Burton Leon Reynolds Jr. (Lansing, 11 febbraio 1936 – Jupiter, 6 settembre 2018) è stato un attore e regista statunitense.
Di origini irlandesi e cherokee da parte di padre, Reynolds debutta in televisione interpretando, tra la fine degli anni cinquanta e i primi anni sessanta, diverse serie, per divenire popolare con Hawk l’indiano (1966).
Il grande successo arriva nel 1972 con Un tranquillo weekend di paura di John Boorman, nel quale interpreta un personaggio di nome Lewis Medlock che, con alcuni amici, partecipa a un’escursione in canoa sulle rapide di un’amena regione americana, dove diviene bersaglio di alcuni balordi che trasformano la breve vacanza in un incubo. (Wikipedia)

Se n’è andato nel 2018, senza i grandi clamori riservati ad altri divi, quasi di soppiatto. Eppure, per noi che ormai abbiamo i capelli grigi, resta un amico. Ricordate “Hawk l’Indiano?” Burt Reynolds è stato quel genere di eroe. Un duro, di una bellezza ruvida e virile ma sempre con un sorriso un po’ mesto, quasi a suggerirci che dietro la scorza, i muscoli e i baffi c’era un uomo timido e sensibile. Il poliziotto di “Pelle di Sbirro” “(Sharky’s Machine) che si vergogna di mostrare alla escort Rachel Ward che intaglia rose sulle ante degli armadietti di casa. Ma anche l’uomo che, alla fine si gioca tutto per la sua dignità in “Quella sporca ultima meta”.

Burt era così. Un divo d’azione che piaceva alle donne ed era simpatico agli uomini. Forse, come disse Clint che fu suo collega, amico e rivale al botteghino, ha cominciato un po’ troppo presto a prendersi in giro. Dopo il “Bandito e la madama” ha sempre ricoperto ruoli a metà tra l’azione e la commedia. Basta ricordare “Poliziotto in affitto” in cui fa coppia con Liza Minnelli o “Il più bel casino del Texas” con Dolly Parton, per vederne il lato più umoristico e leggero. In questa linea non si è negato né la partecipazione a un film di Mel Brooks (“L’Ultima follia”) né il divertimento di correre in “La corsa più pazza d’America” in coppia con l’amico Don De Louise. Ma non dimentichiamo anche altri ruoli drammatici come “L’Uomo che amò Gatta danzante” di Richard Sarafian e l’allucinante “Un tranquillo week end di paura”. E non è che non abbia trovato registi in grado di valorizzarlo al meglio.

Per me resta impresso oltre che in “L’Ultima meta” anche in “Un gioco estremante pericoloso” sempre di Aldrich e nell’ultimo film di Don Siegel “Taglio di Diamanti”. Vale la pena di recuperare gran parte della sua filmografia per avere un quadro di un duro dal cuore tenero.

La Pagina-Autore di Stefano Di Marino