Fiorella Paris è giornalista, scrittrice, traduttrice. Ha pubblicato Quote Rosa (2013, Aracne Editrice) sul ricorso delle associazioni femminili contro l’ultima giunta di Roberto Formigoni; Il Presidente e tutte le donne dell’harem – l’amore tra Oriente e Occidente (2015, Cavinato Editore), sulla relazione femminile con la tipologia di maschio dominante; Angizia Pelina e le altre Dee – storie del sacro femminile nelle terre d’Abruzzo (2019, Edizioni Ester), un’insolita guida letteraria alla regione dove è nata.
Ha tradotto Acqua Sacra (2017, Edizioni Kirke), quarto libro dello scrittore anglo-canadese Keith Henderson. Ha pubblicato diversi racconti tra cui Fiamme Gemelle (2016, Scrittori Della Porta Accanto) e L’uomo dei sogni (2017, Love Writers).

1.     Che genere scrive? Ce ne parla? Ci racconta come mai ha scelto questo genere per esprimersi?
Fatico sempre a definirlo. Direi narrativa femminile, nel senso che nei miei libri e nei miei racconti, i miei cavalli di battaglia sono sempre la libertà e le questioni femminili, due temi peraltro connessi tra loro. Ho condiviso poi con moltissime altre donne, negli ultimi anni, un percorso di ricerca del femminile sacro che ha favorito la scrittura dell’ultimo manoscritto dal titolo ‘Angizia Pelina e le altre Dee’. Un testo che mi ha permesso di riannodare connessioni temporali, geografiche e psicologiche con l’Abruzzo, un territorio che ho lasciato da bambina, quando i miei genitori si sono trasferiti a Nord.

2.     Come scrive? Penna e carta, Moleskine sempre dietro e appunti al volo, oppure rigorosamente tutto a video, computer portatile, iPad, iPhone?
A video, oggi con un MacBookAir. Un tempo lontanissimo con una macchina per scrivere Olivetti, linea 98, sostituita con fatica dal primo Macintosh. Era, credo, il 1985 o 86.

3.     C’è un momento particolare nella giornata in cui predilige scrivere i suoi romanzi e racconti?
Non propriamente, non ho momenti fissi. Ma amo le ore dell’aurora oppure sul finire del giorno.

4.     Quando scrive, si diverte oppure soffre?
Entrambe. Mi diverto e soffro. Molte passioni hanno reso la mia scrittura feconda, molte ferite della vita sono state superate con una scrittura catartica.

5.     Nello scrivere un romanzo, “naviga a vista” come insegna Roberto Cotroneo, oppure usa la “scrittura architettonica”, metodica consigliata da Davide Bregola?
Sono influenzata dalla professione giornalistica e ho una scrittura disciplinata. Mi è stato insegnato a seguire i principi di logica, coerenza, gerarchia e completezza. A costruire un testo seguendo una scaletta. Tutte cose che, negli anni, però utilizzavo solo mentalmente per poi riprenderle con il primo libro. A dire il vero, ho personalizzato il metodo. Costruisco una sorta di sceneggiatura, dopo aver letto moltissimo sull’argomento che ho scelto. Ipotizzo la trama, scrivo delle schede tecniche con gli snodi principali. Non amo però imbrigliare troppo il testo. Infatti, a un certo punto, mi sembra che il testo si scriva da solo, entro in una specie di trance, e assecondo il flusso dei pensieri.

6.     Quando scrive, lo fa con costanza, tutti i giorni, come faceva A. Trollope, oppure si lascia trascinare dall’incostanza dell’ispirazione?
Dipende. Spesso l’entusiasmo del progetto mi porta a colloquiare con il manoscritto tutti i giorni. Poi, a volte, arriva un momento di stanchezza che mi obbliga ad allontanarmi per un po’. Allora, mi occupo del giardino, dei fiori. A seconda della stagione, semino, strappo erbacce, accolgo la fioritura dei gigli sharazad o delle rose damascene. Direi che mi piace entrare e uscire dalla scrittura e trovare ispirazione soprattutto dal contatto con la natura, con la terra, che è sempre taumaturgica e magica.

7.     Ama quello che scrive, sempre, dopo che lo ha scritto?
Amo quello che scrivo perché è parte di me. Poi certamente sono consapevole che quello che scrivo può non piacere a molti.

8.     Rilegge mai i suoi libri/racconti, dopo che sono stati pubblicati?
Li rileggo. Forse non dovrei farlo. Trovo sempre qualche refuso o penso che avrei potuto scriverlo in altro modo.

9.     C’è qualcosa di autobiografico nei suoi libri?
In parte, direi che i miei libri risentono degli ambienti professionali che ho frequentato, di confidenze che ho ascoltato, dall’osservazione della realtà che ho intorno. Poi però sposto il piano della realtà sul piano dell’irrealtà, nel senso che, con la mia immaginazione, tutto cambia e tutto muta, pur partendo da una condizione di osservazione esterna. In qualche modo, questo mi permette di entrare in contatto con le diverse facce del mio essere, o meglio, il contatto con un personaggio chiamato nel testo mi permette di farlo diventare una parte di me, quindi di usufruire, in modo fantasioso, di una vita moltiplicata.

