Dalla nostra corrispondente a Bologna, Giusy Giulianini.
DIPENDENZE NOS AMOURS
Paolo Roversi presenta il suo ultimo thriller
costruito attorno alle nostre ossessioni.
Prima ancora di iniziare, davanti a una platea rappresentata anche da molti addetti ai lavori, Romano De Marco, amico di Paolo Roversi e relatore per l’occasione bolognese, ci racconta in confidenza che altri, con una storia forte come la sua, avrebbero scritto almeno 800 pagine. E che la storia al centro di Addicted (SEM, 2019, 189 pagine) sia di grande presa lo si capisce subito, anche dai pochi cenni di trama che Romano ci regala.
Una brillante psichiatra londinese, Rebecca Stark, ha ideato un originale approccio terapeutico per guarire pazienti afflitti da vari tipi di dipendenze patologiche. Tra loro un magnate russo che, completamente restituito alla normalità, decide di aprire in Puglia sotto la sua direzione una clinica dedicata, la prima di una serie da realizzare in tutto il mondo. Fra le centinaia di richieste vengono selezionati sette pazienti, con ossessioni che vanno dalla perfezione fisica all’abuso di droghe, passando attraverso l’anoressia, il voyeurismo, la ninfomania, il gioco d’azzardo, la dipendenza da social e dalle tecnologie.
I pazienti in Puglia vivono da reclusi, pur in una splendida masseria circondata da campi e ulivi, e ben presto, complice una pioggia torrenziale che si abbatte sulla struttura isolandola dal mondo esterno, cadono uccisi uno dopo l’altro.
De Marco non trascura poi una sintetica presentazione di Paolo Roversi, giornalista di cronaca nera e cultura, oggi dedicato alla scrittura crime, con al suo attivo una ventina di romanzi, un protagonista seriale di sei storie, lo scanzonato hacker Enrico Radeschi, una duologia importante sulla criminalità milanese, dalla fine della “ligera” alla malavita organizzata degli anni ’70-80.
Roversi dunque non è autore ossessivamente attaccato al suo personaggio seriale, ma spazia tra protagonisti e generi diversi come dimostra appunto in Addicted, dominato dalla figura di Rebecca Stark.
Il relatore spara poi la prima domanda: com’è nata l’idea centrale di Addicted e come nascono in genere i romanzi dell’autore?
Roversi, lo afferma con convinzione, è un assiduo osservatore di come appariamo sui social: sembriamo tutti perfettamente felici e tutti, invece, nascondiamo un lato oscuro, una dipendenza, addiction appunto nel termine anglofono. Tutti i personaggi del romanzo sono afflitti da un’ossessione che non vogliono ammettere, e da lì è partita l’idea di raccontare i loro lati oscuri e di rinchiuderli insieme in una clinica. Il germe della storia è forse più forte della sua scrittura estesa, preme per essere raccontata. Ogni volta che Roversi sente un’idea forte la mette da parte, in una cartella del suo computer, e, prima o poi, ne trae un romanzo o un racconto. Il plot di Addicted si rifà a un giallo classico, Dieci piccoli indiani (ndr, titolo originale Ten little niggers) della grande Agatha Christie, a dimostrazione del fatto che per costruire un romanzo forte non bisogna inventare per forza ex novo. Qualcosa di nuovo occorre però introdurlo e, magari, raccontare in modo diverso.
De Marco sottolinea infatti che l’autore ne ha fatto un thriller teso e avvincente, che indaga nei meandri più reconditi della psiche umana e nel quale i flash back, all’apparenza indipendenti dal filo centrale della storia, si riannodano poi con logica impeccabile. Roversi rivela che il progetto ha già sedotto un’importante casa di produzione cinematografica e che presto diventerà un film, le cui riprese inizieranno nella prossima primavera. Il cinema ha acquistato addirittura il pitch, ovvero il soggetto, prima ancora che ne fosse scritta la sceneggiatura o il romanzo, perché il concetto stesso di Addicted è universale e attualissimo.
I protagonisti poi sono internazionali, solo un italiano tra loro, e il romanzo è narrato come lo racconterebbe uno straniero. A dimostrazione del suo impatto cosmopolita l’autore racconta poi che lui, venduto di solito in Germania, in questo caso è riuscito a cedere i diritti in mercati esteri mai affrontati prima.
La successiva osservazione di De Marco riguarda la collaborazione “aperta” di Paolo Roversi con differenti editori: la milanese Sem, nata da una costola della Mondadori, perAddicted; Marsilio, per la duologia criminale e la serie di Radeschi; Amazon Publishing per i titoli e-book del Drago, a firma Lorenzo Visconti; Cairo, che ha iniziato a pubblicarne alcuni in cartaceo; Battello a vapore, per un nuovo progetto che riguarda la narrativa per ragazzi. La domanda di De Marco è prevedibile: qualche CE ha storto il naso? Certo che sì, risponde pronto Roversi, Marsilio soprattutto, che vorrebbe l’esclusiva, ma non è disposto a pagarla e che comunque vuole pubblicare un solo titolo all’anno. Lui invece, con case editrici diverse, riesce a pubblicarne più di uno.
