Con questa intervista cerchiamo di tenere Roberta Andres, alle prese con la pubblicazione del primo romanzo, lontana dalle solite tentazioni: mi butto dalla finestra, fuggo alle Galapagos, giuro di non scrivere mai più nemmeno la lista della spesa.

Roberta, sei al primo romanzo. Emozionata? Terrorizzata?

Emozionata e ancora  incredula … ma credo che il “ più” in quanto a emozioni arriverà  al momento della pubblicazione e delle presentazioni!

Hai un curriculum come giornalista e autrice di racconti. Che cosa ti ha spinto ad accantonare gli uni e gli altri e a scrivere un romanzo?

In realtà non ho accantonato, quanto piuttosto cercato di espandere le trame che scrivo, che di solito  nascono spontaneamente col taglio del racconto-flash, con  intrecci e soprattutto stile e linguaggio dominati dalla sintesi.  Quello del romanzo era un obiettivo che avevo da anni,  una sfida con me stessa per riuscire a usare registri diversi (e quindi diverse e più complesse costruzioni narrative e ampiezze !). Ad un certo momento, in maniera altrettanto spontanea, ho sentito che potevo farcela, anche se il processo ha richiesto impegno  e continua a richiederlo anche nella stesura del secondo romanzo, a cui mi sto dedicando in questo periodo.

Ci vuoi presentare il tuo libro?

Volentieri! “Le foto di Tiffany” è un romanzo sentimentale con un pizzico di erotico: la protagonista è Tiffany, chiamata così dalla madre  per motivi che saranno spiegati nel corso della narrazione. Ha poco più di trent’anni, single, fa la giornalista a Bologna;  un giorno  riceve da un numero sconosciuto un sms  che le segnala  un indirizzo web: è di un sito porno soft, in cui  inaspettatamente scopre una propria foto,  nuda e col viso in bella mostra. Tiffany rimane sconcertata perché  non ha mai permesso a nessuno di fotografarla nell’intimità e non ha la minima idea di quando, da chi e dove questa foto possa essere stata scattata! Da qui parte l’intreccio: la ragazza vuole a tutti i costi dare una spiegazione all’enigma; oltretutto viene tormentata da messaggi di  uno sconosciuto e inspiegabilmente si imbatte, in varie parti della città, in altre foto che la raffigurano! Nel tentativo di  capirci qualcosa chiede aiuto alla seconda moglie del padre e ad alcuni suoi ex. Poi man mano questa storia, inizialmente angosciante, comincia a dipanarsi e la porta verso un cambiamento … ma qui non vado oltre: invito tutti a leggere come va a finire!

Chi ha collaborato con te? Mi riferisco ai beta reader, all’editor. Che rapporti hai intrecciato con queste persone?

Mi hanno aiutato due persone a me molto vicine e care: una è completamente fuori dal mondo della scrittura per quanto sia un lettore competente;  l’ho coinvolto  molto nella fase di ideazione, nel senso che ha pazientemente ascoltato  le mie elucubrazioni a voce alta quando tessevo la trama; all’altra, amica-sorella da 44 anni, sceneggiatrice e scrittrice (nonché Ewwa) devo tanto: è lei che mi ha fatto conoscere l’Associazione, che mi ha spinto a scrivere, che ha letto il romanzo e mi ha dato alcuni spunti interessanti su cui riflettere. Ho intrecciato anche un bel rapporto col mio Editore, la Signora Piera Rossotti, sempre presente e attentissima; e con Irma Panova Maino che collabora con l’Editore, simpaticissima e competente.  Insomma, un bel lavoro sinergico!

Vedo che insegni in una Scuola superiore. La tua attività di giornalista e di scrittrice ti aiuta, e come, in questo importante lavoro?

Certamente nella mia attività didattica do molto spazio alla scrittura, anche più di quanto normalmente un insegnante di italiano debba fare. Ai miei alunni chiedo di scrivere molto, sono molto attenta a dare un feedback minuzioso a quello che scrivono.  Forse a volte però sono un po’ troppo esigente e devo ricordarmi che non tutti  possono necessariamente scrivere come “professionisti”, specie a quell’età. L’attività di scrittrice mi aiuta molto anche nei Corsi di Scrittura Creativa che tengo all’Università agli studenti di Psicologia, dove la scrittura può  diventare uno strumento complementare alla loro formazione ed essere usata nell’ambito della psicoterapia: lì è necessario spogliarsi da  ossessioni sintattico-grammaticali e dare spazio al contenuto, alle emozioni e all’elaborazione di vissuti.

