Monica Lombardi, Miriam (GD TEAM#3)

Quando Alex e GD hanno convinto Xavier a lasciare il Brasile insieme a loro, lo hanno fatto con una promessa: aiutarlo a ritrovare Miriam, una donna di cui il giovane ha rivelato poco altro, a parte il nome. Ora, meno di un mese dopo quella promessa, David Langdon ha delle notizie, ma non crede che Xavier sarà contento di sentirle. Strappato a un passato difficile a cui è sopravvissuto da solo, Xavier è attirato dal calore delle persone che circondano la sorella, ma fa fatica a sentirsi davvero parte di un mondo tanto lontano da quello in cui ha vissuto finora. I due mondi sono così diversi che a volte ha l’impressione di sognare, fino a chiedersi se dovrà fare presto i conti con un brusco risveglio. O è forse la sua vita precedente che sta scivolando in una dimensione irreale? Anche Miriam è stata solo un sogno, destinato a svanire per sempre?

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Ancora un miracolo * * * * *

Ogni volta che esce un nuovo titolo del GD Team, ho paura di rimanere delusa. Insomma si sa che non tutte le ciambelle riescono col buco, e non si può mica pretendere che ogni titolo di una serie sia al top, e man mano che si va avanti, è sempre più difficile far quadrare tutto. Particolarmente quando, come in questo caso, il piano iniziale prevedeva pochissimi volumi. E invece siamo già a sei, fra romanzi e racconti, anzi sette compreso anche quello pubblicato sul web. E aggiungiamo la guida per lettrici smemorine.

Invece anche questo racconto, come tutti i titoli precedenti, è davvero buono. La scrittrice è riuscita ad aggirare il problema principale, cioè l’età dei protagonisti, che sono molto giovani per la vicenda che si trovano a vivere. E ha costruito una trama ben congegnata. Buono l’approfondimento psicologico del personaggio di Xavier, costretto dalla sua sorte a crescere e maturare piuttosto in fretta, eppure in modo che sembra naturale.

Intanto si aggiungono molti altri tasselli al quadro generale sui membri del Team e sui legami affettivi che li legano, anche in riferimento alla figura di GD. Forse gli uomini che ne fanno parte sono stati concepiti da un’ottica femminile, ma dobbiamo ricordare che si tratta di un romantic suspense. Un romantic suspense in cui l’aspetto romance e quello suspense sono perfettamente bilanciati.

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Maria Masella, Mariani e le porte chiuse

È la metà di aprile e il commissario Antonio Mariani non si è ancora ripreso dal grave incidente d’auto accaduto nella tangenziale di Milano mentre ritornava da Lecco. Ha rischiato di non poter più camminare e si trascina in una specie di abulia. E’ la moglie Francesca a scuoterlo: o cercherà di scoprire la verità sull’ispettore Lorenza Petri, accusata di omicidio, o lei lo lascerà. No, non sarà lei a lasciarlo perché è lui che ha lasciato se stesso! È trascorso più di un mese dall’omicidio di cui è accusata la Petri e ricostruire l’accaduto non è semplice, ma poco per volta Mariani trova qualche traccia e soprattutto ritrova se stesso.

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Dopo le mezze verità, le porte chiuse * * * * *

Presentando “Le mezze verità”, la Masella ci aveva anticipato che la resa dei conti con Serra sarebbe avvenuta in questo volume. Secondo me, si trattava di un espediente per non farci venire un infarto quando nel finale Antonio rimaneva gravemente ferito, come già era successo in Ultima chiamata per Mariani. In ogni caso nel frattempo, come capita spesso agli scrittori che inseguono la loro ispirazione, ha cambiato opinione e ha preferito prendere in mano le vicissitudini dell’ispettrice Petri, il cui comportamento già nel volume precedente ci aveva incuriositi. Molte le differenze e le somiglianze con Il caso irrisolto (del resto Antonio è sempre lui). Nella lunga convalescenza dopo un intervento pericoloso, stavolta Mariani non è solo: anche se i rapporti con Francesca non sono mai idilliaci, stavolta ha accanto la moglie, che ha un ruolo fondamentale nel farlo riemergere dalla depressione in cui è caduto. Anzi questo libro è forse quello in cui c’è più sesso fra i due. Intendiamoci, un sesso mai descritto, sempre in ellissi. Mentre d’altra parte, come in precedenza, è il lavoro che lo aiuta a guarire ed occuparsi del guaio capitato all’ispettrice Petri, personaggio da tempo a noi molto caro.

Mi sono piaciuti i numerosi sviluppi dell’indagine, che in parte si riallacciano a quelli del volume precedente. Commovente il finale.

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Francesca Cani, Tristan e Doralice

Anno Domini 1076. Sopravvissuta alla strage della sua famiglia, Doralice di Lacus trova ospitalità a Canossa, dove la grancontessa Matilda la accoglie come una figlia. Quando l’orrore per l’assassinio dei suoi genitori sembra aver lasciato posto a una tranquilla quotidianità, i piani di conquista di Enrico IV sconvolgono il suo mondo. Tristan di Holstein, indomito guerriero forgiato da mille battaglie, ha un’ultima missione prima di riconquistare la libertà: deve colpire al cuore Matilda, strappandole quanto ha di più prezioso. La sua preda, che osserva con occhi da demonio, uno azzurro e freddo, l’altro ribollente d’oro fuso, è Doralice. Ma la prova dell’amore si rivelerà la più ardua da superare e lo spingerà a disobbedire al suo re, a sopportare torture e rinunce in nome di una felicità che potrebbe non esistere. Perché forse è proprio lui il responsabile di un crimine che non può essere perdonato…

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Un interessante romanzo storico * * * *

Romanzo storico molto interessante, con al centro la grande figura di Matilde di Canossa, all’epoca del suo conflitto con l’imperatore Enrico IV, e insieme i sacrifici che il Medioevo imponeva alla donna, indipendentemente dalla sua posizione sociale.

L’autrice dimostra di saper reggere la sfida di un romanzo solido e approfondito. Non manca qualche scena forte, ma potente. I difetti riguardano innanzitutto la lunghezza, davvero sproporzionata, che avrebbe potuto essere ridotta almeno di un terzo, secondo me, col risultato di migliorare notevolmente l’insieme. Alcuni episodi, infatti, risultano superflui: ad esempio tutta la sezione sui Naconidi, o una certa sceneggiata che Tristan mette in piedi per nobili, ma incomprensibili motivi, o la figura di Bénédicte, o, soprattutto, soprattutto il colpo di scena finale, davvero immotivato (perché il problema in gioco si poteva risolvere in modo molto più semplice).

Tuttavia, rispetto ai contemporanei tipo “La cacciatrice di lieto fine”, siamo proprio su un altro pianeta e si ha il diritto di aspettarsi grandi cose per l’avvenire.