La domanda successiva del relatore riguarda il grande successo di questi anni del noir, letto come racconto sociale: è un’onda che, pur lunga, sta finendo? Roversi non ha dubbi: esagerata la produzione e non sempre di qualità, troppi i commissari e tutti uguali. Se da un lato il personaggio seriale fidelizza il lettore e lo scioglimento dell’enigma lo rassicura, dall’altro la ripetitività lo annoia e le storie devono essere più adeguate al gusto di oggi.
L’autore, oltre che giornalista e scrittore, è ideatore e organizzatore di alcuni dei più importanti concorsi e rassegne nazionali, Nebbia gialla tra tutti, salutata da un successo sempre crescente. Qual è il segreto di una manifestazione che ha saputo portare in provincia nomi nazionali e internazionali e che è stata anche copiata nella formula? Il successo dell’idea, dice Roversi, sta proprio nella provincia, dove i tempi sono più snelli e la catena decisionale più corta. Dell’edizione di quest’anno hanno parlato tutte le testate più importanti. Adesso la vera sfida è trovare una collocazione più capiente del Teatro Politeama, nel quale si è svolta finora.
Alla richiesta del relatore sui nuovi progetti, Roversi risponde con un sorriso soddisfatto: a fine anno uscirà per Marsilio un nuovo Radeschi, mentre i titoli precedenti saranno pubblicati nella Universale Economica di Feltrinelli. Lui poi si è trovato molto bene con SEM, con il quale ha instaurato un rapporto diretto e assiduo e che l’anno prossimo pubblicherà un altro suo thriller.
De Marco lo provoca poi sul rapporto che lo lega a Bukowski, al quale ha dedicato un romanzo e due saggi: quali le affinità che lo hanno attratto? Roversi sorride, se lui oggi è diventato scrittore lo deve al fatto che da ragazzo ha letto Bukowski, Post Office in particolare, che ai tempi lo “chiamò” dagli scaffali della biblioteca. Dopo quel romanzo Roversi si appassionò all’autore, lesse tutti i suoi libri, sottolineando frasi e passaggi preferiti.Li trascrisse poi con la macchina da scrivere, li infilò in una busta e li spedì a un editore. Qualche mese più tardi la raccolta di quegli aforismi diventò il suo primo libro pubblicato. Sempre grazie alla passione per Bukowski, negli anni seguenti, ebbe l’occasione d’intervistare Fernanda Pivano per scrivere una biografia sullo scrittore americano. Ecco perché lui è convinto che la sua carriera di scrittore ebbe inizio nel preciso momento in cui afferrò Post Office dallo scaffale.
La duologia Milano criminale e Solo il tempo di morire hanno goduto anche di una trasposizione teatrale e di una versione in audiolibro. Roversi crede che un romanzo possa godere di nuova vita, attraverso mezzi diversi? Sì, ci crede, eccome. Basti pensare che in edizione economica la sua duologia può diventare un classico, un classico sulla mala. Per Nicola Pesce Editore uscirà poi anche a fumetti. Tante strade, dunque, perché un libro non venga dimenticato.
L’incontro si chiude con la stessa nota sorridente d’apertura, un interrogatorio a raffica da parte del relatore all’autore: il personaggio preferito di Roversi tra Radeschi e Drago; l’autore prediletto tra Manzini e de Giovanni; meglio un film tratto da Addicted o una serie tv da Milano Criminale; preferibile vendere 100.000 copie a 1 euro o 10.000 a 10 euro; la bionda più esplosiva tra Lorella Cuccarini e Heather Parisi; meglio scrivere un romanzo storico o d’amore; il prodotto preferito nelle categorie letteratura, serie televisiva, film? Le risposte di Roversi arrivano a mitraglia: Drago; Manzini; film da Addicted; 100.000 copie a 1 euro; Heather Parisi; romanzo storico; biografia di Stan Lee, Suburra, Shining.
Lo spazio dedicato alle domande del pubblico vede poi l’intervento di Alessandro Berselli sulle scritture di contaminazione, cui Roversi, autentico divoratore di serie televisive soprattutto americane, risponde di amarle tanto perché possiedono la capacità comunicativa di un linguaggio universale.
Oltre a Berselli, salutano la prima bolognese di Addicted gli scrittori Milvia Comastri, Silvia Di Giacomo e Claudio Guerra, a riprova della sana solidarietà che può esistere tra colleghi.
NOTE BIOGRAFICHE
PAOLO ROVERSI è scrittore, giornalista e sceneggiatore. Vive a Milano. Collabora con quotidiani e riviste ed è autore di soggetti per serie televisive. I suoi romanzi sono tradotti in quattro lingue e dai suoi libri sono statitratti spettacoli teatrali e cortometraggi. Col romanzo Solo il tempo di morire (Marsilio) ha vinto il Premio Selezione Bancarella 2015 e il Premio Garfagnana Giallo 2015. Molto attivo sui social, dove ha migliaia di follower.
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