La discussione è stata accesa (ma sempre fra amici, come è regola nel Gruppo di Babette Brown): i famosi/famigerati concorsi. Partecipare, o starne alla larga? Ecco alcuni pareri.
SIMONA LIUBICICH
I concorsi letterari possono essere un buon trampolino di lancio o non servire assolutamente a nulla. Sta nell’intelligenza dello scrittore appurare determinate caratteristiche che tali concorsi devono possedere per potersi considerare seri. Innanzitutto, una giuria composta da professionisti comprovati (se ci vanno la miss del paese, l’assessore all’urbanistica e il pasticcere non credo che sia attendibile) e un premio che garantisca qualcosa di concreto, come la pubblicazione di almeno un ebook con una casa editrice conosciuta.
Se non ci sono questi presupposti, è meglio – secondo me – lasciare perdere. Ho partecipato solo una volta, quando ancora ero una signora Nessuno col mio primo libro. Non ho ottenuto nulla se non una fioritura di complimenti sulla mia orrenda opera e la pubblicazione con una casa editrice a pagamento.
TIZIANA SIBILLA
Ritengo che sia utile partecipare per farsi conoscere, escludendo i concorsi a pagamento e quelli che non sono chiari.
I bandi devono sempre specificare le categorie (ben distinte) e da chi è composta la commissione esaminatrice.
Detto questo, un anno fa ho partecipato a un concorso indetto da un gruppo letterario della mia zona. Si poteva partecipare con racconti e poesie. Ho vinto la pubblicazione in una antologia.
MARCO CANELLA
Li ritengo utili, ma solo quelli che contano davvero.
Come si fa a capire quali sono?
Io mi baso su tre parametri:
1) premi in denaro;
2) i membri della giuria e i nominativi di chi ha vinto le precedenti edizioni (se disponibili);
3) pubblicazione in palio, meglio se di prestigio (ovvero con una media/grande casa editrice).
Per il secondo e terzo punto c’è poco da spiegare; per il primo, sottolineo che non dico “premi in denaro” perché sono venale, ma perché penso che un buon montepremi si possa trovare in concorsi in cui gli sponsor investono perché credono in un tornaconto a livello di immagine. E questo fattore può fungere da garanzia che quel concorso è di prestigio.
Se un concorso non soddisfa almeno uno dei tre requisiti, sconsiglierei di affrontarlo, sarebbe solo tempo perso. Poi, certo, se qualcuno ha necessità di lustrare un ego un po’ malconcio, vantandosi di avere vinto il premio letterario della Sagra della Sardina, allora fa bene a partecipare lo stesso.
FERNANDA ROMANI
Quando iniziai a frequentare alcune comunità di aspiranti scrittori, in rete (sono passati quasi sette anni!), ho sentito dire mille volte che partecipare ai concorsi serve per imparare. Non perché ti vengano comunicati i difetti del tuo testo, ma perché, leggendo i vincitori, capisci dove hai sbagliato.
Sinceramente, io le cose le capisco solo se qualcuno me le spiega. Ho visto autori accanirsi a riproporre testi che contenevano sempre gli stessi errori solo perché nessuno aveva loro spiegato dove stavano sbagliando. Quindi, per me, l’utilità dei concorsi sta nel mettersi in gioco e misurarsi con altri.
Al primo concorso cui partecipai fui selezionata per un’antologia e fu una grande soddisfazione, ma il colpo di fortuna fu l’aver presentato un racconto editato. Avevo appena fatto amicizia con una editor (ancora oggi collaboriamo) alla quale chiesi consiglio. Fu il mio primo editing, la mia prima occasione per IMPARARE e fu importantissimo.
Naturalmente, poi c’è la soddisfazione di vedersi pubblicare. Una delle caratteristiche importanti di un concorso è questa: la pubblicazione, con un editore vero, non sul giornalino del liceo locale. Tutti i miei racconti pubblicati tramite concorso sono in antologie di piccoli/medi editori e hanno costituito una grossa soddisfazione, anche se poi, all’atto pratico, non è che abbiano portato ad altro.
L’unico concorso importante a cui ho partecipato non ha dato risultati, ma l’ha vinto una mia amica e anche lei, oltre alla pubblicazione del racconto e a un’ottima stella da mettere nel suo curriculum, non ha ottenuto grandi vantaggi. Questo la dice lunga sul fatto che serva anche un po’ di fortuna.
REBECCA QUASI
Non ho mai partecipato, ma mi piacerebbe farlo.
Fino a ora non ho partecipato perché sono disorganizzata all’ennesima potenza; in genere scopro che c’è un concorso interessante il giorno prima o il giorno la scadenza.
Se lo scopro in tempo, le mie opere non sono adatte; se le mie opere vanno bene, non sono abbastanza lunghe o abbastanza corte.
Insomma ho un rapporto kafkiano con i concorsi.
GIOVANNA BARBIERI
Inutile partecipare ai piccoli concorsi dove, forse, si vincono solo targhe o pubblicazioni digitali in case editrici sconosciute.
Per le vincite in denaro: ammetto che mi farebbero comodo un po’ di soldi;)
Mi piacerebbe provare il concorso di Neri Pozza per gli inediti, quando ci sarà. Ma quella casa editrice adora il periodo Vittoriano inglese o il Settecento. Pochi suoi romanzi sono ambientati in Italia. Poi, diciamocelo, è molto selettiva e chissà se sono abbastanza dotata.
Vorrei provare con un concorso per editi, che ammetta gli storici e non preveda 30-50 copie cartacee in visione alla giuria. Per ora, non l’ho ancora trovato.
ILARIA CARIOTI
Ho partecipato a due soli concorsi. Il primo era un talent televisivo per scrittori emergenti, che credo venne mandato in onda per una sola stagione e, da quel che so, non andò benissimo. L’altro concorso è stato La Giara, il famoso concorso RAI. Diciamo che non ho volato basso 😀, calcolando che ho partecipato diversi anni fa, alle prime esperienze.
Per quanto riguarda i concorsi che garantiscono al vincitore la pubblicazione con qualche casa editrice on line di non troppo rilievo, non ho mai voluto partecipare, non essendo per nulla certa di voler pubblicare con certe realtà.
Finora, di quelli che ho letto e trovato in giro, nessun concorso mi ha incuriosito più di tanto. Devo ammettere che quando iniziai a scrivere, li cercavo su internet, mi piaceva l’idea di mettermi in gara, ma oggi non nutro più quell’interesse, domani chissà!
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