzatura olimpica.
Cavoli!
Il panico comincia a impossessarsi di lei perché, in quel momento, l’ipotesi divo del cinema crolla miseramente e quella serial killer prende il sopravvento. E poi lei soffre di claustrofobia.
“Faccia qualcosa!” lo implora, come se fosse Batman.
E a quel punto lui con lentezza si leva la sciarpa dal volto.
Se all’improvviso si fosse diffusa nell’ascensore appena illuminato al musica di 9 settimane e mezzo, sarebbe stato perfetto.
Lui.
Sexy come il diavolo e perfetto.
Cavoli!
ragazze, siete fantastiche.
Divertenti, vero?
Ehi, ma ci sono anche io!! E in che compagnia! Baci Babette e Babetters
Certo che ci sei anche tu!
Dopo mesi sono riuscita a commentare, URRA’
Che gruppo di autrici figherrime! Certo che a trovarlo l’ascensore dove stanno ste tre… 😀
Io mi accontenterei di buttare fuori dall’ascensore Viviana e di prendere il suo posto con il tipo sexy.
Io ho attinto ai ricordi di quando ero bambina. Il dentista mi chiamava “La Cannibale” perché ogni volta che mi infilava le dita in bocca, tentavo di staccargliele 🙂