Katy Blacksmith nasce piemontese, si trasferisce nel Lazio fuori Roma, dove vive attualmente con quel sant’uomo del marito.
Ha da sempre una passione per le arti marziali per le quali spende 13 meravigliosi e faticosissimi anni della propria vita imparando le basi e qualcosa di più di judo, kendo, iaido e ju-tai-jutsu, e uscendone tutta intera (a parte una spalla e un paio di costole).
Gli studi sono prettamente tecnico-scientifici: a un diploma di perito chimico seguono una laurea in fisica e, alcuni anni più tardi, un master universitario in tecnologie birrarie. Ha lavorato sia in ambito informatico, abbracciando (ingenuamente ricambiata) il software libero, sia nella produzione di birra artigianale (da sobria).
Ex motociclista ed ex-chitarrista, in coerenza con questi due passioni ascolta prevalentemente metal e sue contaminazioni.
Priva di pollice verde, progetta moduli di automazione per la coltivazione idroponica casalinga, ma per ora continua ad ammazzare piante esattamente come fa con quelle in vaso.
Scrive brevi racconti fin dalle elementari e nel 2019 decide di prendere sul serio questo interesse dando inizio al suo primo romanzo di fantascienza, “Bestia di Pterr“, in cui una ragazza italiana viene rapita dagli alieni e non avrà vita facile. Il libro approda su carta e in formato elettronico il 5 febbraio del 2021.
A questo segue nel 2023 Il razziatore. Spin-off di Bestia di Pterr, è una battaglia fra bene e male, ma con molte zone grigie. I due libri sono autoconclusivi.
Nel 2022 la CE Historica le pubblica un brano, ComfortFood nella raccolta Racconti dal Lazio 2022.
Prossimamente usciranno altri due romanzi. Questa volta, il genere sarà xianxia (fantasy cinese con elementi sovrannaturali) ad ambientazione pseudostorica.
Curiosità: non utilizza word, i suoi romanzi sono scritti per LaTeX.
Adora i gatti e non stira. Mai.
Bene arrivata. Due righe per presentarti?
Grazie, Annamaria. Sono Katy Blacksmith; ex-motociclista, ex-artista marziale, ex-chitarrista, ex-fisica, ex-informatica, ex-birraia e ora ho indossato il cappello da autrice di romanzi, pubblicati rigorosamente in self, per scelta.
Che genere scrivi? Oppure, svolazzi di genere in genere come una leggiadra farfalla?
Sono una farfalla momentaneamente posata sulla fantascienza. Il razziatore è il secondo romanzo appartenente a quel genere , e in questo libro si concludono alcune questioni che in Bestia di Pterr apparivano solo di contorno rispetto alla storia principale. È un romanzo molto più complesso del primo e mi ha costretta a crescere molto come autrice. Un percorso compiuto soprattutto grazie alla editor, che con pazienza, tantissima professionalità — e… ho già detto pazienza? — mi ha indicato la via. È stata una prova non facile, ma mi ha insegnato molto e ne è assolutamente valsa la pena.
Tornando alla domanda sul genere: sono onnivora nelle letture; di conseguenza, ho in serbo anche altri romanzi, appartenenti a generi diversi: i prossimi saranno due xianxia.
Come scrivi? Penna e quaderno? Oppure, tecnologia a tutto spiano?
Sono un’informatica, e lo sono sin dal millennio scorso.
Inciso: dire dal millennio scorso mi fa sentire una specie di essere immortale, e la cosa mi diverte perché in fondo sono una cialtrona.
Come informatica, approfitto della comodità dello scrivere-correggere-cancellare-migliorare che solo il computer offre. Quando ero ragazzina, avevo una macchina per scrivere e ricordo di averla usata per iniziare quello che un giorno sarà Il Romanzo Epico. Avevo usato tanto di carta carbone per la seconda copia. A ripensarci, mi faccio tenerezza per l’ingenuità di allora. Adesso utilizzo un portatile, scrivo su semplici file di testo, con metalinguaggio per LaTeX, salvo tutte le modifiche con un programma di versionamento (git) e i file stanno sia in locale che su server remoto. Git mi permette di accedere a ogni singola versione modificata, senza perdere mai neppure una versione, fin dalla primissima stesura di ogni capitolo, fare le differenze di capitoli tra momenti diversi e posso recuperare addirittura file cancellati, cosa che mi è servita in un’occasione.
