Nicola Rocca (fortunato bastardo!) ha seguito per noi il concerto di Vasco Rossi a Milano. Ottantamila persone impazzite.

Sembra il diluvio universale.
Dal cielo piovono mandarini di ghiaccio, che rimbalzano contro la carrozzeria della mia auto.
La tempesta è così forte che i tergicristalli alla massima velocità non sono in grado di pulire il parabrezza tanto da consentirmi di vedere.
L’autostrada è bloccata. Congestionata.
Pare che tutte le macchine del mondo stiano passando da qui, quasi a ricordarmi che il concerto è sold-out, come al solito.
Poi, imbocchiamo lo svincolo di Cinisello Balsamo/Sesto San Giovanni e proseguiamo fino al quartiere Bicocca, dove parcheggiamo e ci infiliamo in metrò.
Lì si inizia già a sentire l’atmosfera da concerto. La gente intona le canzoni del Blasco Nazionale.
Mezz’ora più tardi, il convoglio raggiunge il capolinea: San Siro – Stadio.
Scendiamo e ci avviamo verso il luogo dell’evento, che quest’anno è l’ippodromo.

Di fronte ai cancelli una fiumana di persone, accalcate in attesa del controllo zaini e della vidimazione del biglietto.
Poco dopo, siamo dentro e avanziamo il più possibile. Ci fermiamo soltanto quando non ci è più consentito fare un solo passo, tanto le persone sono appiccicate l’una all’altra.
Il palco è un’enorme struttura, trenta metri di altezza, oltre cento di larghezza.
Un panino e un paio di birre, poi la sera inizia a ingoiare il giorno e le luci si accendono, dando vita a uno spettacolo luminoso bianco e blu.
Alle 21.00 in punto, scocca l’ora “X” e Vasco esce nel suo abito migliore: giubbetto in pelle borchiato, cappellino d’ordinanza e occhiale scuro.
Apre le danze con “XI Comandamento”, la prima canzone dell’ultimo album, ed è subito un tripudio di applausi, trombe, fischi e ottantamila voci che cantano.

Il concerto prosegue, alternando vecchie hit degli Anni Ottanta a pezzi più recenti.
Il pubblico è coinvolto, rapito da quell’animale da palcoscenico, “L’Uomo più Semplice”, così come dice uno dei suoi pezzi.
Sulle note di “Rewind”, anche la più puritana delle ragazze si slaccia il reggiseno lo fa sventolare in aria, come fosse una bandiera.
Dopo quella carica emotiva, il rocker si concede un breve pausa, durante la quale la sua band si prodiga in un interludio musicale, che ci permette di riprendere fiato e ci dà il tempo per stappare un’altra birra.
L’ultima parte del concerto sembra avvenire sospesa nel tempo e nel tempio del rock. È un’escalation di successi: “Toffee”, “Sally”, “Siamo Solo Noi”, “Vita Spericolata” e “Canzone”.
Il pubblico è in visibilio, pronto a raggiungere un orgasmo collettivo.
E adesso vi saluto” dice Vasco a quel punto e partono le note di “Albachiara”, una canzone che a quarant’anni dalla sua nascita riesce ancora a evocare le stesse emozioni di allora; i brividi che sento dalla testa ai piedi ne sono la prova tangibile.
Poi, esattamente come è iniziata, la musica finisce, lasciando spazio al brusio delle voci di ottantamila persone.
Esauste, sbronze di alcol e gioia, ma felici e appagate, come dopo una notte passata a fare l’amore.

Nicola Rocca, che molti avranno incontrato come ospite dello Stand Amazon al Salone del Libro di Torino, è autore di thriller più o meno efferati.

L’ultimo in ordine di tempo, è “Infanticidio”.

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