Rui ha 15 anni e non capisce perché sono dovuti partire così tardi. È l’ultimo aereo che lascia l’Angola prima dell’indipendenza e c’è una confusione tremenda, gli ex coloni portoghesi quasi fanno a botte per andare via. Rui non sa come fare, con la madre e la sorella. E papà non arriva. Rui non ha mai visto la madrepatria. Quando scendono dall’aereo fa freddo. In Angola il freddo non esisteva. L’albergo di lusso dove li sistemano insieme a una massa di profughi dalle ex colonie è strano, sono tutti gentili ma distanti, sembrano in imbarazzo di fronte a loro. E papà non arriva. Rui non sa come fare. Non sa come fare con la madre malata, con le medicine che non si trovano, con le crisi che incombono. Non sa come fare con la sorella che per integrarsi dimentica la vita di prima. Non sa come fare con la moglie del portiere che lo guarda con quegli occhi. Non sa come fare con la professoressa nuova che tratta lui e i suoi compagni “angolani” da deficienti. Ma papà quando arriva?
L’ultimo straordinario romanzo di Dulce Maria Cardoso sui retornados dalle ex colonie dopo la Rivoluzione dei garofani. Con precisione narrativa e chiarezza di stile ammirabili, l’autrice ci svela un Portogallo in piena “restaurazione” post-dittatura. Una vicenda intensa, drammatica, raccontata attraverso gli occhi di un bambino di “ritorno” in patria, che traccia una radiografia, anche linguistica, di un paese ancora intorpidito e forse frustrato dal recente capovolgimento storico.

Non sapevo nulla dell’Angola.
Niente dell’Impero Coloniale Portoghese, dei retornados, della fine del regime portoghese nel 1975 e l’inizio di una guerra civile che si è conclusa solo nel 2002. Non sapevo che Dulce Maria Cardoso fosse una di questi retornados, i colonizzatori portoghesi fuggiti dall’Angola dei neri con un ponte aereo. “Il ritorno” è un libro che parla di questo. Parla di Rui, diciassettenne bianco e celtico nella nera Angola, scappato per non venire ucciso dai rivoltosi di colore, tornato nella ‘madrepatria’ del Portogallo che non aveva mai visto, un posto freddo, triste in confronto all’Angola lussureggiante e caldo.
Dove sarà solo uno che ha perso tutto e vive di sussidi, dentro una camera d’albergo ad aspettare suo padre che è stato portato via ‘dai negri bastardi’.
Rui non sa di essere razzista, parla con leggerezza dei subumani di pelle nera, perché l’Angola è bianco, è suo, non è dei neri, proprio no.
In Portogallo quello sbagliato è lui, è un ‘retornado’: feccia, estraneo, non sei dei nostri, che cavolo ci facevi in Africa, poi, sei un maledetto colonialista, vergognati!
Rui è ‘perso’ in un mondo europeo che non lo vuole. E’ lui il nero tra i bianchi, stavolta.
Retornado, tu non hai nemmeno un nome, a scuola sei l’emarginato della classe, tanto che i professori nemmeno si sforzano di imparare il tuo nome: “Risponda un Retornado. Tu, ad esempio”. Rui è a metà tra due mondi (L’Africa Nera e l’Europa Bianca), tra due lingue (il portoghese e lo slang portoghese-angolano). Rui è per metà ancora nell’infanzia e per metà è già adulto. “Cresci in fretta, datti da fare, sgobba, ma non sei dei nostri.” È il leit-motiv dei portoghesi autentici quando hanno a che fare con Rui. E Rui ha solo quelli come lui, i fantasmi retornados, che la notte fanno le ronde al porto, a sorvegliare i container con gli oggetti di chi non è ancora fuggito dall’Africa, a sentire storie da ‘cacciatore bianco’ di selvaggina e di negrette, che no, non sono donne vere, che se vai con loro neppure perdi la verginità, bisogna scoparsi una bianca, una bella portoghese capelli biondi, pelle di latte e orecchini fatti con le ciliegie, che in Angola manco ci sono.

Dulce Maria Cardoso ha il dono della bella scrittura: quella che ti fa scivolare sulle pagine come una barchetta su un lago, spinta dal vento in una bella giornata. Semplice, diretta, vera, asciutta però potente e piena di poesia ruvida. E’ il libro che parla di lei, questo. Qui impariamo da dove viene la sua visione, il suo tormento, le sue immagini ‘qui e adesso’. Anche Dulce Maria è cresciuta in fretta, cittadina di serie B in un paese che non l’ha vista crescere, scacciata insieme agli oppressori da un altro paese che era il suo, ma solo in prestito.
Sarai sempre ‘uno di laggiù’.
Ennesimo bel libro di Dulce Maria Cardoso.