Compilando i file di testo ricavo sia il pdf per il cartaceo che l’ebook, che produco io. Dovessi mai perdere il mio lavoro non la prenderei bene, per questo faccio copie aggiornate su diverse macchine. E per finire: niente di significativo esce dal mio pc se prima non ne salvo una copia con marcatura temporale legalmente valida.
La tecnologia l’abbiamo. Va usata.
Quando scrivi? Allodola, o gufo?
Più che l’orario, vale il contenuto. Scrivo solo dopo aver inquadrato per bene la scena nella mia testa. Non occorre che ci siano tutti i particolari, ma devo sapere quale è il mood: devo capire l’umore, le motivazioni e i dubbi di chi è coinvolto e avere ben chiare le conseguenze della scena. Sono spesso proprio le conseguenze che l’episodio ha, quelle che mi aiutano a descriverlo al meglio. In genere sono più gufo che allodola, ma non esiste un orario standard, né un numero standard di battute al giorno.
Coinvolta sempre in quello che scrivi, oppure distaccata?
Coinvolta, decisamente. Non è raro uscire a cena con me che in auto faccio scena muta. Mio marito lo sa che non ce l’ho con lui, che non sono arrabbiata, né scontenta. Sa che sto processando una scena che ho scritto o che devo scrivere. Per fortuna ho un marito che è una persona solida e sensata; altri probabilmente sarebbero destabilizzati da certi miei momenti di assenza. Lui no. Lui sa. Sono molto fortunata.
Scaletta ferrea, o sturm und drang?
Mi sono accorta che cerco di organizzarmi il lavoro, che sia un romanzo oppure un racconto da tremila caratteri; magari non nei minimi dettagli, ma non sono tipa da prendo la penna in mano e qualcosa succederà. La scaletta ferrea sarebbe il sogno proibito, ma non sempre riesco ad aderirvi con la massima precisione. Quando parto, ho in mente a grandi linee cosa accadrà, di certo conosco i personaggi, il loro ruolo, le vicende e il finale, per cui manovro in modo da arrivarci. A volte, però, nascono d’impulso personaggi minori che a guardar bene minori non sono affatto; prendono in mano il proprio destino e mi aiutano a rendere tutto più credibile e naturale. Devo dire che mi mettono sempre il dubbio che alla fin fine non sia io a scriverla, la storia. O almeno che non ho davvero chiari i meccanismi con cui le storie nascono.
Metodica nella scrittura, oppure “quando-posso-non-so-se-posso”?
No, non sono molto metodica. Preferisco avere le idee più chiare, prima di iniziare a scrivere, altrimenti è frustrante trovarmi a girovagare attorno a qualcosa che neppure riconosco, che non ha una forma né una collocazione organica. Se non ho le idee chiare, oppure se ci sono altre incombenze che me lo impediscono, non scrivo.
Leggi molto? A noi piacciono i topi di biblioteca.
SQUIT!! Leggo, leggo eccome! Un po’ di tutto, anche in inglese. Quando mi sono trasferita a casa di mio marito ho portato le mie trentasei scatole di libri. Lui aveva già i suoi, e non scherzo quando dico che abbiamo libri anche in bagno. Ne abbiamo letteralmente in ogni stanza, per cui negli ultimi anni siamo passati agli ebook. Questione di sopravvivenza.
I concorsi: nota dolente. Sì, o no?
