Per molti anni, per tutta la mia giovinezza almeno, sono stata una lettrice amante del realismo e della razionalità: quindi niente streghe e fantasmi, niente vampiri e lupi mannari e tantomeno time travel: non ho mai letto La macchina del tempo di Wells e ho trovato noiosa e disturbante La fine dell’eternità del mio adorato Asimov.

Non rammento bene quando ho cominciato a leggere time travel, ma dev’essere stato all’epoca del film Timeline. E tenete presente che l’ho visto innumerevoli volte, al punto di saperlo quasi a memoria, mentre ho comprato ma mai letto il romanzo di Crichton. E ciò perché sospettavo (ipotesi poi rivelatasi fondata) che la diversità rispetto al film mi avrebbe rovinato tutto il piacere provato.

In genere il time travel si svolge su due piani temporali, a cavallo fra il presente e una qualche epoca del passato. A volte non c’è nessuna vera ricostruzione storica: per esempio ne Il risveglio dei sensi della Schone all’autrice interessa soprattutto rivendicare il diritto della donna alla parità, in particolare il diritto al piacere. Quindi Elaine passa da un marito freddo e per nulla interessato al sesso ad uno del passato dai gusti molto diversi. Parallelamente, ma in modo meno felice, muta la sorte di Morrigan, resa frigida e anche pazza da abusi subiti nell’età infantile ad opera di un perfido zio. Il tutto si inscrive nella polemica che l’autrice conduce in molti libri contro la repressione erotica e l’ipocrisia dell’Inghilterra vittoriana.

Molto spesso, infatti, nel genere c’è una specie di gioco dei quattro cantoni dove due coppie si scambiano. Le autrici di regola usano il c.d. effetto straniamento: ad esempio in L’uomo dei miei sogni, Nicholas, catapultato dall’epoca elisabettiana al novecento, deve tirar fuori molte capacità di adattamento per la gioia della lettrice, mentre Dougless, quando viene proiettata indietro, ha i suoi problemi a far accettare tutto quello che sa ed evitare di essere bruciata come strega.

Solo in Timeline viene spiegato in qualche modo come avviene il viaggio perché siamo all’interno di un esperimento scientifico. Ma per lo più ci si ritrova nel corpo di un’altra persona senza sapere come e perché. Un personaggio di oggi trasferito nel passato può reggere bene la cosa psicologicamente perché ha più conoscenze. La stessa trasmigrazione è difficile, invece, quando avviene nel senso contrario: a parte il caso di Nicholas, che è un uomo fuori dal comune. E qui, come succede solo occasionalmente, l’autrice si permette la grande trasgressione di cambiare il passato e quindi il futuro.

In alcuni romanzi la protagonista resta nel passato (Schone), ma di solito torna nel presente (Cresswell e Deveraux). Nel film Timeline alcuni tornano, mentre uno, Marek, resta per amore e gli amici, negli scavi archeologici che stanno facendo, scopriranno la sua tomba con un messaggio per loro (così sappiamo che per lui la scelta è stata felice perché ha consentito ad un grande amore di svilupparsi).

Un po’ particolare il caso di Amore senza tempo, il più trasgressivo: all’inizio Robyn ha appena iniziato una relazione con Zach Bowleigh, l’ultimo discendente di quel William con cui si ritrova sposata nel Settecento e che gli assomiglia moltissimo. E si lacera fra due amori (perché William è un personaggio fascinosissimo), passando senza troppe difficoltà, sia pure con un corpo diverso, dalle braccia dell’uno a quelle dell’altro e viceversa. Significativo che Robyn nulla racconterà di ciò a Zach. È l’unico caso in cui non ho approvato la scelta dell’autrice: io avrei scelto il Settecento.

C’è chi come William, rimasto solo con bambini piccoli, sceglierà di risposarsi e guarda caso! sposerà la donna che la moglie gli ha indicato in punto di morte. E noi lo apprendiamo grazie  all’espediente della lettera, rimasta per secoli nell’archivio di famiglia, in cui sapremo che William rimarrà sempre innamorato della donna che è passata nella sua esistenza come una meteora. C’è chi, come Nicholas, cambierà la propria vita e quella della famiglia, senza però trovare una nuova compagna.

In tutto questo, poco, abbiamo detto, c’entra la storia. Davvero poco. Alla Schone dell’età vittoriana interessa solo il privato, invece la Cresswell si limita a rappresentare in modo verosimile le conseguenze dell’insurrezione stuardista, mentre dell’età elisabettiana la Deveraux illustra soprattutto l’arretratezza sanitaria e sociale, pur affannandosi continuamente ad esaltare l’opera di Elisabetta I.

In Schiava, al contrario, la Henley prende tutta una serie di cantonate nella sua ricostruzione della società romana, soprattutto per quanto concerne la schiavitù e il matrimonio, e, come spesso succede, risolve tutto con la reincarnazione.

Un vero time travel, secondo me, dovrebbe contrapporre in modo serio due culture, scegliendole quindi in modo oculato. Si tratterebbe di un’impresa molto impegnativa, ma anche stimolante e significativa. Purtroppo, invece, non credo che il genere nella realtà abbia questo scopo né per chi scrive né per chi legge. È solo un gioco in maschera e nulla più.

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