Francesco Grasso, I due Leoni (ZeroUnoUndici)
Anno 1045. Due fratelli, Roberto e Ruggero, lasciano la cittadina di Hauteville, in Normandia, alla volta dell’Italia. Con loro hanno una spada, un cavallo e una smisurata ambizione. Il nostro Meridione, terreno di scontro tra arabi, longobardi, svevi e bizantini, sarà per entrambi occasione per misurare il loro coraggio. Roberto attraverso una scaltrezza luciferina che diverrà leggendaria, Ruggero tramite una forza fisica eccezionale e una fede che travalica il misticismo, diverranno condottieri, muoveranno eserciti e conquisteranno un trono. Trovandosi anche a fronteggiarsi l’un l’altro, per brama di dominio e per amore di una donna. Perché, se è vero che due leoni possono cacciare insieme, uno solo può comandare il branco. Il romanzo narra – attraverso le memorie di Ruggero – l’epopea degli Altavilla, ma è anche un omaggio alle gesta di due figure storiche grazie alle quali, è doveroso ricordarlo, la Sicilia e forse l’Italia tutta ha evitato di diventare una nazione islamica.
Interessante * * *
Storia romanzata di Ruggero d’Altavilla (e suo fratello Roberto il Guiscardo), in cui l’autore modifica soprattutto il privato, ipotizzando inoltre un grande amore fra lui e Sichelgaita, andata poi in sposa a Roberto.
Si tratta di un romanzo soprattutto di guerra, occupazione principale del protagonista. Per una lettrice come me qualche scena è sconvolgente: certo la condizione della donna nel medioevo era quello che era, soprattutto (ma non solo) per i ceti inferiori. Ma il modo in cui Ruggero usa senza alcun sentimento, neppure semplicemente umano, sia alcune serve, definendole donne scaldaletto, sia anche la prima moglie oggi è davvero fastidioso. E per giunta la storia è raccontata quasi del tutto dal suo punto di vista: quindi noi vediamo in diretta quello che prova (o non prova). E poi quattro volte di seguito con due donne diverse, senza neanche un letto a disposizione, mi sembra un po’ eccessivo.
Nei confronti degli uomini, invece, Ruggero, pur essendo spietato, è spesso comprensivo e rispettoso, mai credo inutilmente crudele e lo scrittore, a mio parere, lo colloca senza dubbio su un livello umano superiore al Guiscardo.
Curioso il fatto che il protagonista sia spesso in comunicazione diretta con Dio, anche se non sono sicura se si tratti di eventi veramente avvenuti o di “allucinazioni” del personaggio.
In ogni caso il meglio del romanzo, secondo me, si trova nelle innumerevoli scene di battaglia.
Alcuni refusi.
Lisa Kleypas, Un libertino dal cuore di ghiaccio (Mondadori)
Inghilterra, 1875. Devon Ravenel, incallito donnaiolo, è lo scapolo più affascinante di Londra e ha appena ereditato una contea.
Il suo nuovo ruolo sociale gli impone però responsabilità inattese e qualche sorpresa: la sua nuova proprietà, infatti, è gravata dai debiti e per di più nella dimora ereditata vivono le tre sorelle del defunto conte e una giovane, bellissima vedova, Lady Kathleen Trenear.
Presto tra i due scoppia la passione, ma la donna conosce bene i tipi come Devon. E non ha alcuna intenzione di consegnargli il proprio cuore.
Niente di che * * *
Deludente l’inizio di questa nuova serie: va bene la sospensione dell’incredulità, ma pretendere che due libertini, uno dal cuore di ghiaccio (di cui nel romanzo non c’è traccia) e uno alcolizzato, riescano a redimersi totalmente e cambiare vita nel giro di 48 ore mi pare davvero insostenibile. Né le cose sono molto diverse per Kathleen: come si fa a passare così velocemente dall’avere orrore per il sesso al praticarlo in tutte le situazioni più scomode e scandalose, ad esempio dentro una carrozza quando si hanno ben due letti comodi a disposizione? Ma forse non è la prima volta che la Kleypas ricorre a scene di questo genere.
La coppia principale non è quindi molto interessante; più stuzzicante quella di Helen e Rhys, ma l’autrice sadicamente rimanda tutto al prossimo volume. Ho perfino contemplato l’idea di affrontare il mio primo romanzo in inglese, ma è bastata una sbirciata alle recensioni per farmi desistere.
In conclusione, mi congratulo con me stessa per aver aspettato ben sei mesi la promozione: non valeva davvero la pena di spendere tanto per leggerlo subito.
Candace Camp, Un irreprensibile conte (HarperCollins Italia)
Inghilterra, 1825 – Lady Vivian Carlyle e Oliver, Conte di Stewkesbury, sono come il diavolo e l’acquasanta. Lui la ritiene estremamente pericolosa fin da quando era il bersaglio preferito dei suoi scherzi di fanciulla. Ora a imbarazzarlo sono il suo atteggiamento anticonformista e l’ironia pungente, capace di mandare chiunque al tappeto. Neppure la notte di passione che hanno vissuto sembra averli avvicinati. Oliver, infatti, è scandalizzato dalla proposta di Vivian, che preferirebbe una relazione senza impegno, e vorrebbe porre subito fine alla storia. Solo quando la giovane scompare nel nulla, l’irreprensibile conte ammette finalmente di non poter vivere senza di lei. A quel punto, però, forse è troppo tardi…
Il perfetto gentiluomo… e una gentildonna scandalosa!
Discreto * * *
Mi piacciono le donne sicure di sé e determinate. D’altra parte non vedo che bisogno ci sia di cercarsi dei mulini a vento da combattere, quando ancora oggi ogni giorno abbiamo un sacco di ostacoli da superare. Figurarsi nel 1825! Quindi non posso dire di trovare particolarmente simpatica Vivian e la sua voglia di amare al di fuori di ogni convenzione.
Più comprensibile per me la seconda coppia, formata da Gregory e Camelia.
Arzigogolato, come sempre nella Camp, il filone giallo.
Bella la copertina.
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