Parte seconda
COME ARRICCHIRE LA STORIA ACCHIAPPATA
Non ho la ricetta per farti diventare ricco scrivendo libri, ma conosco qualche trucco per aiutarti a rendere più ricco il tuo romanzo noir.
Chi legge principalmente romanzi “di genere” ha letto molti romanzi del genere preferito, conosce trucchi e contro-trucchi, desidera sia ritrovare schemi ricorrenti sia scoprire qualcosa di nuovo; quindi chi scrive deve, pur restando fedele alle caratteristiche del genere, dire qualcosa di personale.
Se nel romance un rischio è l’appiattimento a “si conoscono e, dopo qualche burrasca, l’amore trionfa”, nel noir il pericolo è scrivere soltanto un rebus.
Arricchire un noir vuol dire trasformare un rebus in un romanzo.
Hai realizzato lo schema, anzi lo SCHEMA. Tutto torna, al millimetro.
Sei a posto?
No. Purtroppo c’è sempre ancora qualcosa da approfondire.
Uno SCHEMA impeccabile non ti mette al riparo da uno dei guai peggiori, quello che il tuo noir sia soltanto un rebus travestito da romanzo.
Affrontiamo uno dei passi che trasformeranno il rebus in romanzo, parlando del movente.
MOVENTE: parola stuzzicante. Per uno chef (categoria molto di moda) alcuni ingredienti stimolano la fantasia, la creatività. Per i pittori alcuni colori sono ricorrenti (Il rosso di Carpaccio è quasi una firma. Non ci acchiappi di pittura? Pensa al rosso Valentino).
Per chi scrive, le parole sono i veri ingredienti ed è normale che una parola possa giocare un ruolo importante e stimoli la costruzione di una storia.
Per me, movente è una parola guida.
Sul fedele Zingarelli movente è sia sostantivo sia participio presente del verbo muovere. Ed è proprio questa duplicità a sedurmi. Da una parte la staticità del sostantivo e dall’altra il movimento allo stato puro, presente, in atto e non in potenza.
Un noirista almeno discreto vive con la parola movente appollaiata sulla spalla, è la sua scimmia.
Un noirista almeno decente sa d’istinto che è il movente a muovere la storia, è il movente a dare profondità al colpevole e insieme alla vittima e all’investigatore.
Perché qualsiasi noir è giocato su tre persone: assassino, vittima, investigatore. Ed è il movente a dare inizio alla storia e, fin quando l’investigatore non trova il movente, il caso non è risolto! E la vittima? Sembra la più estranea al movente… Sembra.
Cerca di vedere la scena. L’assassino muove verso la vittima armato del movente. La vittima è la sua meta, ma perché ha scelto quella e non un’altra? Questo è il punto su cui un noirista deve lavorare: chi legge deve capire perché è stata scelta quella vittima e, almeno in parte, essere accanto all’assassino in una specie di condivisione del movente.
Il movente perfetto ha alcuni requisiti:
- Odio, amore, vendetta, gelosia, invidia, interesse… Sì, funzionano sempre, perché tutti noi li conosciamo.
- Non ci saremo vendicati uccidendo, forse neppure ci saremo vendicati, ma l’impulso alla vendetta l’abbiamo provato tutti.
- In movimento. Non basta dire “ha ucciso per gelosia”, bisogna far sentire come è nata la gelosia, come si è sviluppata tanto da diventare padrona dell’assassino.
- Vado pazza per i moventi ibridi: non soltanto la gelosia, ma forse un pizzico di interesse. Perché neppure l’assassino sia monolitico.
- Anticipato con tocchi leggeri. Questo, come sempre quando si parla di anticipi, è difficile. Seminare una parola, una frase che a romanzo concluso faccia dire al lettore “Sì, un cenno c’era!”. La leggerezza di tocco è essenziale. Un trucco da banale mestierante? Inserirlo in un diverso contesto.
