Siamo realistici! Ma anche no…
Uno dei punti di forza di chi osteggia la narrativa popolare (al cinema come sulle pagine scritte) è l’inverosimiglianza di molte situazioni. Fatevene una ragione. Quella che raccontiamo, se la raccontiamo bene, non è la realtà. Si chiama narrativa di evasione per questo. Ci porta in un mondo che è simile al nostro, ma dove tutto è più intenso, le coincidenze sono sempre calcolate, i fatti si inanellano senza lungaggini e le storie hanno un finale. Succede anche nella ‘letteratura alta’ che credete? Ora, non voglio dire che il realismo e la verosimiglianza, soprattutto la logica interna del racconto possano andare a farsi benedire. Anzi, ma una volta stabilite le regole che definiscono il tono della vicenda (di solito nel primo capitolo) queste bisogna rispettare.

Prendete James Bond o Poirot. Non è che, a guardarci bene, le loro avventure si svolgano su un piano di realismo. Le missioni di 007 o le deduzioni del detective belga funzionano nel loro insieme. Nella realtà uno non sopravviverebbe al secondo scontro e l’altro difficilmente potrebbe risolvere ingegnosissimi piani che il caso o semplicemente la probabilità manderebbero in fumo. Però le loro storie ci piacciono perché sono ben raccontate, tutto avviene al momento giusto nel modo giusto. Soprattutto sono coerenti con la linea narrativa del racconto. Se accetto che uno possa sopravvivere a una serie inarrestabile di scazzottate e sparatorie, magari non accetto che improvvisamente possa volare. E neanche che i fatti si mettano in modo che l’assassino possa scambiare le pistole nel corso di un omicidio giocando con proiettili veri e falsi, ferite realizzate con il succo di pomodoro od orologi spostati che, nella realtà, creerebbero problemi al primo ostacolo. Ma è il modo con cui devo convincere il lettore a seguirmi che importa. Devo dare una verniciatura di verosimiglianza. Al cinema è più facile perché solo il semplice fatto di vedere una cosa me la rende più reale, poi ci sono “tool” come le musiche o il cambio di inquadratura che mi aiutano. Sulla pagina devo essere un po’ più rigoroso ma, e questa è l’abilità del narratore, con le parole si possono fare moltissimi giochi di prestigio. Eh sì, perché di “prestigio” si tratta. Attiro l’attenzione su una cosa e gioco con l’altra. Non credete a quelli che sbandierano di essere sempre assolutamente onesti con i loro lettori. Il meccanismo ben riuscito ha sempre un trucco. L’abilità sta nel mascherarlo. E poi il lettore/spettatore vuole essere divertito, intrattenuto, che lo abbiate preso per il naso (purché siate capaci di farlo in modo intelligente e non facilmente rilevabile) non gli spiace. Anzi se ne compiace. Per cui le asserzioni di assoluto “rigore” lasciatele ai dilettanti che cercano una professionalità, dove gli manca l’estro. Il primo e unico dovere che avete verso il lettore è di divertirlo. Per quello legge…

Che cos’è l’operazione Overdrive? Per scoprirlo Chance Renard deve stringere un patto con un gangster di Valencia e salvargli la figlia rapita a Creta da una gang di trafficanti ciprioti. Presto la caccia si sposta al Forum internazionale di Davos e verso altri lidi ancora più lontani e insidiosi. Il segreto di Overdrive è legato a Max Zhang, criminale sino-portoghese deciso a comprarsi un posto all’interno del Progetto Loki. Il Professionista si trova così ad affrontare uno degli avversari più pericolosi della sua carriera. Zhang sembra vincere tutte le partite, ma per l’ultimo round Chance schiera in campo la sua squadra migliore e organizza un “colpo di precisione” per le strade di Rio de Janeiro.

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