Stai lavorando a un altro libro, oppure ti stai prendendo un periodo di riposo? Riposo relativo, visto che la tua attività di giornalista prosegue alla grande.

Ho avuto una sosta dalla scrittura, coincisa con l’inverno e l’impegno scolastico. Appena è iniziata l’estate e il romanzo è stato “varato” dopo l’ultima revisione, mi sono buttata a capofitto in un nuovo progetto che mi sta prendendo tantissimo: la storia di una donna di oggi, una persona fortemente disadattata, sulla cui vita pesa fortemente il vissuto traumatico della madre, appartenuta alla generazione che visse da adolescente la Seconda guerra mondiale, per giunta a Napoli, città martoriata da bombardamenti, violenze, ma anche da episodi di ribellione come la Quattro giornate. La protagonista, Flora, appare già abbozzata  nel racconto che ho scritto per la seconda antologia di Ewwa:  “Floralapazza”.   Ho impiegato le ferie estive studiando molto la storia di Napoli durante la guerra, oltre  a scrivere la trama legata a Flora e a due uomini che incontra.

Sei un (ulteriore) esempio di donna multitasking. Vedo che insegni italiano come lingua 2 agli stranieri. Ci parli di questa attività?

Ho preso questa specializzazione dopo la laurea, in quel periodo della vita in cui fai tante cose per fare curriculum ma non sai bene se mai ti serviranno. Quindi ho insegnato due anni all’Università per Stranieri di Siena nei Corsi di lingua per adulti: è stata un’esperienza bellissima e anche molto divertente, a contatto con persone diversissime, interessanti, in un ambito veramente multiculturale, vivo, stimolante. Quell’esperienza a Siena si è conclusa con la nascita di mio figlio, ma poi ho lavorato in aziende e scuole di lingua della mia città. Io sono molto curiosa e anche conoscere il mondo aziendale è stato  interessante. Oggi mi capita di  insegnare italiano agli alunni stranieri della mia scuola, dove arrivano spesso ragazzini extracomunitari, a latere della normale attività didattica  in classe.

Nel curriculum vastissimo che mi hai inviato non ci sono informazioni personali. Sono sfacciata e ti chiedo se sei legata sentimentalmente, se hai figli, cani-gatti-canarini e così via.

Non sei sfacciata: in realtà il mio curriculum è privo di queste informazioni perché parto dall’idea che non interessino, ma  mi fa piacere rispondere!  La mia vita quotidiana è ricca e affollata: da cinque anni vivo una bella storia d’amore, arrivata inaspettatamente dopo un divorzio e un periodo molto difficile; ho due figli adolescenti (un maschio di 18 anni e una femmina di 13), due gatti, molte amiche. Senza contare i miei alunni, una presenza importante nelle mie giornate (e nella mia mente) per dieci mesi l’anno!

Come fai a conciliare tutte queste attività con la vita familiare? 

In effetti non è facile! Ho fatto delle scelte di priorità, eliminando le attività riempi-tempo: non guardo la TV tranne che per i notiziari che ascolto durante i pasti; è rarissimo che io esca senza una meta o un obiettivo preciso; ho imparato a ottimizzare i tempi e fare due o tre cose alla volta. Devo anche ringraziare la mia seconda figlia, che non mi ha quasi fatto dormire per i suoi primi due anni di vita: dopo questa  esperienza ho ridotto naturalmente le mie ore di sonno a cinque o sei per notte e ho imparato a scrivere anche quando sono molto stanca. Quando  Flavia era molto piccola, spesso dormivo un’oretta quando lei finalmente crollava, poi mettevo la sveglia e verso mezzanotte-l’una  cominciavo a scrivere. Quindi ora va di lusso… E in  fondo cosa potrei eliminare da questa routine?  Il mio lavoro e i figli oltre che un piacere sono anche un dovere, quindi potrei solo tagliare i tempi della scrittura. Ma  è  un’attività che mi fa star bene, che contribuisce al mio equilibrio: nella mia vita  durante i periodi in cui non ho scritto, per grandi dolori o grandi gioie, ho finito per star male. Quindi tutto questo mi sembra gioiosamente inevitabile.