Concluso il cappello teorico, passiamo alla pratica, continuiamo a usare il nostro noir omicidio nella libreria di Paperi City.
Un buon modo di lavorare è porsi delle domande:
Chi muove la vicenda? Pippo, l’assassino! Perché deve uccidere Pluto? Per gelosia! Ecco, a me non basta. Questa gelosia devo sentirla, viverla fino a farla diventare mia. Devo far sentire il tormento degli anni trascorsi in frustrante attesa del successo e la collera per aver fallito quando la meta era vicina. E il dolore per il tradimento di un amico. Quest’ultima frase è la chiave: movente ibrido (4). Chi di noi non ha subito un tradimento? Quindi è (1). Il desiderio di vendicarsi con chi ci ha tradito c’è stato? Quindi (2).
Come è stata la vita di Pippo, mentre Pluto scalava le classifiche? Forse è peggiorata? Una donna l’ha lasciato? Ha perso il lavoro? Due parole, una riga, ma bisogna dirlo. Per dirlo bisogna conoscere la sua discesa agli Inferi. (3)
Immagino che qualcuna di voi più attenta abbia notato che ho scelto come luogo del delitto una libreria. Non casuale. Collegare le modalità del delitto al movente dà ricchezza al romanzo. Se uccidere è liberarsi di un peso insopportabile, le azioni collegate all’uccisione devono avere qualcosa di rituale, per essere veramente liberatorie.
Ora comincia a porti delle domande sull’investigatore, conta poco che sia un professionista o un dilettante. In questo noir tu devi conoscere il suo rapporto con il “mondo dei libri”, perché, se lo ama, reagirà in un modo, se lo odia in un altro. Ma anche l’indifferenza porta con sé un tipo di reazione.
Non so quanto tu sappia di fisica, ma il terzo principio newtoniano, “a ogni azione corrisponde una reazione eguale e contraria, ma con diverso punto di applicazione” è la traccia perfetta per Paperino, il tuo investigatore. Esempi:
1) Paperino è affascinato dagli scrittori, anzi Pluto è il suo idolo. La morte di Pluto sarà quasi un fatto personale! E cosa proverà scoprendo che era un “ladro”? e quando dovrà arrestare il vero autore del suo libro preferito? Devi saperlo e dirlo!
2) Paperino odia i libri (brutti ricordi scolastici?), affronta l’indagine senza interesse… fin quando? O fino alla fine? Forse sarebbe divertente che l’odio verso gli scrittori si trasformasse in amore e poi la mazzata finale!
3) Paperino è indifferente. Per lui è un’indagine come un’altra. Per poi ritrovarsi in un mondo come l’altro, ma dove tutto è più accentuato. Nota per principianti: è molto difficile gestire l’investigatore indifferente, perché chi legge si cala nei suoi panni. Ho usato l’investigatore indifferente, più volte, ma chi leggeva sapeva che le cause erano forti e sperava che superasse l’indifferenza.
Parliamo della vittima. Regola aurea: gioca con i fanti ma lascia stare i santi. Una vittima senza neppure una macchietta piccina sulla coscienza rende poco, tranne nel caso di bambini. Perché “vogliamo credere che la morte violenta sia almeno in parte conseguenza di azioni non sempre immacolate”, e ritorna il solito terzo principio.
La vittima: quanto è felice del successo ottenuto imbrogliando? Lui, guardandosi allo specchio o riflesso sul suo pc, sa di non essere il vero autore. O forse è convinto di esserlo perché ha avuto il coraggio di mettersi in gioco. Anche se non lo scriverai, tu devi saperlo. E come si sente sapendo di doverne scrivere un altro?
Sperando di averti fornito spunti di riflessione, ti anticipo che l’argomento della prossima puntata, se ci sarà: il terzo principio della dinamica applicato ai noir. Sarà comprensibile, spero, anche a chi di fisica non ci ha mai acchiappato!
La prima parte la trovate QUI.
Commenti recenti