Una giovane della comunità sámi svedese dà la caccia a un assassino per regolare un conto personale in questo commovente film drammatico ispirato a eventi reali.
Con: Elin Kristina Oskal, Martin Wallström, Lars-Ánte Wasara.

Su Netflix: QUI.

Quello a cui assiste la giovane Elsa è qualcosa che non potrà mai dimenticare: l’uccisione della piccola renna che lei aveva scelto e della quale si era presa cura.
Non solo, l’uomo che l’ha  massacrata le ha ingiunto il silenzio con un gesto che l’ha spaventata e resa incapace di accusarlo pubblicamente.
Ma lei non ha mai dimenticato ciò che ha visto e la sua speranza è quella di fargliela pagare quando sarà adulta.
Chi è Elsa e dove accade questo fatto gravissimo?
Elsa fa parte del popolo Sami che vive nella Lapponia svedese, un gruppo di persone che  alleva  renne e cerca di conservare le proprie tradizioni nonostante l’opposizione anche violenta di una parte dei residenti. La polizia sembra non volersi schierare nemmeno in casi evidenti di violazione delle leggi e se interviene lo fa con ritardo e poco desiderio di mettere ordine.
La ragazzina cresce in un  mondo in cui è diventato sempre più difficile il lavoro degli allevatori. Nonostante tutti le sconsiglino di rimanere nel villaggio dove probabilmente non avrà un futuro (i giovani cercano di andarsene), Elsa non dimentica la promessa fatta alla sua renna uccisa, anche perché il colpevole dell’uccisione non si è mai fermato e continua il massacro senza essere scoperto sul fatto.
La giovane si ritrova praticamente da sola a combattere l’ostilità, che serpeggia anche fra quelli della sua etnia.
Finale drammatico ma in un certo senso appagante!
Cosa mi spinge a proporre la visione di questo film che è tratto dal romanzo omonimo di Ann-Helén Laestadius?
Anzitutto, la storia della protagonista perché posso solo immaginare il dolore e lo spavento provati da quella bambina. Poi, la rabbia che provo nei confronti di chi tratta gli animali in maniera crudele e infine perché la sparizione di un’etnia è una perdita che ci coinvolge tutti.
Anche in questo caso l’odio razziale è originato dal desiderio di denaro, di beni che poi diventano superflui, ma che sembrano indispensabili quando vengono offerti come cose facili da raggiungere.
Ultimo, ma non meno importante, il pensiero che questa vicenda ha delle similitudini con quanto accade ai nostri giovani, quando non riescono a vedere un futuro e invece di lottare come fa Elsa si avviliscono e prendono una strada che non lascia loro scampo.
Non è un film leggero e lascia tanto su cui riflettere, ma l’ambientazione è talmente bella che a tratti prevale sulla drammaticità della storia.

Il film è tratto dal libro di Ann-Helèn Laestadius, edito da Marsilio.

A nord del circolo polare artico, nella Lapponia svedese, è inverno. Poche ore di luce pallida sono tutto ciò che il sole ha da offrire prima che il paesaggio sia nuovamente avvolto da un buio compatto. In quelle terre estreme la piccola Elsa, nove anni, si allontana sugli sci dal villaggio sami in cui vive per raggiungere la zona di pascolo delle renne di famiglia. Quel giorno segna profondamente la sua infanzia: davanti ai suoi occhi spalancati, un uomo uccide brutalmente un piccolo di renna, il suo Nástegallu, quello che lei ha scelto nel branco e a cui le è stato permesso di incidere l’orecchio, secondo l’usanza della sua comunità. L’uomo e la bambina si guardano, si riconoscono. Poi l’uomo la minaccia, e la bambina decide di tacere. Porterà a lungo con sé quel segreto come un peso oscuro sul cuore. Dieci anni dopo, un tempo costellato di rischi e ulteriori massacri di animali, quando Elsa si ritrova a essere lei stessa il bersaglio di chi, mosso dall’odio, si è macchiato del sangue di Nástegallu, qualcosa si spezza. E il senso di colpa, la paura e la rabbia che ha dentro da allora le piombano addosso come una valanga, portandola a un ultimo, tragico confronto. Romanzo di formazione e canto d’amore per un mondo che sta scomparendo, basato su una storia vera, La ragazza delle renne mette a nudo le tensioni che sorgono quando la modernità si scontra con una cultura tradizionale e con strutture patriarcali profondamente radicate, mentre la xenofobia è in aumento e i cambiamenti climatici mettono a repentaglio la sopravvivenza di un popolo che custodisce una sempre più fragile eredità indigena. E nello splendido scenario di favolosi paesaggi invernali, dove le renne corrono libere su distese infinite e sotto cieli immensi, l’orecchio di un cucciolo segretamente preservato in una scatola diventa il simbolo di tutto ciò che potrebbe andare perduto. Di tutto ciò che, forse, è già andato perduto.
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Copertina creata con Canva mediante utilizzo della locandina Netflix e di una fotografia inviata da Piera Nascimbene.

Nel testo, compare la copertina del romanzo (Marsilio).