Bah, non vedo perché chiamarla nota dolente. Partecipare ai concorsi è una scelta. La mia personalissima opinione è che nella quasi totalità i concorsi non sono significativi. Dopo aver visto che alle presentazioni dei vincitori c’è una specie di circolo chiuso, a cui partecipano solo le poche persone già coinvolte nel singolo concorso o gli amici dei vincitori e basta, ho capito che al pubblico importa zero dei concorsi, e tutta la fregola di partecipare se ne è andata. Non dico che siano tutti inutili, questo no. Ma non nutro alcuna aspettativa verso i concorsi, per cui ho partecipato a un paio di questi per curiosità, ma difficilmente rifarò l’esperienza. Preferisco le garette e i giochi mordi e fuggi: ti do una parola e un limite di battute; hai tre ore, scrivi seguendo queste regole. Forse è l’immediatezza e la totale mancanza di pretese a rendermelo più appetibile. Non sono particolarmente competitiva, preferisco un ambito amichevole e collaborativo. Il software libero mi ha insegnato che la collaborazione arricchisce tutti, che riesce a farci raggiungere grandissimi obiettivi, cose che un singolo (salvo rarissimi casi) non potrebbe neppure immaginarsi.
Progetti per il futuro?
Tanti, ho il classico cassetto pieno di idee. Tralasciando la realizzazione di alcuni prototipi tecnologici, dopo Il razziatore come ho detto ho almeno due xianxia (uno, Il cielo della sposa, già scritto; l’altro la cui prima stesura è giunta quasi a metà); una trilogia fantasy urbana dalla quale un personaggio mi ha perseguitato per mesi quando ancora stavo scrivendo tutt’altro; un’epopea (non so ancora quanti volumi saranno, so solo che coprirà la quasi totalità della vita di un personaggio, e sarà ambientata in un molto ipotetico medioevo); un libro da nerd e per i nerd; un thriller investigativo ambientato tra fan dei drama… E poi c’è un festival che voglio organizzare dalle mie parti, e ci sono le sceneggiature da scrivere insieme alla mia amichetta regista. Non ho esattamente dei progetti per il futuro; è più corretto dire che ho bisogno di un dannatissimo corso di sopravvivenza a tutte le idee che mi vengono in mente. Ogni tanto mi sento come il bianconiglio: sempre in ritardo.
Se vedi la Regina di Cuori, sviala. Ho da realizzare ancora un bel po’ di cose prima di incontrarla.
Che bella chiacchierata! Tante volte, mi tocca estirpare dalla bocca degli autori / delle autrici le risposte alle mie domande. Non è il caso di Katy Blacksmith, che ha parlato a rotta di collo, facendomi divertire. Spero che leggerete con piacere questa intervista.
Vi ricordo che QUI potete acquistare i romanzi di Katy. Intanto, vi presentiamo l’ultimo arrivato: Il razziatore.
Scoprire l’esistenza di un’organizzazione sanguinaria e raccapricciante che imperversa indisturbata da decenni per l’intero universo è per Gashur, un driota per sua stessa natura mite e gentile, devastante. Si è sempre tenuto in disparte, lontano da qualsiasi situazione di conflitto, ma la consapevolezza che nell’ombra si aggirano spietati assassini che massacrano individui scelti a caso lo costringe a prendere posizione. Perché sono tutti in pericolo… e lui sa che mentre singoli individui delle altre specie rischiano di perdere la vita, l’intera razza di drioti corre un rischio anche maggiore.
Il caso tuttavia è difficile, gli indizi per risalire ai vertici pochissimi e la posta in gioco terribile.
A condurre le indagini è uno dei suoi più cari amici, Tzaa-h, un furliano determinato e capace, a cui poche cose di solito sfuggono. Aiutarlo per Gashur è vitale, ma le ragioni che lo spingono a mettere anima e corpo in quella faccenda non sono così limpide come tutti credono.
Fin dove è disposto a spingersi, però, quali estremi è pronto a sfiorare, per proteggere la sua specie e il suo piccolo mondo e per non lasciare emergere più di un segreto? Soprattutto: a cosa è disposto a rinunciare per salvare coloro che ama?
E chi sono coloro che ama davvero?
In un universo brulicante di vita, in cui in molti hanno qualcosa da nascondere e pochi a volte pagano, e se lo fanno è per scontare le colpe di ognuno, Gashur scoprirà che le risposte alle sue domande non sono mai state meno scontate. Perché persino due meri individui possono essere una minaccia per l’esistenza stessa di tutti.
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