Siamo arrivati alla quarta puntata del Blog Tour che Karen Waves ha dedicato al suo nuovo romance “Le cesoie di Busan– La studentessa e il potatore, Volume I”.
Oggi, l’autrice ci parla del genere del romance.
Ho sempre voluto scrivere un romance: è stato uno dei generi che più mi hanno formata come lettrice e, appena scoperta la scrittura, è stato quello a cui mi sono dedicata. Ma i miei primi tentativi di scrivere storie d’amore non mi avevano convinta: troppo melodrammatici, con personaggi esagerati.
Quando ho cominciato a pensare alla storia di Valentina e Won-ho, però, ho subito saputo come avrei voluto scrivere di loro: col tono divertente, sarcastico della mia protagonista, un antidoto alla dolcezza eccessiva che aveva rovinato i miei tentativi precedenti. Il taglio comico agiva da solo da freno contro la mia tendenza a divagare, i dialoghi sono diventati secchi, precisi, quasi un duello tra i due amanti. E questo mi ha insegnato a dosare l’emozione, perché quando si scrive di due personaggi come Valentina e Won-ho i momenti di tenerezza sono rari e per questo più delicati, sia per la scrittrice che per il lettore.
Anche se ci è voluto del tempo per perfezionare questo stile di scrittura – che deve rimanere sempre preciso, non permette sbavature e richiede una revisione attenta (per cui sono profondamente grata alla mia editor) –, è una voce narrativa che dà grande soddisfazione una volta acquisita e che porta a sviluppare un meccanismo molto efficace contro il blocco dello scrittore. Se mi trovavo arenata con una scena pensavo per prima cosa a come renderla più buffa, e cercando il lato comico di un episodio mi sono trovata a risolvere i nodi che mi avevano impedito di scriverlo.
Ci sono senz’altro anche dei limiti: spesso ho risolto in modo buffo una scena che avrebbe potuto portare a un litigio in un romanzo di genere diverso, e occasionalmente lo sforzo di rimanere fedele alla voce narrativa ha voluto dire riscrivere una scena, perché nel renderla arguta ero stata troppo sintetica e avevo tralasciato contenuti importanti che dovevo comunque includere nel dialogo senza interromperne il ritmo.
A volte, quindi, questa scelta stilistica ha evitato drammi ai miei protagonisti, mentre quando il plot ha richiesto momenti drammatici il lato comico della narrazione non li ha sminuiti, ma piuttosto acuiti, e mi ha permesso di ottenere con semplicità un effetto di grande emozione grazie al cambio di stile che richiedevano. Per protagonisti come Valentina e Won-ho, che parlano spesso in modo brillante e spavaldo, ogni emozione forte è come uno strappo nella maschera che portano, e sono stata felice quando le lettrici hanno reagito con simpatia e partecipazione ai loro momenti più fragili.
Volevo che Le cesoie di Busan fosse un romance divertente, tuttavia ho cercato anche di renderlo il più realistico possibile. Nel momento in cui sfrondavo e asciugavo la scrittura mi sono trovata a fare una scelta precisa: anche se Valentina e Won-ho si conoscono in circostanze eccezionali, la loro storia doveva avere una risonanza veritiera per i lettori. È una delle convenzioni preferite del romance che l’amore dei due protagonisti sia istantaneo, e che ne siano immediatamente certi, al punto da poter fare grandi sacrifici in suo nome. Questo non succede con il mio eroe e la mia eroina: anche se provano una profonda attrazione l’uno per l’altra, il fatto che Valentina dovrà presto tornare a casa li tiene a freno, e cercano sempre di ridurre la loro storia al suo termine più semplice, quello di un’avventura dal finale già scritto.
In giapponese c’è un’espressione, koi no yokan, che descrive il sentimento di aver conosciuto una persona di cui potremmo innamorarci. Valentina e Won-ho si sentono così, sull’orlo di qualcosa che sanno di non poter esplorare.
Entrambi sono riservati e hanno difficoltà a esprimersi; amano i libri, ma spesso si trovano a corto di parole per dire quello che sentono. La loro diventa una storia scritta con il corpo, non solo per la passione che li lega da subito, ma soprattutto perché per loro i gesti prendono il posto delle cose che non riescono a dire.
Una delle reviewers ha definito Le cesoie di Busan “una storia non proprio d’amore, ma neanche solo di sesso”, esprimendo esattamente quello che cercavo di raccontare: un legame che si racconta nei gesti e attraverso la pelle, che potrebbe e vorrebbe diventare di più, ma che si trova costretto dalle circostanze in cui i protagonisti si incontrano.
Ogni scena di passione tra Won-ho e Valentina ha finito per raccontare parte della loro storia, scriverne l’evoluzione attraverso gesti di sensualità e intimità allo stesso tempo. Elaborando il plot, mi sono trovata a inserire scene appassionate quando volevo esprimere la crescita della loro storia. Per questo il capitolo del compleanno di Valentina rimane il più importante per me, e uno dei miei preferiti tra quelli che ho scritto finora.
E mentre cercavo di descrivere una passione sensuale ma anche profonda, volevo che le loro scene d’amore fossero realistiche. Non mi piace che nei romance spesso si ignorino o si trascurino aspetti importanti di una relazione come la contraccezione, e ho trovato numerose scrittrici e lettrici di romance che trovavano la menzione di preservativi o pillola poco poetiche e poco romantiche. Non ritengo che si debbano modificare i parametri del reale per ottenere una storia appassionante e bella. Per questo, quando Won-ho e Valentina fanno l’amore senza protezione, ho parlato della pillola del giorno dopo: gli incidenti succedono, e penso che sia una ricchezza, non un limite, vivere in tempi in cui si può rimediare. Valentina si comporta come farebbe qualsiasi ragazza del ventunesimo secolo e mi sono limitata a mostrare un lato dell’amore che troppo spesso si trova escluso dalla narrativa romance.
Un ultimo aspetto della relazione che ci tenevo a esplorare era quello legato al rispetto e al consenso. Di recente molte lettrici sembrano preferire gli eroi oscuri e violenti. Mi sono spesso sentita dire che l’eroe dominante e arrogante viene molto amato perché è un uomo “vero”, ma trovo soltanto debolezza in una figura maschile che sente il bisogno di opprimere la sua donna per confermarsi nelle sue incertezze.
Won-ho proviene da una cultura profondamente tradizionale e patriarcale – che è stato doloroso esplorare nello scrivere i primi tre capitoli dal suo punto di vista per la mia novella Bad Girl – e nonostante questo rispetta sempre Valentina e chiede il suo consenso anche nei momenti più appassionati o furiosi della loro storia, e l’equilibrio che cerca costantemente di trovare tra la cultura da cui viene e le sue aspettative da una parte, e l’indipendenza di Valentina dall’altra, è per me uno degli aspetti più interessanti del suo personaggio.
Le cesoie di Busan è stato un progetto un po’ atipico dall’inizio: tratta di un argomento poco esplorato, quello della relazione tra una donna europea e un uomo asiatico, con uno stile umoristico ma a volte drammatico, e con un certo desiderio di realismo. Ma sono stata molto felice del risultato, e quando ho cominciato a pensare ai sequel mi sono non solo trovata a voler scrivere di più dei personaggi, ma anche a voler esplorare e approfondire i limiti e le possibilità del genere che avevo scelto.
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