10.  Tutti dicono che per “scrivere” bisogna prima “leggere”: è una lettrice assidua? Legge tanto? Quanti libri all’anno?
Leggo molto. Leggo libri da quando ho imparato a leggere. Da bambina saccheggiavo la biblioteca della scuola e nell’adolescenza ho letto un’infinità di classici. Mi piacevano le scrittrici inglesi, i romanzi russi e francesi. Oggi, mi piace molto la letteratura sudamericana e irlandese anche se alla fine leggo di tutto. Media mensile? Almeno quattro o cinque libri al mese, più o meno.

11.  Ha mai partecipato a un concorso? Se sì, ci racconta qualcosa della sua esperienza?
Si, ho partecipato un paio di volte. Non ho ricordi particolari, francamente.

12.  A cosa sta lavorando ultimamente?
È una storia di crisi, di amore, di rinascita. È il ritorno in Italia, dopo moltissimi anni trascorsi in Inghilterra per lavoro e anche per amore di una donna vicina ai cinquant’anni. Nonostante sia in cantiere già da un po’, mi rendo conto di quanto sia vicino a questo periodo in cui il coronavirus, un granellino piccolissimo, ha bloccato tutti gli ingranaggi della società. Ci siamo domandati spesso in questi mesi che cosa accadrà dopo, ci siamo ripetuti che era necessario modificare il nostro stile di vita, di ridare spazio al bene comune, alla storia collettività, al desiderio di creare condizioni di vita compatibili con quella Grazia e Meraviglia divina che ci è stata donata con magnanimità.
Ecco, queste sono le domande anche della protagonista del romanzo.

ANGIZIA PELINA E LE ALTRE DEE – STORIE DEL SACRO FEMMINILE NELLE TERRE D’ABRUZZO

Angizia, Pelina, Maja, Cerere, Persefone animano con le loro storie questa insolita guida alla Terra d’Abruzzo scritta da Fiorella Paris e pubblicata da Edizioni Ester nella collana Altra Conoscenza. Racconti che permettono di scoprire luoghi reali che custodiscono ancora l’anima di queste Dee, che altro non sono che la grande Madre antica di questo territorio. L’Abruzzo è una Terra, per lo più sconosciuta ai molti, che manifesta con i suoi verdi declivi, le rocce umide, lo zampillare di fresche sorgenti, le montagne solitarie, naturalmente, la presenza della Divina Madre e di una femminilità impervia, inviolabile, incontaminata.

Gli itinerari si snodano così attraverso i luoghi, dove dee, fate, divinità e antichi culti hanno lasciato la loro impronta e tra riti e tradizioni di una popolazione che è ancora legata visceralmente alla Terra, ai raccolti. La riscoperta della propria antichissima storia per l’autrice, che è nata a Pratola Peligna ma si è trasferita a Nord piccolissima con la famiglia e che ha mantenuto con l’Abruzzo un legame forte, è motivo per ri-costruire un sentimento profondo d’identità femminile che dovrebbe opporsi alla decadenza, alla negligenza, all’abuso, all’incuria del territorio. E pagina dopo pagina, proprio come le sacerdotesse della Divina Madre restituire sacralità alla Terra e rinviare un’immagine e uno specchio di una società che aveva relazioni mutuali con il pianeta e che impediva di inquinare i corsi d’acqua, di ammorbare l’aria, di recidere gli alberi, di sprecare risorse collettive, anche se non c’erano leggi. E che derivavano, alla fine, solo da un buon senso collettivo. Per i popoli antichi, infatti, entrare nel bosco sacro era l’equivalente moderno dell’entrare in una cattedrale e nel silenzio reverenziale il bosco sacro si schiudeva con alberi al posto di colonne, fiori ed erbe come mosaici, melodie naturali che il vento evocava sussurrando tra gli arbusti.

Il libro si snoda così tra moltissime notizie storiche, geografiche e curiosità folcloriche e tra quattro racconti dedicati alle sacerdotesse-Dee del territorio: Maja, Angizia, Pelina, Cerere e Persefone; e quattro luoghi: Pennapiedimonte, Ocriticum, Corfinium, Luco dei Marsi. Luoghi dove Dee e Donne raccontano una parte di storia femminile con una trama più intelligente, più immaginativa e in grado di scardinare molti stereotipi del suo percorso nel passato e nella società.

Le donne, infatti, anche se spesso non lo rammentano, possiedono differenze straordinarie, che hanno necessità di essere celebrate e non sottomesse a regole maschili di essere o fare. Questo è il significato e il senso di questa narrazione. Ritrovare il potere nelle donne. Reclamarlo nei corpi come templi divini. Essere onorate come ragazze, donne, sorelle, figlie, amanti, madri, regine, nonne, anziane, sacerdotesse. E così cambiare la storia. La nostra storia.

Titolo: Angizia Pelina e le altre Dee – storie del sacro femminile nelle terre d’Abruzzo.
Autrice: Fiorella Paris.
Pagine 130.
Casa Editrice ESTER, Collana Altra Conoscenza.
Prezzo: € 15,00 (cartaceo).
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