Stavolta si parla di… Perché i follower sui social sono diventati indispensabili per la grande editoria?
Riportiamo alcuni interventi che ci sono parsi riassumere il sentimento comune di coloro che sono intervenuti/e.

Fernanda Romani
Non dirò niente di nuovo, la risposta è già stata data da diverse persone. Il motivo è il solito: dinamiche di mercato.
Le CE sono aziende il cui scopo è il profitto, dunque tutto si fa per raggiungere quell’obiettivo. La questione dei followers è solo l’ultima arrivata.
Chiunque frequenti l’ambiente dell’editoria sa che la qualità della scrittura non è l’unica cosa che conta (a volte non conta proprio). Devi proporre un testo che sia facilmente “vendibile”; quindi deve appartenere a un genere preciso, in modo da puntare a un target specifico. Devi presentare tematiche facilmente riconoscibili (che variano a seconda della moda del momento), contenuti specifici (anche quelli dipendono dalle mode), a volte bisogna addirittura adeguare la propria narrazione ai gusti odierni del pubblico.
Tutto questo non ha niente a che fare con la validità del testo che proponiamo.

L’esigenza di presentarsi già corredati di un seguito sui social è semplicemente un segno dei tempi.
Mi viene in mente che una delle CE a cui ho mandato in visione il mio Manoscritto Enorme è nota e molto grande. Se cercheranno i miei followers… ahi ahi ahi!

Annina R
Perché, amici miei, nel magico mondo dell’editoria moderna, il talento è fantastico… ma se non hai almeno 10k follower, sei praticamente un’entità paranormale.
Un tempo, gli editori scoprivano nuovi autori leggendo manoscritti. Oggi scansionano il numero dei tuoi follower come un cecchino con il mirino termico. Hai 100.000 seguaci su Instagram? Complimenti, sei un autore interessante! Hai scritto un capolavoro, ma hai solo 347 follower (di cui 12 sono parenti)? Peccato, magari riprova quando diventi un influencer.
Il ragionamento è semplice: un pubblico già pronto significa meno rischi, meno investimenti in promozione e più vendite garantite. Un libro senza un autore socialmente visibile è come un party senza Wi-Fi.
Ma il problema è serio. La logica dei follower sta strangolando la scoperta di voci nuove e originali, privilegiando chi sa vendersi meglio rispetto a chi sa scrivere meglio. Un algoritmo non dovrebbe decidere chi merita di essere letto.

Ilaria Carioti 
Tutto ruota intorno al business e le Case Editrici non sono benefattrici. Se l’autore ha tanti follower, quindi tanti seguaci, significa che ha tanti potenziali lettori. Oltre ai follower, immagino che le CE andranno a vedere la situazione in classifica, le recensioni eccetera, ma già un bel pacchetto di seguaci è un buon inizio. Deve essere per quello che non sono mai riuscita a pubblicare con una grande CE! Nonostante l’altissima qualità dei miei libri, non ho abbastanza seguaci (spero si intuisca l’ironia).

Ella S. Bennet
A quanto pare, il successo viene misurato in follower, quindi trovo abbastanza ovvio che gli editori considerino questo parametro molto indicativo e si basino su questo (o anche su questo) per scegliere gli autori su cui investire. Perché pubblicare per un editore è un fatto sostanzialmente economico, giusto? La qualità del prodotto è meno importante della sua “vendibilità”…
Che poi sia un buon metodo o no, questo non saprei dirlo. Penso, però, che nella maggior parte dei casi dia risultati (economicamente) apprezzabili. Non saprei dire nemmeno se sia un metodo “giusto” o “sbagliato”, ma dal poco che conosco dell’editoria mi pare comunque logico.

Eward C. Bröwa
“Perché gli editori vendono i personaggi social, non i libri”, potrei rispondere disincantato e sbrigativo, però non è sempre vero e, soprattutto, l’interessante domanda merita un’articolazione maggiore. Riformulo.
Perché i libri vengono pubblicati per essere venduti; perché il mercato editoriale è iper-affollato e difficile; perché i social sono uno strumento potente di comunicazione.
Fin qui niente da dire. Il problema, secondo me, non sta tanto in questi elementi, ma in come li si gestisce e considera.
Vorrei che la “tiktokabilità” di un autore venisse dopo il valore dei suoi libri, non prima, mentre molte volte mi pare che sia il contrario.
La comunicazione che vedo sui social è spesso al ribasso, con poca attenzione, o competenza, verso i libri in sé (ferme restando le lodevolissime eccezioni; tant’è che sto commentando qui, ad esempio).
Fare comunicazione e pubblicità per i libri, infine, è compito specifico di chi li produce e commercializza. Se gli autori devono pure essere abilissimi a promuoversi da sé, mi domando una volta di più che ci stanno a fare gli editori. Ma, scusate se mi ripeto, io sono affezionatissimo al Self, cui rinuncerei solo in caso di ponti d’oro, che hanno alla loro base un editore non parassitario.

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Immagini inviate dagli Autori che hanno partecipato alla stesura dell’articolo.

La copertina è stata creata con immagini e scritte free di Canva.