Buongiorno, Luana. Ti anticipo che questa sarà un’intervista particolare.

(faccina terorizzata di Luana Troncanetti)

Non succede quasi mai che una chiacchierata con un autore / un’autrice si limiti a un solo libro, ma “La cuoca – Storia di un terremoto” è un romanzo particolare e vorrei farlo conoscere ai nostri lettori.

(faccina contenta di Luana Troncanetti)

Di che cosa parla il tuo nuovo romanzo?
Non arrabbiarti, ma ti rifilo la trama che compare su Amazon…
Siamo nel 1997, il terremoto mette in ginocchio l’Appennino umbro-marchigiano. Nunzia finisce sotto le macerie, un ragazzo la salva e poi sparisce. La donna vuole confessargli i suoi peccati. È vecchia, ferita, certa di essere prossima alla morte, sicura che lui potrà assolverla da ogni colpa.
Clara è una cardiologa, Nunzia è la sua seconda madre. L’anziana cuoca le chiede di rintracciare il suo salvatore, tutto ciò che può dirle di lui è che si chiama Fausto e ha gli occhi azzurri. La dottoressa si aggira per un pomeriggio fra gli scavi alla ricerca di un fantasma, la cuoca rimane in ospedale a ricordare stralci del suo passato e a proteggere – con il suo affetto pratico – una ragazza in travaglio dall’incuria dei medici.
Nunzia e Clara sono soltanto due delle donne raccontate in questa vicenda, condividono un segreto da dieci anni e forse non è l’unico. Nella loro memoria c’è Ida, che non credeva in Dio e ha imparato a leggere rubando i libri di scuola ai fratelli. Il sorriso disarmante di Rina, che da bracciante è diventata maestra. Rosa, che non sapeva brillare di luce propria né donare amore. Marianna, che se n’è andata via troppo presto come Benedetta.
Hanno assaggiato il sapore della vendetta, quello della carne proibita e dell’invidia, hanno frainteso l’amore, superato ostacoli più per ostinazione che per coraggio. Si sono salvate tenendosi per mano in questa storia di orchi e guerre, di muri e vite che si sbriciolano di colpo. La felicità, nel premio della sua furia evanescente, è stata una conquista tutta loro.

Un romanzo corale, mi piace! Un contenuto importante per sole 115 pagine!
110, se togli titolo, dedica, eccetera.

Come mai questa storia? C’è qualcosa (o molto) di personale?
L’idea di scrivere “La cuoca – Storia di un terremoto” nasce da un dramma personale. L’ho vissuto nel 2016 in forma trasversale, nel senso che non ho perso la casa in cui vivevo. Gran parte dei miei ricordi di bambina e anche di adulta, le mie radici, l’immagine di mio padre che l’aveva costruita e arredata con mobili che aveva creato lui (e non era un falegname) però sì. Vedere la distruzione di quei territori, mesi dopo appena è stato possibile andare nelle Marche in sicurezza, mi ha devastata.
I miei nonni paterni erano marchigiani, originari di due paesini in provincia di Macerata. I luoghi che nomino nel romanzo, Camerino in particolar modo, sono la mia seconda terra.
La lingua che utilizzo – un italiano contaminato da molecole di vernacolo, suggestioni e non dialetto stretto – la conosco quasi quanto quella di Roma. È la città in cui sono nata, la stessa in cui nacque mio padre, quella dove i miei nonni si trasferirono da ragazzi per motivi di lavoro. Eppure sono ancora “bilingue”.

Due le protagoniste e due i Punti di Vista. Presentaci queste due donne.
– Nunzia, 77 anni, una cuoca che ha avuto la fortuna di ricevere un’istruzione di base. Grande arguzia, profonda intelligenza, carattere caustico. È lei quella che si esprime seguendo il precetto dell’Immenso Erri De Luca: fai risentire alla scrittura il callo del tuo dialetto d’origine.
– Clara, 50enne, una cardiologa che ha vissuto a Roma per 25 anni, usa invece l’italiano puro. Anche per lei, inizialmente, avevo scelto la prima persona. Non funzionava. Non aveva la stessa potenza narrativa dell’anziana, appariva “ingessata”, distaccata, quando anche lei racconta avvenimenti piuttosto emotivi. Quindi ho optato per il narratore onnisciente, riscrivendo totalmente i capitoli che la riguardano e aggiungendone uno all’inizio. Raccontata da altri occhi, Clara perde quel gesso. È la prima volta che mi affido a due punti di vista differenti in uno scritto.

La genesi del romanzo? L’hai scritto subito dopo il terremoto, oppure hai lasciato sedimentare la storia?
La cuoca nasce nel 2016, dopo il terremoto del Cratere, anche se la storia risale a quasi venti anni prima. Scritto di pancia in poco più di un mese, ricerche storiche incluse. Ho raccontato Le Marche, la regione  più vicina a me per ragioni di sangue, il pensiero fisso allo strazio di tutte le altre.
In quel periodo ero in costante contatto telefonico con parenti e amici che vivono lì. La base della trama l’ho estrapolata da un racconto brevissimo scritto tempo prima. Unica protagonista: Nunzia. L’ho ambientato in Sicilia, appena una pagina e mezza. In molti, leggendolo, mi hanno detto che meritava di essere ampliato. Poche pennellate, in quelle 3.000 battute, ma avrei potuto trasformarlo in un romanzo. La scintilla è partita da lì, poi ho costruito altri personaggi e una trama parallela. Ho ampliato il dolore di Nunzia inserendolo nello scenario del terremoto marchigiano.

Ho visto che “La cuoca” è stato auto-pubblicato. L’avevi presentato a qualche Casa editrice?
A gennaio del 2017 ho spedito quel breve manoscritto a una casa editrice. Senza contatti né agente letterario, ho semplicemente seguito le istruzioni indicate sul sito e inviato una mail. Non indico nomi né fornisco dettagli per ovvie ragioni di privacy, ciò che posso dire è che hanno trovato interessante il registro narrativo. Difettava, però, di una scarsa foliazione. Era immaturo, poi. Necessitava di un editing approfondito. Quanta ragione avessero, l’ho scoperto a maggio di quest’anno. È stato il no più commovente della mia vita: sorretto da autentiche motivazioni e non dal classico “non rientra nella nostra linea editoriale”. Sarò sempre grata alle persone con cui ho interagito in quei brevi mesi: in attesa di risposta, mi hanno tenuta sempre informata sui lavori del comitato editoriale. Mi hanno risposto di no, eppure la gioia di essere stata presa in considerazione su oltre 400 proposte, e con un romanzo scritto in un mese, resterà per sempre una delle mie più grandi soddisfazioni professionali.
“La cuoca” è rimasto nel cassetto per un bel po’, sognavo da una vita di rimetterci le mani. Tante ragioni, impegni di lavoro e beghe spiacevoli me l’hanno impedito.

E veniamo alla pubblicazione. Travagliata perché eri presa dalla stesura di un altro romanzo, se ricordo bene.
Ti faccio la cronaca minuto per minuto… Sto scrivendo il sequel del mio primo romanzo per la Casa editrice Frilli, ma “non gira”. Non esce come dico io, la faccenda mi fa impazzire. Scopro per puro caso l’esistenza del Premio Amazon Storyteller. Studio il regolamento, valuto tutti i fattori, decido che non esistono “contro”. Mi torna la voglia di sistemare quel breve romanzo. L’ho editato dopo un lungo periodo in cui non sono riuscita neppure a leggere, figuriamoci concepire qualcosa di mio. Effetto collaterale del lockdown, so che in molti possono capire.
Riscrivere La cuoca – Storia di un terremoto è stata un’esperienza meravigliosa, è riuscita a sbloccarmi. DOVEVO far uscire quella storia, ce l’avevo nel cuore e in un cassetto da troppo tempo. Mi ha regalato anche nuova energia per scrivere l’altro romanzo, quello che “non gira”.

Informo le lettrici e i lettori che il romanzo può essere acquistato QUI, sia in eBook (euro 2,99) sia in cartaceo (copertina flessibile, euro 9,00). Torniamo a noi. Hai detto prima che il libro l’hai scritto in un mese, ricerche comprese. Un lampo!
Tutte le pagine di questo scritto sono uscite “di pancia”, proprio come mi capita con i racconti brevi. Perciò è stato tutto sommato “semplice”. La prima stesura è stata catartica, mi ha aiutato a raccontare il dolore che sentivo. Una stesura velocissima, ricerche storiche incluse: è ambientato nel 1997 con rimandi alla Seconda Guerra Mondiale. Ogni data indicata è reale, come il terremoto del 3 ottobre 1943. Ci fu sul serio, fu uno dei più devastanti nell’Appennino Umbro Marchigiano. La nevicata a Roma del 1986, le norme e i costumi della società rurale negli anni ’20, l’uso dei soldati al fronte di spedire triangoli di carta con brevi messaggi a casa, non lettere affrancate. Tutto controllato con attenzione, ogni virgola.
La difficoltà nel 2016 è stata solo l’assenza di tempo: era il periodo delle vacanze natalizie, ho perso non so neppure quante ore di sonno per scriverlo.

Difficoltà nella stesura, a parte il tempo -scarsissimo- e le necessarie ricerche?
Tre. Grandi.
– Riscrivere ex novo tutta la parte di Clara. In tempi brevissimi anche stavolta, con il romanzo per Frilli in corso d’opera.
– Fare questa revisione senza il supporto di un editor. Mi sono avvalsa della consulenza di due beta reader dopo aver ricontrollato ogni virgola, chiedendo loro di concentrarsi su punti oscuri o noiosi. Da sola non avrei potuto trovarne, ringraziando il cielo non ne hanno scovati neppure loro.
– La paura di non essere stata capace di rendere realistico e giusto lo sgomento di chi vive in quei territori. Paura di essere stata in qualche modo retorica, anche se ho usato ogni accortezza per evitare che avvenisse.

L’immedesimazione nelle vicende narrate è profonda. A cosa è dovuta, oltre alla “professionalità”?
Il terremoto che ho vissuto sulla mia pelle, quello del 1979, che mi ha lasciato il terrore addosso per decenni. Il mio dolore è solo trasversale, quello autentico l’ho letto negli occhi di amici e parenti che vivono nelle Marche. Spero di avergli reso il rispetto che merita.

Grazie per il tempo trascorso con noi, Luana.
Grazie a te, Babette. Alla prossima.

Luana Troncanetti è nata e vive a Roma. Ha partecipato a diverse raccolte per la Perrone Editore, contribuito ad antologie per Fabbri e Comix, scritto per Kairos, Homo Scrivens, Cento autori. Vincitrice di concorsi letterari per la sezione racconti (fra i quali il Premio Massimo Troisi, il Donna sopra le righe e il Thriller Cafè), nel 2009 pubblica Le mamme non mettono mai i tacchi (Boopen Led), poi edito da Galassia Arte nel 2011, e Agrodolce per L’Erudita nel 2016. Nel 2019 pubblica il suo primo romanzo noir, I silenzi di Roma – Fratelli Frilli Editori.